"Da adolescente hanno provato a farmi sentire “diversa” convinti che una persona con disabilità non possa provare sentimenti o stimoli sessuali, ma io li mettevo subito al loro posto".

Sappiate che Romeo e Giulietta non è per tutti!

L’invito shakespeariano “Commetti il più vecchio dei peccati nel più nuovo dei modi” è off-limits per i disabili, ma non per loro scelta.

Di modi ce ne sarebbero tanti (e anche di nuovi), ma per tanto tempo a loro è stato riconosciuto solo il “sesso degli angeli”.

Eppure, esistono delle figure capaci “di far toccare il cielo con un dito” a uomini e donne che hanno impulsi sessuali come ogni uomo e donna che sta leggendo questo articolo.

Sono i love giver, figure professionali che in Germania, Olanda, Danimarca e Svizzera affiancano il disabile per un supporto emotivo, psicologico e sessuale.

In terra italica, casta e pudica, questa figura non è prevista dal sistema sanitario pubblico nazionale e spesso è confusa con la prostituzione. Eppure esiste l’Operatore per l’assistenza all’Emotività, all’Affettività e alla Sessualità, con un’adeguata preparazione per promuovere un’esperienza sensuale, sessuale ed erotica nelle persone con deficit psichico, cognitivo, fisico o motorio.

È dal 2014 che si prova a regolamentare la figura dell’assistente sessuale per quelle persone che non possono (e non vogliono) rinunciare all’ancestrale bisogno carnale.

La figura dell’assistente sessuale, tanto osteggiata quanto necessaria, è fondamentale per gestire e comprendere le pulsioni in una persona con disabilità.

Disabilità motorie possono non permettere l’autoerotismo, mentre quelle psichiche spesso non riescono a dare un nome alla necessità di erotismo e sessualità.

Reprimere queste pulsioni può portare a ripercussioni psicologiche e aggravare le condizioni del disabile.

Per questo si rende opportuna la presenza di una figura professionale capace di incanalare queste necessità, di dar loro un nome e, perché no, di realizzarle. Il tutto in una sfera sessuale intima e privata, perché ogni corpo ha delle zone erogene da scoprire per realizzare i suoi momenti di piacere.

Abbiamo affrontato questo argomento con Marika Castronovi, dottoressa in Scienze Politiche e dei Servizi Sociali, e follemente innamorata del suo Michele, con il quale convive e con cui presto convolerà a nozze.

“Io e il mio ragazzo ci siamo conosciuti su Facebook; gli ho parlato della mia disabilità e poi abbiamo deciso di conoscerci di persona”.

Ah sì, Marika ha una disabilità motoria, che non è mai stata un limite né suo, né del suo ragazzo, ma solo di “alcune persone che si sono meravigliate che avesse deciso di stare con me”.

Anche questi pregiudizi non sono mai stati un problema, “dimostrando che una persona con disabilità e un ragazzo, cosiddetto normale, possono stare benissimo insieme e possono fare di tutto”.

Quindi mi confermi che la disabilità non è un limite al sesso?

“Assolutamente sì, ne sono sempre stata convinta! E il sesso non l’ho scoperto con il mio ragazzo attuale ma con un mio ex ragazzo. Da adolescente hanno provato a farmi sentire “diversa” convinti che una persona con disabilità non possa provare sentimenti o stimoli sessuali, ma io li mettevo subito al loro posto dimostrando che riuscivo a fare più di loro. Purtroppo questi pregiudizi continuano ad essere presenti negli adolescenti”.

Marika, schietta e decisa, ha presentato davanti alla commissione di Laurea il suo lavoro dal titolo “Vengo anche io? No tu no”, accolta con entusiasmo dal suo relatore perché “era una tesi nuova, mai fatta da una ragazza con disabilità perché purtroppo ci sono pregiudizi sui disabili e tabù nel parlare di sesso. La commissione, invece, era sorpresa ma soddisfatta per come l’argomento era stato affrontato.

Ho condotto delle interviste a persone disabili e ai loro familiari, e la maggior parte di queste non hanno avuto problemi ad esprimere il loro parere positivo a riguardo. Per esempio, la madre di un ragazzo autistico, a favore dell’assistente sessuale, vi ricorrerà quando il figlio sarà maggiorenne. D’altro canto, avevo chiesto un’intervista ad una mamma con una figlia disabile più grande di me, ma lei ha risposto che per loro non era ammissibile parlare di queste cose. Come lei ce ne sono tanti che rifiutano di affrontare il problema; forse la colpa è anche dei genitori che vedono i figli come eterni bambini”.

Perché in questo percorso un ruolo importante lo ricopre anche la famiglia, e Marika ne è ben consapevole: “nel mio caso sono stata io a parlare con mia madre dei miei sentimenti verso i ragazzi: è normale avere stimoli sessuali, come tutte le persone. Le nostre famiglie, d’altronde, sono sempre state vicino a noi e ci hanno lasciato sempre liberi di fare le nostre scelte”.

“Io non ho mai avuto bisogno di un assistente sessuale, ma da assistente sociale posso affermare con certezza che questa figura può aiutare ad accettare il proprio corpo e poi insegna a come farsi accettare dagli altri e a come relazionarsi”.

La presenza di un assistente sessuale può evidenziare la carenza di una vita affettiva nell’intimità – qualcuno potrebbe obiettare – “ma è l’assistente sessuale stesso che aiuta anche in questo: è un supporto psicologico importante”.

In Calabria, la situazione è ancora acerba: “al Sud ancora non esiste questa figura. Un disabile calabrese, o chi per lui, deve fare ricerche e sperare che l’assistente sessuale sia disposto a viaggiare per andare a trovarlo, altrimenti dovrà votarsi alla castità”.

“La società, purtroppo, ha pregiudizi sui disabili e tanti pensano che non sia utile l’assistente sessuale, forse perché non se ne parla abbastanza. Tutti dovrebbero supplire a questo silenzio, dal disabile, al genitore, alla persona estranea, ai politici…

Grazie perché vi siete interessati a questo argomento!”

Lascia un Commento