È esistito un tempo in cui i giornali, siano essi quotidiani, settimanali o periodici, riuscivano a individuare, senza difficoltà alcuna, la “notizia della settimana”. Intendiamoci: si trattava, per l’appunto, di quel particolare evento che scuoteva talmente tanto il popolo da riuscire ad accaparrarsi la copertina.
Ora, nella vostra mente potrebbero essersi aperti due possibili scenari, per dirla alla Cremonini: il primo è il ragazzo quattordicenne in bicicletta che gira per tutta la California lanciando con veemenza il giornale sul tappetino con su scritto “welcome“. Segue poi il tipico signorotto americano con tazza in mano contenente del raffinatissimo caffè altrettanto americano (in Italia conosciuto come “acqua tinta”) che apre la porta, si guarda intorno e prende sottobraccio il giornale.
Il secondo scenario, invece, è il signore fuori dalle stazioni ferroviarie, con tanto di carrello al seguito, che elenca le notizie più recenti.
Bene: se questo, nella vostra mente, vi ha fatto scendere una lacrimuccia malinconica (e al sapore di caffè in capsule rigorosamente miscela arabica e non come quello che sorseggia il signorotto americano di cui sopra) allora è tutta ordinaria routine.
Sì, perché non esistono più le notizie cosiddette eclatanti. Che poi, parliamoci chiaro, alcune lo sarebbero pure… se non fosse per la volatilità dei tweet, dei post, dei “oh, ma hai letto!?”, dei “secondo me non succede niente”, o degli “oddio, siamo in guerra”.
Ormai è un carosello, si gioca a chi arriva prima, senza passare dal via. Le chiamano flash news, io le chiamo solo flash senza news: un ossimoro, come il latte senza lattosio, la pizza senza lievito e il cioccolato senza cacao. Siamo a dieta di notizie, nel tempo in cui la tavola potrebbe essere imbandita per mesi e mesi vista la mole di eventi accaduti tra marzo 2020 e il 15 gennaio 2021. Il punto è che la notizia in sé è svuotata dall’unità temporale, dal giorno in cui prende piede una rivolta che, ahimè, fa più followers il martedì del lunedì e il tweet accaparra più consensi in determinate fasce orarie.
Ciò che è successo a Washington realmente era una notizia eclatante, la “presa della Bastiglia Americana”. Ma il rimbombo, l’eco mediatica, quanto è stata capace di durare? Sì e no due giorni, poi ci ha pensato Renzi accarezzando la Bellanova a rubare la scena a Trump, che nel frattempo è stato bannato anche dall’annuario del 1976 – altra notizia che, mi permetto di dire, avrebbe meritato più spazio. Che poi, nulla toglie che tutti i mezzi di comunicazione siano stati invasi prepotentemente da ciò che è accaduto con la mandria dei sostenitori di Trump nel Campidoglio la notte tra il 7 e l’8 gennaio. Ma, al nostro risveglio? Cos’abbiamo trovato? Nulla. Il vuoto. Solo una grande sbronza con il mal di testa del giorno dopo.
Siamo davvero informati attraverso le flash news? Il livello di informazione che ha fornito questa immediatezza nel “fare notizia”, è cresciuto o diminuito?
La risposta è palesemente e semplicemente no. Non sei completamente informato se leggi due righe, accetti 50 cookie come fossero biscotti, e scrivi uno stato con il tuo parere che è quotato ad una percentuale così bassa che sembra il residuo fisso dell’acqua Sant’Anna. E no, non sei informato se metti nella tua immagine del profilo Facebook #iononmivaccino, se non conosci neanche gli ingredienti dell’omogeneizzato alla carne di manzo.
Ci vuole anche una certa classe poi per distinguere le flash news dalle fake news. Vi sembra semplice, ma fidatevi, non è affatto così. La libertà di scegliere cosa leggere e in cosa credere è una facoltà molto sopravvalutata. Riceviamo, al minuto, talmente tanti input che sembriamo la sede operativa del CERN di Ginevra. Solo che noi non sappiamo decodificare i dati.
Volete un esempio pratico? Poco fa ho citato l’omogeneizzato di manzo. Ho scoperto da poco che il manzo non è altro che il bovino adulto. Che c’azzecca adesso vi chiederete… tutto. È la rivelazione questa mia scoperta, passata inosservata tra i tanti #nelvaccinocisonoirestideitopi e #mattarellaabbandonalanave. Prima ignoravo che il manzo e il bovino adulto altro non fossero che lo stesso animale. Quindi, andavo dal macellaio e chiedevo una fettina di “bovino adulto”, facendo anche la snob.
Finché un giorno uno non mi rispose “Manzo signò, lo trovate già nel banco frigo”.
Ecco.
Lì mi sono sentita una fake news, con la consapevolezza che se fossi andata più a fondo forse forse avrei anche evitato di fare quella che ha detto no a Valsoia e sì alla dieta mediterranea.
Paragone azzardato? Chi lo sa. Eppure bastava soltanto leggere le giuste fonti.
Musicista, classe 1990, cosentina.
Laureata in Economia Aziendale e specializzata in sensibilità ed emozioni: i numeri e le parole sono da sempre le due facce della stessa medaglia per lei.
Il suo acuto spirito di osservazione – allenato involontariamente – si riversa nelle sei corde della sua chitarra e in ciò che scrive, con una curiosità che la porta in luoghi sempre nuovi.
Appassionata del viaggiare, pedalare e sognare… I tre tempi verbali che preferisce!