Pulizia contatti. Potrà sembrare strano, ma è in queste due parole che si racchiude il destino dell’intera umanità da molti anni a questa parte – nonché il senso dietro The Social Dilemma, disponibile su Netflix da alcune settimane.
I protagonisti di questo docufilm? Ex-pezzi grossi di Facebook, Twitter, Google e di mezzo world wide web.
Cosa li accomuna? Senso di colpa, voglia di dire la verità e tanta, troppa paura di dire più di quanto i loro stessi legali abbiano loro raccomandato.
Eppure, in un’ora e mezza, finiscono per dire quanto basta per farci aprire gli occhi.
Se pensavate che la banale dipendenza da social media fosse l’obiettivo finale dei social media stessi, vi sbagliate di grosso: dietro un semplice like, una condivisione o un commento si nasconde molto altro.
Partiamo da una domanda abbastanza semplice: siete consapevoli di cosa accada realmente quando aprite il vostro smartphone, tablet o computer e passate ore ed ore a navigare su Facebook, Instagram, Twitter, TikTok, Pinterest e ogni social media mai inventato?
Lasciate che ve lo mostri.
Fino a qualche anno fa, la famosa pulizia contatti si riferiva alla rimozione, dai propri canali social, di tutti quegli individui che non rientravano più nelle nostre grazie per motivi puramente personali. Si parlava quindi di ex fidanzati, ex amici, parenti impiccioni, profili palesemente fake e quant’altro.
Ad oggi, invece, la pulizia contatti ha assunto connotati nettamente diversi. Di recente, una mia amica ha scritto uno status su Facebook in cui, in via del tutto ironica, si scusava se di lì a breve alcuni dei suoi contatti si sarebbero ritrovati eliminati dalla sua lista amici. Il motivo dell’unfriending? Condividevano contenuti a sostegno delle teorie no-vax.
Nel caso della mia amica, si parla di una persona altamente istruita e dal notevole spessore culturale e, essendo lei una pro-vax, il suo risentimento nei confronti dei no-vax non mi ha sorpresa. Tuttavia, avendo visto The Social Dilemma, il suo post mi ha lasciata senza parole: possibile che anche una come lei non si rendesse conto dell’errore madornale che stava per commettere?
Non avete ancora capito, vero?
Ritentiamo.
The Social Dilemma parte da questo presupposto: gli algoritmi dei social tendono a mostrarci ciò che noi apprezziamo di più, ciò che ammiriamo di più, ciò che cerchiamo di più e ciò che ci interessa di più (siano essi contenuti o individui).
Gradualmente, quasi impercettibilmente, i social tendono ad escludere dal nostro feed (dall’inglese to feed, “sfamare, dar da mangiare”) – e quindi dalla nostra attenzione – i contenuti che tendiamo a preferire di meno, tutto ciò che poco si confà al nostro modo di essere o di pensare.
E quindi?
E quindi qui arriva il bello. Questa esclusione, tanto inevitabile quanto impercettibile, tende a farci credere che il nostro pensiero, i valori in cui crediamo, le idee di cui ci facciamo portavoce siano la verità assoluta, perché tutto ciò che i nostri occhi iniziano gradualmente a vedere è un crescendo di consensi.
E sapete a cosa porta un eccesso di consensi?
Ad una polarizzazione di letteralmente qualunque cosa.
La zona grigia sparisce, il dibattito si autodistrugge, il confronto muore e così fa anche, molto spesso, la verità scientifica. Ecco perché prendono piede le fake news, gli estremismi, la disinformazione o i palliativi dei media che distraggono l’attenzione generale da tematiche particolarmente delicate ma incredibilmente scomode. L’utente – distratto e facilmente distraibile a prescindere dal suo livello di istruzione, ceto sociale, posizione lavorativa o qualunque altro fattore – viene bombardato di contenuti che, in principio, erano di appeal a ciò che nel suo cervello in un dato momento nel tempo era solo il germoglio di una possibile verità. E poi? E poi il germoglio, trattato con così tanti “fertilizzanti”, un bel giorno diventa verità assoluta e nessuno se n’è reso o se ne rende conto.
Il punto è: perché?
Avrete sentito spesso dire che se non stai pagando per il prodotto, allora il prodotto sei tu. E cosa abbiamo noi di così speciale e prezioso da trasformarci addirittura in un prodotto?
Rullo di tamburi…
I nostri dati personali.
Immaginate di poter tracciare tutte le abitudini e i dati di un individuo senza che lui ne sia realmente consapevole. Dopodiché, immaginate che avendo in tasca queste conoscenze, possiate in qualche modo veicolarle per raggiungere i vostri scopi personali.
Cosa succede dopo?
Dopo succede che dovete provare a moltiplicare questo esperimento per oltre 2 miliardi di persone e saprete esattamente cosa accade tramite i social media. Non solo si decifrano quelle che sono delle tendenze di massa – che influenzano qualunque tipo di mercato o decisione politica – ma gradualmente si iniziano ad influenzare (tramite il processo di cui si parlava poco fa) quelle stesse tendenze.
Non sono più le nostre scelte ad influenzare, ma esse stesse ad essere influenzate.
The Social Dilemma, in tal senso, va oltre e riassume il tutto in un’unica frase: come dice Jaron Lanier, “è il graduale, impercettibile cambiamento del tuo comportamento e della tua percezione ad essere il prodotto”.
Siamo una massa informe di marionette, appese da decenni a fili impercettibili.
E non è un caso che le parole chiave di The Social Dilemma siano dipendenza, manipolazione, distorsione, vulnerabilità, persuasione, autodistruzione, ansia, fragilità, depressione.
Con questo non vi sto suggerendo di eliminare tutti i vostri profili social, né i principali, né quelli che usate per spiare i vostri ex e i loro nuovi partner – lo so che avete anche quelli, non mentite.
Vi invito però, come fanno gli stessi protagonisti di The Social Dilemma, a smetterla di rimuovere dalle vostre liste di amici e seguiti persone con cui siete in disaccordo o che sono in disaccordo con voi.
Cercatele.
Seguitele.
Ascoltatele.
Rispondete.
Combattete la polarizzazione con il dibattito.
È questa l’unica arma che ci è rimasta per vincere contro noi stessi.
Attivista per i diritti umani, classe 1995, cosentina, cosmopolita, bilingue (Inglese e Italiano, ma ce la sta mettendo tutta anche con lo Swahili!).
Laureata in Politica Internazionale alla SOAS University e specializzata in Diritti Umani alla UCL, entrambe prestigiose università di Londra, completa i suoi studi a soli 22 anni e da lì in poi si dedica ai diritti di richiedenti asilo e rifugiati politici.
A giugno del 2021 si specializza ulteriormente in Comunicazione e Lobbying nelle Relazioni Internazionali presso la SIOI e da luglio dello stesso anno vive e lavora in Tanzania seguendo un progetto per i diritti delle lavoratrici domestiche tanzaniane fino al 2022.
Co-autrice del corto “Non Solo Un Volto” sulla comunità LGBTQI+ cosentina.
Appassionata di politica, attualità, serie TV e scrittura!