"Il mondo ha fino ad ora pagato uno prezzo molto alto a questo virus, in termini economici ovviamente ma anche, e non è un fattore secondario, in termini di socialità e vivere comune."

La ricerca medico-scientifica del mondo intero si concentra, da questa primavera, sullo studio del virus SARS-CoV-2 e sull’individuazione di una cura a tale agente patogeno.

La prima grande difficoltà che medici e studiosi hanno affrontato è stata l’analisi della catena genetica di questo “nuovo” virus.
E infatti, trovandosi innanzi ad una species di coronavirus fino ad ora sconosciuta, gli scienziati hanno incontrato non poche difficoltà.

Il secondo ostacolo, di tutta evidenza, concerne le tempistiche necessarie ad approntare una risposta efficace.
In condizioni “normali” per sviluppare un vaccino efficace e soprattutto sicuro per l’uomo sono necessari tra i 12 e i 24 mesi.

L’efficienza e la poderosa capacità di trasmissione e moltiplicazione del SARS-CoV-2 ha, però, fatto sì che sulla ricerca di una cura si scatenasse una corsa senza precedenti nella storia dell’umanità.
Almeno 92 vaccini si trovano, ad oggi, in fase di test preclinici su animali; altri 40 vengono testati sull’uomo, ma di questi solo 9 hanno raggiunto la fase 3: quella di inoculazione a migliaia di volontari.

A tal riguardo, è necessario chiarire quali siano le fasi di sviluppo di un vaccino.
Secondo il sito Epicentro.iss.it : “Il primo passo è l’allestimento dei preparati vaccinali, diversi a seconda che contengano il microrganismo in una forma attenuata o completamente inattivata, o che ne contengano solo alcune componenti. 
Una volta ottenuto, il preparato passa alla fase di sperimentazione preclinica in cui se ne osserva il comportamento e il livello di tossicità.

In laboratori altamente specializzati vengono eseguiti studi in vitro e in vivo per identificare quale componente del microrganismo sarà in grado di stimolare in maniera ottimale il sistema immunitario. 
In questa fase si valutano anche tolleranza, risposta immunitaria ed efficacia protettiva del vaccino da sviluppare.
Terminata la sperimentazione preclinica, si passa a quella clinica, ovvero il test vero e proprio.

Nella Fase 1, il vaccino viene testato su un numero limitato di persone (alcune decine generalmente) per valutarne la tollerabilità, intesa come la frequenza e la gravità degli effetti collaterali del vaccino.
Durante gli studi di fase 2, che possono coinvolgere anche centinaia di persone, il potenziale vaccino viene somministrato a dosi diverse e se ne studiano gli effetti, sia in termini di effetti tossici che di immunogenicità, vale a dire la capacità del vaccino di indurre una risposta immunitaria valida.

Negli studi di fase 3, infine, viene effettuata una prova di efficacia del vaccino su larga scala, in genere alcune migliaia di volontari soggetti di solito arruolati in più centri di ricerca.
A questo punto si entra negli studi di fase 4 che consistono nel monitoraggio di sicurezza ed effetti secondari del vaccino negli anni e su una popolazione in costante aumento.”

Chiarito questo, resta da capire quali siano le tipologie di vaccini.
A tal proposito troviamo:

  • vaccini vivi attenuati: prodotti a partire da agenti infettivi resi non patogeni;
  • vaccini inattivati: prodotti utilizzando virus o batteri uccisi tramite esposizione al calore oppure con sostanze chimiche;
  • vaccini ad antigeni purificati: prodotti attraverso raffinate tecniche di purificazione delle componenti batteriche o virali;
  • vaccini ad anatossine: prodotti utilizzando molecole provenienti dall’agente infettivo, non in grado di provocare la malattia, ma sufficienti ad attivare le difese immunitarie dell’organismo;
  • vaccini a DNA ricombinante: prodotti clonando e producendo una grande quantità di un determinato antigene.

Illustrati gli aspetti tecnici del problema, risulta ancora più evidente la portata dello sforzo che quotidianamente i laboratori portano avanti per permettere all’umanità di tornare, il prima possibile, all’era pre-Covid-19.
Le criticità, però, non sono esclusivamente relative all’individuazione e preparazione di un vaccino efficace e sicuro, ma investono anche questioni relative alla sua distribuzione.

Sarà gratuito o a pagamento? Sarà distribuito prima ai Paesi sviluppati e poi agli altri? Le prime dosi a chi verranno somministrate?

A tal riguardo, l’unica certezza su cui convergono esperti e governi di tutto il mondo è che una cospicua parte delle prime dosi distribuite dovrà essere necessariamente somministrata al personale sanitario e parasanitario.
Le ragioni, di tutta evidenza, risiedono nel fatto che questi soggetti, oltre a rappresentare un veicolo perfetto per la diffusione dell’agente patogeno, rappresentano lo scudo (unico e solo) dietro il quale la popolazione intera può trovare riparo in una situazione di emergenza sanitaria.

Le altre questioni sopramenzionate restano non solo di dubbia soluzione, ma creano in noi conflitti morali e politici.
Ritengo, però, evidente che il vaccino, o i vaccini, vengano inoculati gratuitamente (spero) ad un numero di persone sufficiente da permettere di spezzare definitivamente la catena dei contagi e sconfiggere così il Covid-19.

Il mondo ha fino ad ora pagato uno prezzo molto alto a questo virus, in termini economici ovviamente ma anche, e non è un fattore secondario, in termini di socialità e vivere comune.
La speranza, dunque, è che i ricercatori di tutto il mondo giungano il prima possibile alla soluzione di questo rebus mortale.

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