Riflessione semiseria su Impresa, imprenditori, (e imprenditrici): SIAMO SFINIT*

"Arriverà presto, anzi, prestissimo l’onda energetica del boom economico. Nella speranza che non sia uno tsunami".

In questi tempi di oscure, ma paventate riprese, di PNRR, di rilancio e di abusata (confesso, non la reggo più questa parola…) RESILIENZA (che poi, mi chiedo se qualcuno conosca davvero il profondo significato semantico e semiotico di questa parola), l’impresa italiana si prepara allo SLANCIO.

... Sì, certo.

Lo SLANCIO: ovvero il lancio che parte sotto spinta dell’impulso, il ri-lancio (che però, come vedremo, è poggiato solo sul bi-lancio), è composto da miliardi di euro in arrivo per i giovani (e, speriamo anche per i meno giovani), per spingere l’economia del nostro paese ad una competitività maggiore, da affrontare con maggiore fierezza e solidità. 

Certo, la speranza è l’ultima a morire, ed il buon imprenditore (glisso volutamente sullo scarso utilizzo che nella lingua comune viene fatto, invece, della parola IMPRENDITRICE, che ha una funzione sonora intrinseca che fa sì che si inceppi la lingua sul fine parola… chissà se è un caso…), è pronto, lì, sullo start, con l’attenzione in asticella massima e la tensione che brucia le fibre muscolari.

Arriverà presto, anzi, prestissimo l’onda energetica del boom economico.

 Nella speranza che non sia uno tsunami.

Leggendo qua e là, i piccoli imprenditori (… TRICI, anche TRICI), escono stremat* da anni di chiusure, reali (e, a volte, lo confesso, anche drammatiche), da vessazioni, elemosine e proteste, (per non parlare dei sostegni uno, due, bis, ter, quater, false partenze, riapriitalia, richiudiitalia, zonegiallerosseeblu, fai un salto fanne un altro, fai una giravolta, falla n’altra volta…) tanto che, per evitare il capovolgimento economico della nazione, sembra che un’ingente massa di liquidità sia in arrivo per una categoria di coraggiosi/e Italiani/e che vogliono investire sulla ricreazione (o meglio ri-creazione) del nostro tessuto economico.

Eh, sì.. L’Italia si prepara ad una pioggia abbondante di denaro, storicamente inimmaginabile, affinché si possa avere la possibilità di investire sulle proprie competenze e renderle così capitale circolante riattivatore dell’economia.

Sfogliando riviste, o polliciando sui social, infatti, si legge:

DENARO in aiuto delle imprese, delle nuove imprese, delle idee di impresa… DENARO per progetti innovativi. DENARO con FINANZIAMENTI A TASSO ZERO, con FONDO PERDUTO, con TASSI AGEVOLATI; DENARO su PRESTITI GARANTITI su START-UP, su GREEN ECONOMY, e finanche, UDITE UDITE…

DENARO per la creazione di nuove Imprese al femminile…

(dire per le imprenditrici, sarebbe stato cacofonico… mi rendo conto) 

Quindi… EPPUR SI MUOVE! Forse. Piano piano. Cerchiamo di capire quale sia il motto di questa rivoluzione: probabilmente è Armiamoci e partit… ah, no, partiamo.

Noi ridenti giovani (e meno giovani), infatti, ci sentiamo così pieni di entusiasmo a percepire così nettamente questa ritrovata energia, data dalla fiducia dell’Europa, per l’Europa e nell’Europa che ci sostiene, che il crollo dell’economia mondiale, nazionale, regionale, locale, di quartiere, e del nostro appartamento (che ci ha letteralmente tolto ogni certezza), sembra ormai un lontano ricordo. 

Si capisce l’ironia?

Infatti, il rivolo di sudore incosciente e ottimista (dire positivo porta male al giorno d’oggi), scende lievissimo sulla fronte ghiacciata di questo inverno, (ormai sembra) post covid: perché siamo tutti giustamente concentrati (e CONCENTRATE, adesso lo dico, basta…) a capire come barcamenarci per ricostruire il nostro futuro (o quel che ne resta, almeno). 

Prepariamo progetti, business plan, obiettivi a breve e a lungo termine, proiezioni, calcoli, excel, traduciamo a stento form online, richiediamo preventivi, parliamo con commercialisti, consulenti del lavoro, esperti di finanza agevolata, consulenti bancari, facciamo briefing, call, apriamo indomiti quintali di dati su bandi in Call to action, facciamo riunioni su riunioni, fagocitando neologismi in inglese (che stoicamente traduciamo di nascosto su Google Translate per comprenderne il significato) come fossero un prosecco a temperatura ambiente il 15 di agosto, ma soprattutto, ci rendiamo conto brutalmente della fallibilità della nostra formazione pragmatica per l’impresa, con l’impresa, e finanche a fianco dell’impresa.

Ehmn… su questo aspetto, ci sarebbe da scrivere un articolo a parte, della lunghezza, pagina più, pagina meno, della Treccani 48 Volumi, soprattutto se si guardano gli ambiti di gestione, con gli occhi di chi ha una formazione classica, ma per piglio, esperienze e volontà, ha fatto scelte diverse dal lavoro dipendente. Ma, torniamo a noi… 

In un panorama così roseo e fiorente di ripresa e sostegno, qualche intoppo è inevitabile: “Ci vorranno circa 6-12 mesi per avere notizie sullo stato della tua pratica… Ma ci sta, è la prassi”.

Certo, è una prassi che ha la faccia di uno tsunami sulle Alpi Svizzere, ma ci sta. 

... Io tsunami ritorna, indomito.

Ma intanto, L’Italia rinasce con un fiore, un sole, un cuore e tanto amore!

Dunque, facciamo sintesi:

Il denaro per la ripartenza arriverà, con qualche intoppo sicuramente, ma ci sarà: l’affiancamento per la realizzazione tecnica alle imprese, pure. 

PARTIAMO! Clicchiamo il famigerato click che clicca, in un semplice click, l’invio della pratica ipotecaria sul nostro futuro.

… Guardo il mio indice alzato. Ma una domanda mi prude nel cervello come uno slip di pura lana grezza:

… Ma agli uomini e alle donne, che malauguratamente non sono fatt* solo di grafici e proiezioni, ma anche di carne, anima, pensieri e ansie, frutto del bias del “noncelapossofare”, e che si preparano a far ripartire l’economia accollandosi debiti inumani, rischio d’impresa e messa in pericolo delle poche risorse economiche che sono rimaste per i propri figli, chi ci pensa? Chi pensa alla loro psiche, alla salvaguardia della complessità antropica che sta dietro alla dirigenza di un’impresa?

Ci sono finanziamenti, fondi perduti, aiuti, misericordia, ceri votivi, sostegni o elemosine per aiutare la creazione di un nuovo tessuto di natura sociale dell’impresa che vada oltre al semplice concetto della Performance economico-produttiva?

Perché dentro questi mega-miliardi in arrivo nessuno ha pensato che è necessario PRIMA rinforzare Il principio dell’etica, della conoscenza di sé (per il superamento o semplicemente per la consapevolezza dei propri limiti), o piuttosto di porre le fondamenta per i processi di empowerment individuale?

… e per empowerment non intendo prestazione performativa,

ma conoscenza di sé, ascolto, e studio matto e disperatissimo

del contesto in cui siamo inseriti

ed in cui saranno inseriti i nostri possibili dipendenti.

Questo aspetto (importantissimo) dell’impresa, dell’imprenditore, e delle imprenditrici (AH, finalmente lo dico), non è contemplato.

Nelle voci papabili di finanziamento, non è minimamente pensabile di inserire una richiesta economica per il “Sostegno Psicologico all’imprenditore” (ed all’imprenditrice… ndr)”, dove per sostegno si intende aiuto concreto a non perdere la retta via, aiuto a non mollare la presa sugli obiettivi.

Aiuto nel focalizzare e rifocalizzare le strategie finalizzate all’impegno costante, per evitare la discesa iperbolica della propria etica e per non sfuocare l’etica d’impresa strada facendo. 

… suddai, non prendiamoci in giro: nella logica comune

 Il buon imprenditore-trice, una volta fatte le leggi, trova sempre il giusto inganno 

per aggirare le norme sindacali, o per far prevalere il proprio guadagno

sul principio del ciò che è giusto.

… Degli uomini, delle donne, nella loro essenza di esseri pensanti e sensibili, fatti di umana verità intrisa di visione e ricerca della meraviglia, in questa società della performance (rubo la azzeccatissima definizione del duo Gangitano-Colamedici, fondatori del progetto TLON) non importa a nessuno.

Contano invece, il denaro, i conti, il salvadanaio, la produttività meramente economica.

Come possiamo, però, noi imprenditori ed imprenditrici presenti, passati, e futuri, ricostruire il tessuto se non partiamo da una riforma radicale dell’idea di un’impresa, che possa renderla umana, fatta di carne e fragilità a partire dalla sua “Testa”?

Lo so, è un’utopia.

L’idea di un cambio di rotta che vada verso la distruzione dell’immaginario dell’uomo d’affari (la donna lasciamo stare proprio), tutto d’un pezzo, performativo, privo del senso della cura, ma solo atto a produrre numeri, non è contemplata. Non siamo ancora pronti. Il mondo non è pronto. L’Europa non è pronta. L’Italia, la Calabria, la città, il quartiere, il mio condominio non sono pronti.

Siamo numeri, statistiche, proiezioni. E Basta.

Ma se solo si pensasse a quanto potrebbe fiorire una nuova economia in un’Utopica realtà in cui si potessero destrutturare gli immaginari legati ai manager plumbei nella loro fermezza e solidità attraverso l’attenzione ed il sostegno dei loro aspetti umani, non sarebbe bellissimo?

Perché, in fondo, siamo tutti umani.

Siamo tutti fragili. Abbiamo tutti paura di non farcela.

Anche chi presenta un progetto d’impresa ha paura, ed è giusto che la abbia.

Ma a questo nessuno ci pensa.

Si pensa ai numeri, alle statistiche, alle proiezioni, all’analisi della fattibilità: elementi importanti.

Ma solo a quelli.

Nessun affiancamento che sostenga il terrore di rischiare tutto.

L’imprenditore è umano, l’imprenditrice è umana, e, in quanto uman*, sono compost* da molteplici io di diversa natura e sapore che guidano le sue scelte.

Non averne consapevolezza, e non aver la possibilità di comprendere le sfumature dell’animo umano, attraverso una adeguata formazione, significa immobilizzarsi in un immagine di sé granitica… E si sa, l’impresa, invece, deve essere capace di mutare con il mutare dei tempi, dei bisogni, delle esigenze del mercato.

Ma se a chi è affidato il compito di far rifiorire l’economia del Paese non viene neanche lontanamente aperta la possibilità di ragionare sui suoi stessi valori, come possiamo pretendere che non arrivi solo una devastante onda di ritorno da tutta questa pioggia di nuove attività composte da numeri e profitti?

Sembra che non importi a nessuno dello tsunami (a volte ritornano) che la scarsa attenzione alla moltitudine degli io, che ci abitano, può provocare al nostro domani.

Tutto è proiettato a favore di una concezione unitaria dell’io, che si compone marmorea, immobile, spigolosa. 

Ma si sa. Per fare impresa devi avere pelo sullo stomaco e non badare ai sentimenti da femminuccia. 

… lascio a voi le considerazioni su quest’ultima frase.

E allora? Adesso che si fa? Clicco quel click che clicca il click dell’ipoteca sul mio futuro?

Forse no. Ci rifletto un altro po’.

Ci rifletto con i sensi, e non solo con i grafici. E cerco soprattutto di pensare (e far pensare mio figlio) il più possibile a quanto, la fallibilità e la complessità dell’essere umano siano concetti interamente dimenticati da chi ha in mano il restart del nostro futuro. E che, un passo alla volta, dobbiamo ricostruirlo noi uomini e donne di oggi e domani… è un compito arduo. Quasi come la redazione di un business plan di successo.

… Però, in fondo, dai, lo sappiamo: andrà tutto bene.

E che sia un buono tsunami per tutti (questa volta è l’ultimo, mi sa).

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