L’etnografia ne “Il continente bianco”: l’esame obiettivo del male secondo Tarabbia

“Il rischio dell’osservazione partecipante resta uno: inmiarsi con l’osservato e, nel caso di Tarabbia, barbarizzarsi fino ad assecondare l’abisso così da poterlo accogliere e, forse, un giorno, reinventarlo in una forma nuova. Mai bianca né pura: soltanto innocente”.
“Dove non mi hai portata”: la logica d’amore dell’abbandono.

“Dove non mi hai portata” è un libro in cui la profondità non spaventa, un libro in cui parlando di abbandono e di morte si erge uno splendido inno alla vita. E alla scrittura.
Scrivere è l’arte di far durare le cose. Anche quelle che non sono mai state. Soprattutto quelle che non sono mai state.
‘Si tradisce chi si ama per poter crescere?’ – Un’amicizia, Silvia Avallone

” Un romanzo che rappresenta perfettamente la nostra società, dove l’apparenza e la superficialità sono l’essenza delle nostre giornate, come le persone si approcciano a questa nuova era dei social e come le amicizie poi possano condizionare e cambiare le nostre vite.”
“Quando tornerò”. Come il lancio di un boomerang

“Non c’è una sola storia da raccontare ma un intreccio di vissuti. Vite che meritano di essere ascoltate e raccontate”.
Sanguina ancora di Paolo Nori – L’empatia della letteratura

“Sanguina ancora non deve essere considerato uno scritto storico-bibliografico su Dostoevskij. Esso rappresenta un legame profondo tra due persone, fatto di esperienze di vita poste in essere in epoche diverse ma che man mano si sovrappongono tra loro come un unico e indissolubile vissuto”.
“La città dei vivi” di Nicola Lagioia – di come vedere l’abisso e non sprofondarci

“Nicola Lagioia ha il merito di portarci a fissare lo sguardo proprio dove il senso comune ci direbbe di voltarci dall’altra parte, nell’intento di rendere umani anche i carnefici, di non farci sentire mai e in nessun modo al sicuro, costringendoci a riflettere con lucida onestà su chi siamo, su ciò che potevamo o possiamo diventare”.
“Malinverno” di Domenico Dara – del potere dell’immaginazione tra la vita e la morte

“Questa è una fiaba sul capovolgimento delle cose: i personaggi si fanno carne e i morti, presenti più di quanto si possa percepire, spariscono.”
“Le terrificanti avventure di Sabrina”: le enormi palle di Caliban e altri mali

“SPOILER: di orrori, non ci sono solo quelli di Eldritch.”
Lettera a un amore mai morto: una postilla a “La cantina” di Bernhard

«La tua rivolta contro ogni vezzeggiativo esistenziale ti ha reso inviso agli occhi di chi, negli anni, ha fatto di tutto per evitare ogni suo trapassatoio, senza capire che, per scampare davvero alla morte, bisogna attraversarla nel mezzo; e non confonderla, eluderla o smorzarla…un esempio perfetto di questo tuo sì alla vita – che è sì un’accettazione vitalistica, ma tutto fuorché accondiscendente – si può riscontrare proprio ne “La cantina”.»
Perché mi ha insegnato più Walter White sul cancro di qualsiasi altra cosa abbia visto o letto sul cancro

“Quel frame, quella rapida occhiata al suo riflesso distorto, sono perfette e lo sono perché è esattamente così che ci si sente, quando ti credi ormai spacciato e, invece, no, non lo sei. Mentre ti dicono che va meglio di quanto si creda, in cuor tuo sai che è una buona notizia, ma questo non implica che tu ne sia felice…in quell’istante, non sei né gioioso, né triste, ma non provi assolutamente nulla perché non hai idea di che cosa si debba provare in circostanze del genere.”