“Io, mamma e papà siamo i pianeti che ruotano intorno al Sole. Il resto della famiglia e gli amici sono asteroidi e comete che fluttuano intorno ai pianeti che ruotano intorno al Sole.”
Queste sono le parole di Olivia Puller, sorella maggiore di Auggie, e il Sole in questione è proprio suo fratello.
Vi sembrerà strano che una ragazzina utilizzi questa metafora per descrivere il rapporto con la famiglia e gli amici, ma nel suo caso il paragone con il sistema solare non è banale. Nel sistema planetario tutti i corpi celesti ruotano intorno alla stella più grande, il Sole, che con la sua forza gravitazionale li attira a sé; nella famiglia Puller, la forza di attrazione è l’amore per Auggie, bambino affetto dalla sindrome di Treacher Collins che gli ha causato una malformazione craniofacciale. Auggie è il piccolo protagonista di “Wonder”, pellicola tratta dall’omonimo romanzo di R.J. Palacio che, in poche settimane, è diventato un caso editoriale.
Olivia è un’adolescente e, come tutti i ragazzi di quell’età, vorrebbe essere al centro delle attenzioni di chi la circonda, esattamente come il Sole. Ma deve fare i conti col fatto che quel posto sia già occupato.
Nonostante la giovane età è molto matura e, anche se soffre per quel ruolo secondario che le è toccato, non perde mai occasione per supportare Auggie e, soprattutto, consolarlo nei momenti di sconforto. Per la ragazzina è complicato non potersi sfogare con i propri genitori dei piccoli, ma per quell’età enormi problemi, che l’affliggono.
Ci sono diversi momenti in cui Olivia vorrebbe urlare il suo malessere, ma preferisce tacere, perché si rende conto che in confronto a quelli del fratello, i suoi problemi non possono essere neanche definiti tali.
È frustrante, se ci pensate. Tutti si lamentano della propria vita: chi per motivi di salute, soldi, relazioni sentimentali; chi per il clima o per la partita di calcetto persa. Eppure i problemi, a prescindere dalla gravità oggettiva, vengono messi tutti sullo stesso piano, perché ognuno di noi vive e si lamenta in funzione del proprio essere e non merita di essere giudicato o sminuito per il proprio malessere.
“È la tua faccia, lo so che non sempre ti piace, ma io l’adoro perché è la faccia di mio figlio.”
Nate è il papà di Auggie, ma soprattutto è suo complice. È l’amico che per molto tempo il figlio non ha mai incontrato, è la persona che riesce a farlo ridere di più, che gli dà consigli per relazionarsi al meglio con i compagni di classe, gioca con lui ai videogiochi ed è il suo confidente. Con il suo carattere e i suoi comportamenti, è colui che riesce ad alleviare le tensioni che talvolta si creano in famiglia.
Nate ha un modo di reagire, di fronte alle diversità, molto anomalo: semplicemente, la diversità non la vede, perché sa guardare oltre. È un padre innamorato del proprio figlio, come tutti i padri; è consapevole della malattia, ma sa che proprio per quella deformazione facciale Auggie è così speciale. Per lui, non è corretto vivere e relazionarsi con gli altri in funzione dei canoni estetici e sarebbe un errore limitare slanci di affetto e leggerezza anche nelle situazioni più complesse. Una persona solare come lui ha il potere di alleviare una condizione dolorosa, può essere un balsamo per addolcire le situazioni più amare, può illuminare anche le persone più cupe, permettendo di riflesso di splendere anche loro.
“Tu non sei brutto Auggie… e proprio perché te lo dico io vale di più perché ti conosco di più.”
Isabel è la mamma di Auggie, una donna forte ma estremamente fragile. Teme che le persone possano ferire il figlio, è molto apprensiva ma allo stesso tempo sa che Auggie non può vivere per sempre protetto dalle mura domestiche e, perciò, lo sprona ad iscriversi a scuola, ad andare avanti nonostante le offese degli altri bambini, esalta le sue qualità perché sa quanto vale realmente, a prescindere dal suo volto. Vorrebbe farsi carico delle paure del figlio, come tutte le mamme; vuole sempre mostrarsi più forte di tutti, perché sa che con quella forza riuscirà a infondere coraggio.
Come ogni madre, fa da porto sicuro; un suo abbraccio restituisce l’immagine di una madre per cui ognuno di noi sarà sempre un bambino indifeso, a prescindere dall’età. Lei è lo specchio di ogni madre e tutte le madri, con l’amore che le contraddistingue, riescono a vedere aspetti. Del resto, ci conoscono dal primo momento in cui veniamo concepiti, stiamo nel loro grembo per nove mesi, sono le prime persone che ci cullano, sono il primo profumo che sentiamo, il primo sorriso che vediamo, la prima carezza che ci sfiora il viso, il primo bacio che riceviamo. Sono le nostre prime sostenitrici, ma anche il nostro giudice più severo. Si arrabbiano per i nostri fallimenti, gioiscono per i nostri successi: fanno parte di noi, sempre.
“So di non essere un bambino normale. Ho subito 27 operazioni: mi sono servite per respirare, per vedere, per sentire senza un apparecchio, ma nessuna di loro mi ha dato un aspetto normale.”
Auggie è consapevole di non essere come tutti i bambini: il suo aspetto esteriore glielo impedisce. Come tutti i suoi coetanei sogna di avere dei super poteri che non riguardano però la forza o la velocità; lui vorrebbe essere invisibile. Vorrebbe nascondersi dagli sguardi impauriti, a volte disgustati, delle persone che lo incrociano. Vorrebbe essere circondato da amici, ma quando passa, intorno a lui si crea il vuoto; hanno tutti paura di giocare o addirittura parlare con lui. Ai loro occhi non è un bambino, ma un mostro. Per questo motivo, indossa un casco da astronauta pur di nascondersi dagli altri.
Ha comunque dei superpoteri: è intelligente, sensibile, ironico, bravissimo in tutte le materie scolastiche, soprattutto scienze. Grazie a queste qualità, riuscirà ad attirare a sé, esattamente come il Sole, amici che sapranno guardarlo andando oltre la sua esteriorità. Questo film insegna che i bambini possono essere i più insensibili, a volte, ma anche i più comprensivi di fronte a qualcuno diverso da loro, perché autentici e spontanei. I più piccoli vedono la realtà così com’è, senza filtri, con i loro occhi che hanno appena cominciato a osservare il mondo e, forse proprio per questo, la loro vista non è del tutto annebbiata dai pregiudizi.
“Auggie non può cambiare il suo aspetto. Forse noi possiamo cambiare il nostro sguardo.”
Quando guardiamo una persona utilizziamo per prima cosa gli occhi. E poi? Fateci caso.
Quando vediamo per la prima volta qualcuno, rimaniamo colpiti dal suo aspetto esteriore, “è bello, brutto, alto, basso”, e cominciamo già a farci un’idea su chi abbiamo di fronte. Poi però, con il tempo, cominciamo a mettere sempre più a fuoco chi ci sta davanti, andando sempre più in profondità. Ecco che quella persona, catalogata precedentemente in qualsivoglia modo, cambia aspetto e diventa più bella, più accattivante, perché scopriamo la sua simpatia, la sua dolcezza, la sua intelligenza; oppure, ai nostri occhi, si imbruttisce, perché ci rendiamo conto che, nonostante ad esempio il fisico scolpito, è arrogante, presuntuosa o viziata. Ecco che il nostro sguardo cambia, perché oltre a vedere con gli occhi, guardiamo con il cuore.
A quante possibili amicizie, a quanti possibili amori abbiamo rinunciato quando ci siamo fermati alla prima impressione? Quanti di noi sono così coraggiosi da prendersi del tempo per conoscere veramente qualcuno prima di giudicarlo e, alla fine, sono stati premiati con la presenza di quel qualcuno che ora è fondamentale nella propria vita? Siamo persone, non quadri appesi in un museo: un dipinto può esteticamente piacere o far schifo. Le persone hanno un mondo dentro, la maggior parte delle volte molto più interessante di quel che immaginiamo. Le nostre qualità, le nostre emozioni non sono visibili a tutti; esiste una chiave, però, per accedere a questo mondo: la gentilezza. Esser gentili vuol dire calarsi nei panni degli altri e agire con una delicatezza, nei gesti e nelle parole, tale da mettere a proprio agio chiunque abbiamo di fronte. Così facendo, l’altro si sentirà confortato e potrà mostrarci chi è veramente.
Guardando questo film, rimarrete incantati dalla storia di Auggie e di tutti i personaggi che ruotano intorno a lui, attraverso il loro modo di comportarsi, di reagire di fronte alla diversità e alle avversità, di essere gentili, di non fermarsi alla prima impressione ma di scavare più a fondo per guardare oltre l’apparenza. In un’epoca in cui andiamo tutti di fretta, e non vogliamo perdere tempo a conoscere veramente chi ci circonda, “Wonder” ci invita a soffermarci un po’ di più sulle persone per scoprire le loro vere qualità che, nella maggior parte dei casi, sono nascoste, perché troppo preziose.
“Siate gentili perché tutti combattiamo una battaglia dura e se vuoi vedere davvero come sono fatte le persone non devi fare altro che guardare.”
Buona visione!
Cosentina classe 1995, laureata in Biotecnologie per la Salute.
Amante delle fiction al punto da conoscerne molte a memoria, legge sempre le interviste ai protagonisti e alla regia e adora sbirciarne il backstage, per comprendere a pieno il lavoro e la fatica che stanno alla base di un qualsiasi progetto.
Attenta e paziente osservatrice, ha spiccate doti di diplomazia e imparzialità.
Appassionata di scrittura, cinema, lettura di romanzi e musica!