"“Pretty Woman – il Musical”, in questo periodo in giro per i vari teatri della penisola, è straordinario. Due ore di spettacolo che hanno entusiasmato, ci hanno fatto cantare, ballare, emozionare e ridere. Due ore in cui anche i più difficili da convincere, hanno dovuto cambiare prontamente opinione".

Per chi come me è figlio degli anni ’90, saprà quanto alcuni film cult e commedie romantiche abbiano profondamente segnato la nostra crescita: da battute che ricordiamo a memoria a scene che restano indelebili in mente e cuore.

Ed in questo complesso di personaggi, script e pop-corn, fa sempre capolino quel capolavoro intitolato “Pretty Woman”.

Queste due parole fanno direttamente pensare a una Julia Roberts in tailleur bianco e cappello a falda larga e un Richard Gere dallo sguardo ammaliante; due attori straordinari, fuoriclasse della recitazione.

Negli anni, la risonanza di questa produzione cinematografica, ha continuato a riempire le librerie di migliaia di persone di VHS, dvd, blue ray e soprattutto ha riempito i teatri di tutto il mondo nella sua versione musicale.


Ecco la grandezza di un film diventare pies musicata e musicale. Una versione unica nel suo genere che resta impressa con grande facilità e che ha colpito anche me, dritta come i musical che ho avuto la fortuna di vedere a Broadway.

Inutile negarlo, la versione italiana “Pretty Woman – il Musical”, in questo periodo in giro per i vari teatri della penisola, è straordinaria. Il 5 marzo 2023, la pies diretta da Carline Brouwer e Chiara Noschese, grazie allo sponsor Italiana Assicurazioni, presente anch’esso in sala, ha fatto capolino sul palco del Teatro di Tradizione Alfonso Rendano di Cosenza,

In un teatro colmo, tra volti curiosi e inizialmente speranzosi, le luci, le voci e l’energia del cast si sono riversati sonoramente su noi umile pubblico.

Due ore di spettacolo che hanno entusiasmato, ci hanno fatto cantare, ballare, emozionare e ridere. Due ore in cui anche i più difficili da convincere (mi inserisco in questa categoria), hanno dovuto cambiare prontamente opinione.

Ecco che per curiosità e grandissimo interesse, ho avuto modo di intervistare telefonicamente i due attori protagonisti di questo musical: Beatrice Baldaccini nei panni di Vivian e Thomas Santu in quelli di Edward.

Non vi nego che tendo ad essere molto in imbarazzo quando ho davanti due persone competenti nel loro lavoro, specialmente nell’arte, ma dall’altra parte del telefono una voce gentile e bella risponde con grande sorpresa ed entusiasmo: “oh, certo, che piacere!”, il primo saluto di Beatrice.

Andiamo subito al dunque, è pur sempre giorno in cui il musical deve andare in scena e gli attori hanno bisogno di riposare.

Quanto ti sei ispirata a Julia Roberts? Quali sono state le difficoltà che hai riscontrato nello studio e nell’interpretazione del personaggio? Hai preferito attingere alla sola storia per rendere unica l’interpretazione stessa o hai fatto anche riferimento al film?

B: “Quando capitano questi ruoli, e un po’ me ne sono capitati, ad esempio Sandy in Grease, bisogna pensare ad un “personaggio” e non ad un’attrice che interpreta lo stesso. Sono partita dallo script come una tela bianca. Il raffronto è normale, ma la fortuna è che ci hanno scelti con delle caratteristiche che richiamano il personaggio stesso” ammette l’attrice. “L’interpretazione, poi, l’ho voluta distaccare per essere unica, dando del mio, senza copiare.”

Pretty woman è stata una vera e propria icona del passato. Con la diversa percezione della donna attuale, oggi potrebbe ancora esserlo?

B: (sorridendo) “Anche se ambientato nei primi anni 90, il messaggio è importantissimo e lo si trova già nell’involucro; lo scopri leggendo e rileggendo il copione”.

Il messaggio è rincorrere i propri sogni”- condivide con foga – “Vivian è cresciuta, è adulta, ma si trova sulla strada” ma questo è irrilevante perché potrebbe trovarsi in qualsiasi altro ambiente.
Il messaggio è proprio questo: se ci si trova in ambiente ostile e il cambiamento parte da sé stessi, si può provare davvero ad acchiapparli i propri sogni. Lei stessa dice più volte di volere la favola scegliendo di andare avanti per sé stessa.

Io spero passi sempre questo elemento, perché non è anacronistico. Banalmente, anche nascere in un luogo errato e non poter essere sé stessi è dura, ma mai smettere di provarci”

Pretty woman è una sex worker. Oggi rivendicherebbe il suo diritto di esserlo come tante fanno soprattutto sui social?

B: “Questa figura è davvero tanto cambiata nel tempo. Forse è ad oggi un poco anacronistica. Per quanto mi riguarda, però, nei paesi in cui la prostituzione è legale, se uno sceglie di farlo e ha le condizioni adatte per farlo, non mi sento di dire che è sbagliato. Altro caso quello di Vivian perché non è in condizione di libertà ed è obbligata a farlo. Perciò, ad oggi, secondo me, lo nasconderebbe”.

Lo dice anche nella canzone dello spettacolo “Volo via di qui – lei si trova lì con la sua amica, per sopravvivere”.

La saluto, complimentandomi ancora.

Thomas, classe ’91, risponde alla mia chiamata con prontezza e anche lui con grande gentilezza si fa “interrogare” facilmente:

Pretty woman non nasce come musical, ma come commedia d’amore diretta da Garry Marshall. In merito a questo, quanto è stato difficile, secondo te, rendere appetibile un film del genere, in versione musicale? Qual è stata la tua più grande difficoltà in merito?

T: “Inizio col dirti che, per questioni di genere, non mi sono mai approcciato troppo al film. Ero titubante perché avevo paura che non ci fossero troppe sfaccettature nel personaggio di Edward. Sembra non avere troppi cambiamenti e invece mi sono lasciato sorprendere tant’è che questo personaggio ha molte insidie; a livello canoro ancora di più, anche perché vengo dalla prosa, dalla commedia e tutto il gruppo mi ha aiutato per raggiungere il risultato”.

Secondo il tuo parere, quella di Pretty Woman è una storia realistica?

T: “Ad oggi ha un doppio valore, o forse, anche di più. Si parla di diversità sociale, culturale. Distanza tra una persona ricca (borghese) e il suo opposto, con altra tipologia di nobiltà” – spiega con grande sincerità – “Le apparenze ingannano e viviamo in una società in cui tutto dovrebbe essere limato, ma purtroppo non è così. Quindi è una favola. Ma perché no?” mi convince.

“Il messaggio centrale è la donna, la sua rivincita, che con coraggio si rialza, si scopre e cambia anche grazie ad Edward e viceversa”.

Richard Gere aveva 40 anni ai tempi di Pretty Woman, ma tu sei più giovane, classe 91; quanto è stata dura dover fare i conti con un attore di questo calibro e con un personaggio che nella storia è già più grande di te e che si presuppone abbia un bagaglio di esperienze differente?

T: “Richard Gere mi ha chiamato e mi ha detto “dovevo farlo come te.” – inizia ironicamente – “Io ho cercato di prepararlo senza pensare a chi l’ha interpretato prima. Volevo dare un’anima al personaggio. Ho voluto dimenticare chi l’ha fatto e siamo ripartiti da zero” sottolinea.

“Bisogna riuscire a capire l’obiettivo di tutti i personaggi e per arrivarci c’è da fare un percorso, che magari è fatto anche di ostacoli. Perciò non ho pensato agli anni, ma all’obiettivo. E lì il divertimento è più bello”, conclude.

Chiudo queste interviste telefoniche con un sorriso ebete stampato in faccia, perché le belle persone sono riconoscibili non solo attraverso le parole, ma anche e soprattutto attraverso la loro arte.

Ed è ovvio che la conclusione di questa breve intervista sia un messaggio pubblicitario per questo straordinario spettacolo, che vi consiglio, ovunque voi siate, di guardare e ascoltare con attenzione, tra personaggi sensazionali, attori dalle grandi doti e un divertimento immancabile.

Se è vero che “lei salva lui” e “lui salva lei”, questo musical ha salvato la stagione teatrale.

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