“Quando tornerò”. Come il lancio di un boomerang

"Non c’è una sola storia da raccontare ma un intreccio di vissuti. Vite che meritano di essere ascoltate e raccontate".

Prima delle parole gettate su un foglio bianco, prima di un libro, c’è sempre una storia, e “una storia, prima di raccontarla bisogna saperla ascoltare”.

Questo è ciò che ha fatto Marco Balzano. 
È volato in Romania e ha prestato i suoi occhi, le sue orecchie e soprattutto la sua anima a tutte quelle persone che troppo spesso non vengono udite o, semplicemente, viste.

Questa è la storia di Daniela, o Moma, come la chiamano i suoi due figli Manuel e Angelica.

Ma è la storia, attualissima, di tutte quelle donne che incontriamo nei parchi o all’uscita di scuola mentre si prendono cura dei nostri anziani o dei nostri figli. Delle persone che amiamo.

Mentre loro, quelli che amano, hanno dovuto lasciarli.

Così Daniela, che ha un marito senza lavoro ma dedito all’alcol, e due figli ai quali vuole offrire una vita migliore della sua, fugge nella notte lasciando solo una lettera.

In una gelida notte, su un vecchio autobus, raggiungerà Milano.

Ciò che accadrà dopo verrà raccontato in prima battuta dal figlio tredicenne Manuel che ogni giorno si chiede perché sua madre non l’abbia portato con sé.
Ci immedesimiamo in questo ragazzino che cade in un abisso sempre più profondo.

L’abbandono, la nostalgia, le mancanze, il dito puntato contro la mamma.

Quel vecchio boomerang rosso e impolverato trovato in soffitta che viene tirato lontano ma che traccia una via di ritorno.

Poi le lacrime, una strada, quell’albero sempre più vicino e infine, il buio.

Da quell’oscurità emerge la voce di Daniela che sente addosso la colpa di quell’abbandono
“quella colpa in cui mi devo specchiare ogni volta che ritorno. È come l’ombra, la mia colpa, non resta indietro nemmeno se mi metto a correre”.

È questo che succede quando un adulto sceglie per sé e per i propri figli. Porta addosso un fardello il cui peso è incalcolabile.
“Quando tornerò…”, quella frase pronunciata a ogni chiamata, spezzata a metà, fa male, fa vibrare il cuore.

Lo sa bene Angelica che nella terza e ultima parte ci mostra la storia con i suoi occhi. Incapace di comprendere sua madre, le cui scelte hanno travolto e sconvolto la sua vita, si aggrappa ai sogni, all’amore, alla voglia di lasciare Radeni.

Un luogo che non sente più casa ma una ferita che sanguina.
Lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare.

Intanto Moma è fuori in cortile mentre Manuel e Angelica la osservano.
Riuscirà ad afferrare quel vecchio boomerang?

Scrittore di lacerazioni, di radici profonde e addii dolorosi, Balzano, con una prosa semplice e delicata, ci rammenta che le scelte che compiamo possono aprire a scenari differenti e, come un boomerang, percorrere traiettorie inaspettate.

Dalle pagine del libro emerge un fenomeno sociologico, quello della migrazione, che sempre di più si tinge di rosa.
Donne coraggiose che nella fragilità dei loro silenzi urlano la nostalgia.

“Anzi, sai una cosa? Prima di partire non sapevo cosa fosse la nostalgia. Credevo si trattasse solo di una parola, una di quelle fantasie di chi scrive canzoni!”.

Con estrema accuratezza, Balzano mette insieme i pezzi di un mosaico che via via assume i contorni di chi le scelte le compie e le subisce.

Non c’è una sola storia da raccontare ma un intreccio di vissuti.

Vite che meritano di essere ascoltate e raccontate.

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