Sanguina ancora di Paolo Nori – L’empatia della letteratura

"Sanguina ancora non deve essere considerato uno scritto storico-bibliografico su Dostoevskij. Esso rappresenta un legame profondo tra due persone, fatto di esperienze di vita poste in essere in epoche diverse ma che man mano si sovrappongono tra loro come un unico e indissolubile vissuto".

Si dice che la bellezza sia soggettiva e che la visione che abbiamo di ogni cosa sia diversa da persona a persona.

D’altronde, chi di noi non si è mai innamorato di una strofa di una canzone o di una frase di un libro perché vedeva in quello stralcio d’arte un pezzo di sé.

La vera e pura bellezza, a parere di chi scrive, si crea quando queste piccole arti riescono in qualche modo ad intaccare amorevolmente il proprio vissuto personale, plasmandolo sino a creare una nuova parte dell’essere.

E’ da qui che nasce una visione chiara di “Sanguina ancora” di Paolo Nori.

Il romanzo in questione, difatti, non deve assolutamente essere considerato come uno scritto storico-bibliografico su Dostoevskij.

Sanguina ancora rappresenta un legame profondo tra due persone, fatto di esperienze di vita poste in essere in epoche diverse ma che man mano si sovrappongono tra loro come un unico e indissolubile vissuto personale.

Dunque, il racconto degli eventi eclatanti della vita di Dostoevskij funge da spunto per un’intima quanto sofferta analisi di sé e della propria vita.

Lo scrittore russo, come una figura paterna, accompagna Nori nella propria indagine personale, offrendo la propria guida “spirituale” nel compimento di tale lavoro.

Un lavoro di introspezione che ogni persona probabilmente pone in essere quando si rapporta ad un’opera che la colpisce profondamente.

Il bello delle arti è proprio questo: renderti capace di essere sensibile o estremamente duro in modi che neanche immaginavi.

Ma cosa provoca nel lettore la scoperta dell’umanità del proprio idolo letterario?

Paolo Nori cerca in maniera elegante e granitica di far comprendere come fondamentalmente tutti, perfino i grandi scrittori, siano profondamente umani.

Umanità che si rivela nelle passioni più umili quanto nelle problematiche quotidiane. Il concetto di essere padre, il lavoro, l’essere un marito profondamente innamorato ma al contempo avere quelle insicurezze proprie di chi vive i tumulti della propria epoca.

La grande contrapposizione di Dostoevskij: l’essere rivoluzionario e il senso di disperazione ed umana incertezza che lo accompagna sin dalla tenera età.

Il concetto di crescita, il sentire ad un tratto della propria vita quella strana sensazione di solitudine che poi man mano crescendo svanisce perché ci si ritrova più simili che mai.

Gli esseri umani: così diversi nelle loro passioni e così simili nei loro comportamenti e nelle loro paure.

“Sanguina ancora” nasce attraverso la lettura di Delitto e Castigo di Dostoevskij, che Nori legge da ragazzo.

Un grande classico della letteratura che rappresenta un manuale di vita senza tempo.

E’ evidente che Delitto e Castigo rappresenta un romanzo di formazione che colpisce Nori fino in fondo all’anima.

Ma perché?

E’ un romanzo scritto dall’altra parte del mondo, in un’epoca lontana e con una società dal modus vivendi ed operandi ben diversa da quella italiana e attuale.

In quelle parole, in quelle frasi, Nori vede se stesso : le sue angosce, le sue gioie e quel sentimento celato sino a quella lettura.

Nori comprende quanto il sentirsi un uomo spaesato e alla berlina del proprio tempo possa essere un dramma che non conosce epoca.

Delitto e Castigo apre in Nori una ferita profonda, che non deve necessariamente avere un’accezione nefasta, anzi. Tale ferita lo forma, lo plasma nell’uomo che probabilmente è diventato.

D’altronde le ferite, quelle che sanguinano ancora, quelle cicatrizzate o quelle che ancora devono crearsi, ci rendono quello che siamo e che da un lato vogliamo essere.

Inconsapevolmente vogliamo che alcune ferite non guariscano, perché sono parte di noi e ci tengono stretti a quella parte di umanità che nel quotidiano piano piano dimentichiamo di avere.

Forse “sanguinare ancora” ci rende più aperti alle emozioni e al nostro prossimo vissuto.

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