"Signor Sindaco, non esiste il senso della comunità in questa Terra: la cosa pubblica non è una cosa di tutti. È una cosa mia, forse una cosa Sua, ma sicuramente non di tutti."

Caro Sindaco, 
sono una cittadina che vive questa terra disgraziata da Lei amministrata e scrivo in nome di tutte le persone come me che risiedono in ogni parte della penisola italiana e sono, come me, stanche.
Che sia Roma, Bari, Cosenza, Avellino, Monza, Cagliari, non ha importanza: ovunque si vada, ogni braccio di questa Italia è decadente (o decaduto?).


Questa mattina passeggiavo sulle strade del centro città, precisamente su Via Roma – esiste una Via Roma in ogni città di Italia, la via centrale per eccellenza – e presa dalla fretta e dal passo felpato, per poco non rovinavo a terra. Sarò distratta, è anche vero, ma la colpa non è mia.
Non sono Stato io
Piove. Il terreno è fragile, argilloso, la strada non regge la forza dell’acqua e si dirama in buche gigantesche dalle quali si intravede persino il magico mondo di Narnia. 
C’è traffico. Il suono dei clacson rimbomba forte per le vie di questa città e mi domando “Ma che colore siamo? Dove vanno tutti?”.


È il 15 dicembre e fra dieci giorni è Natale, Signor Sindaco. Anche Babbo Natale si rifiuta di uscire di casa con la mascherina quest’anno, a qualcuno toccherà pure andare per negozi per portare qualcosa sotto l’Albero.
Stavo cadendo, dicevo. Torno a casa a piedi, sei km di passeggiata per tenermi in forma. Lo sa perché? Non posso andare in palestra, tutte le attività sportive al chiuso sono proibite. Quest’anno si può giocare solo a Padel; insieme a Maradona e Paolo Rossi anche il dio del Calcio quest’anno è morto. Loro al campo santo, noi ai campi di Padel. 
Non sono Stato io.


Caro Sindaco, perdoni il mio flusso di pensieri, Le sto facendo perdere le fila del discorso. 
Stavo cadendo, dicevo. 
Sa perché? Perché il marciapiede è una montagna russa. Una mattonella è alta, l’altra è in verticale, l’altra manca. 
Sa Sindaco, Lei ed io siamo fortunati. Siamo fortunati perché abbiamo gli occhi per vedere e le gambe per saltare gli ostacoli. Che ci interessa a noi se una mattonella non è al suo posto: ce ne saranno altre ottomila al posto giusto!
Ma sa, Signor Sindaco, in questa città ci sono persone che non vedono, persone che non muovono le gambe. E a loro chi ci pensa? Un non vedente rischia di ferirsi per fare una semplice passeggiata, un uomo con la carrozzina non riesce a muoversi se la ruota si blocca fra le mattonelle. Ma che sarà… tanto anche Lei dirà loro:
Non sono Stato io


Signor Sindaco sono dispiaciuta. È Natale, un Natale diverso, dopo un anno bisestile che ci ha messo alle strette con le nostre vite e le nostre coscienze. 
La mia, però, ne è uscita più forte; e la Sua?      
L’Italia è in ginocchio, o forse dovrei dire di no. No, non è l’Italia in ginocchio, rovinato a terra come me sull’asfalto c’è chi non ha ricevuto tutela, chi non sa come sfamare i propri figli, chi non ha un lavoro. Il singolo. I singoli. Non la Comunità.


Signor Sindaco, non esiste il senso della comunità in questa Terra: la cosa pubblica non è una cosa di tutti.
È una cosa mia, forse una cosa Sua, ma sicuramente non di tutti. 
A nessuno interessa della mattonella, a nessuno interessa della mascherina, a nessuno interessa dei non vedenti, dei disabili, dei poveri, dei bambini, dei malati, dei negozi, della Chiesa, dei Teatri.
L’Italia è un insieme di singoli che passeggiano con la testa piegata, lo smartphone fra le mani, pronti a lamentarsi per qualunque cosa, pronti a pronunciare parole di denuncia.
Ma la denuncia si fa, Signor Sindaco, non si dice. 
Ma tanto, come sempre, è colpa di qualcun altro.
Non sono Stato io.

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