"Ho ritrovato il senso delle cose e della mia esistenza. Ho trovato te, che sei l’altra metà di me."

Ho deciso di scriverti oggi, stanotte, proprio adesso, più per egoismo che per altro.

Voglio sapere che ci sei davvero, devo raccontarti tutto quanto, dal principio di tutto. Ho bisogno di credere – credere che tu ci sia, che non sia solo una speranza, un’illusione, una fallimentare visione del mio futuro. Solo io e te, nessun’altro.


So già che sarà complicato raccontarti tutto quanto, ma dal momento che desideri sapere come la nostra vita abbia avuto inizio, prometto di impegnarmi seriamente per attendere alla tua richiesta: giuro, ci provo. Proverò a non sognare a occhi aperti, a non ingigantire le piccole cose, a non inventare dettagli imbarazzanti e dolci.
Proverò a non illudere né te né tantomeno me stessa.


Ho capito che adesso è il momento giusto, mi sono guardata dentro e senza troppi giri di parole mi sono detta che potevo ricominciare. Probabilmente non ho mai davvero smesso, lo preciso. Sono sempre stata una buffa e inguaribile romantica, una di quelle bambine che più del celebre “principe azzurro” amava le ranocchie con gli occhioni di fuori; una di quelle ragazzine che a scuola non perdeva mai la testa per il più bello, ma cercava gli occhi del compagno di nascosto dagli sguardi inquisitori della prof. Mi perdevo in inutili e spesso ridicole situazioni, tentavo sempre di redimere i miscredenti, convinta di poterli avvicinare anche solo un briciolo a quello che io credevo fosse amore – o, almeno, una sua parvenza. Ero quella delle occasioni sbagliate, delle occasioni spesso perse, ma andava bene così. In fondo. Quando mi sentii demolita era un giorno qualunque. Avevo toccato il fondo, perdendo le mie convinzioni, senza certezza, in un profondo e buio buco nero. L’amore mi aveva deluso a tal punto da costringermi a rinunciare al mio tanto adorato romanticismo; era banalmente finita.


Questa era la forma della mia vita prima di te. Cerco, magari invano, di rappresentarti i miei stati d’animo e i miei pensieri del tempo, ma sono così disorientata dalla tua vista, dal tuo profumo intenso, dalle tue mani delicate e fredde, dai tuoi occhi grandi e pieni di vita in cui perdersi. In cui perdermi.


All’improvviso ho aperto gli occhi: il buio s’era dissipato, le immagini lentamente prendevano forma e colore. Vedevo il verde della speranza e della verità, il rosso della passione e delle rose che amavi regalarmi, una punta di giallo come sole e stelle, le stesse stelle che insieme avremmo visto milioni e milioni di volte. C’era il blu – ti ricordi? –, era il tuo colore preferito da sempre. Ti eri preso lo spazio dell’oscurità. C’eri, tu. Tu che mi hai salvato, tu che mi hai protetto della paura di vivere.  Tu che mi hai dato il coraggio di ricominciare. Ti ricorderò per sempre così: era fine autunno, ottobre stava andando via con il suo solito “dolcetto o scherzetto” di rito lasciando il posto a un gelido cielo di novembre. Stavo tornando a casa dopo una giornata pesantissima. Le mie amiche avevano tutte gli occhi a cuoricino e io avevo la nausea. Covavo rabbia, a tratti rancore – se avessi potuto, le avrei prese tutte a calci. Avrei voluto gridare a loro e al vento quelle squallide e infantili frasi come “l’amore non esiste!”, ricordare loro che tra un uomo e una donna ci può essere solo sesso. Ero in preda ad una smania di distruzione e abbattimento. Ero alla frutta, o meglio, al dessert.


E poi tu. Non ricordo con precisione i dettagli: ma è sempre così quando capitano queste cose. Ricordo solo che mi bastò uno sguardo, un sorriso a metà bocca, una stretta di mano accompagnata da un timido “Piacere di conoscerti”. Quello è stato l’istante in cui l’universo, il mio universo, ha fatto un passo in avanti, tutto si è trasformato in qualcosa in più. Ho ritrovato il senso delle cose e della mia esistenza. Ho trovato te, che sei l’altra metà di me.
Ora che ci sei, non lasciarmi mai. Resta. Ti amo veramente, devi sforzarti a credermi. È estenuante, a tratti mi uccide, ma ti voglio. Non posso, non voglio, non devo rinunciare a te.


I primi timidi baci sotto la pioggia, le carezze chiusi in macchina con il solito CD che ci faceva da colonna sonora, il viaggio in quel paese sperduto dell’est, quella volta che perdesti il controllo senza rivolgermi la parola per giorni. I nostri primi traguardi, la lontananza, il matrimonio, i nostri figli e quello che ne verrà.
Ti ho incontrato per caso, perché per caso ho sbagliato direzione. Sei tutto quello che avrei voluto e che vorrei, se un giorno dovessi trovarti.
Quello. Quello, sì, è il giorno in cui niente più mi importa.

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