"Però quant'è bella Milano da qui?"

Via Casati 9, 20124 Milano MI

I prezzi corrono ancor più veloci in alcuni quartieri […] per le coppie più o meno giovani […] è sempre più complicato trovare casa, dove far crescere i propri bimbi in un ambiente dignitoso. E se invece dell’affitto, ci fosse la possibilità di ottenere un mutuo dalla banca, dai loculi si rischia di passare ai tuguri”.

I miei dirimpettai abitano in un appartamento vuoto. Ristrutturato bene, ma senza mobili. Ogni tanto, alla sera, li vedo abbracciati nel palazzo di fronte. Ballano nelle stanze bianche e sgombre, mentre sotto ai loro piedi, la città stride-schiaccia-preme-spreme, incurante com’è – come tanti – di quale sia il prezzo da pagare per amarsi a Milano.

Piazza Duca D’Aosta, 20124 Milano MI

R. andava di fretta. Nel trolley grigio, solo il portatile, un beauty-case, una camicia, una cravatta, un paio di pantaloni, delle mutande e dei calzini. A diciotto anni, R. aveva velleità artistiche mal riposte in una band di tossichelli che faceva casino nei localetti coi pavimenti appiccicosi della provincia di Varese. “Non ci cambieranno mai”, disse, perentorio, una notte di nebbia, dopo una sbronza epocale. “Chi ci dovrebbe cambiare, Rò?”, rispose L., sarcastico, spintonandolo appena. “I capitalisti”. R. aveva smesso di bere da 5 anni. Da quando le velleità artistiche avevano fatto spazio alla vita adulta, a un lavoro in banca ben retribuito nella cybersecurity. R. quella promozione la voleva, voleva quei K in più nella RAL. Per farci cosa non lo sapeva neppure lui… forse si sarebbe comprato l’ES-339 Figured Sixties che sognava da quando sboccava whisky di pessima qualità nei parcheggi sterrati di Busto Arsizio, mentre rideva fino alle lacrime con gli amici che di sempre avevano solo l’incoscienza dei vent’anni.

Fermata Romolo M2, 20143 Milano MI

A Milano, alle 18:00, si fatica a respirare – granelli nella folla che, scomposta, si riversa in metropolitana. Un odore nauseante di sudore, curry e sperma rende l’aria carica e insopportabile. Gli occhi appesantiti da 9 ore al computer pretendono una tregua, una luce diversa da quella a neon degli uffici. Ma, qualche sera, se sei fortunata, nel passaggio stretto che va da “Viale Cassala (numeri dispari)” ai tornelli della M2, puoi assistere a un miracolo. Un signore sulla sessantina, probabilmente del Bangladesh, pizzica la sua arpa, seduto su uno sgabellino metallico. Mi fermo ad ascoltarlo divincolandomi dalla morsa della calca. Lo osservo, mentre con cura accarezza il suo strumento. “Non lo faccio per l’elemosina”, mi ha confessato l’unica volta in cui ho preso coraggio e l’ho ringraziato. “Allora perché lo fa?”, gli ho domandato io con un’espressione instupidita dalla stanchezza. “Per la musica – mi ha risposto – lo faccio per la musica”.

Castello Sforzesco, 20121 Milano MI

“Sapessi com’è strano/aspettare il tram qui a Milano/io faccio dei ponteggi/non mi piacciono le leggi di Milano

21 Giugno 2018, tra le 21:00 e le 22:00.

È bello che mi abbiate invitato a suonare qui, stasera; è proprio bello, ora, qui. Trent’anni fa, ci bucavamo là dietro – gesto ostensivo della mano destra – in Sempione. Ci facevamo, svenivamo, la gente ci passava accanto, nessuno ci diceva niente. Eravamo visibili: nessuno ci guardava. Le sciure in pelliccia coi cani e noi coi pantaloni pisciati a farci le pere. Il comune mi ha chiamato, l’assessore credo, e mi ha detto che volevano me, proprio me, all’Estate Sforzesca. Pensavo stesse scherzando – ride – e invece era serissimo. Io ho detto di sì, mi sono emozionato. Oh, io non so suonare la chitarra, sia chiaro. Faccio cagare anche a cantare – qualche istante di silenzio, gli occhi fissi su di noi, sfila un plettro dalla tasca usurata di un bermuda cargo color khaki – però quant’è bella Milano da qui?

Inizia a cantare.

“Amami tra la gente che lavora non facendo niente qui a Milano. Sapessi com’è strano essere un tossicodipendente di Milano”.

Una madre in Prada prende per mano i figli, 8/9 anni il maschio, 4/5 la femmina.

“Bucarsi tra la gente che ti guarda e dice ‘sto deficiente è di Milano?”.

Si alza e, impassibile, se ne va, trascinandosi dietro i bambini che, incuriositi, non distolgono lo sguardo dal palco.

Via Tadino 1*, 20124 Milano MI

Augusta non ha nessuno d’amare tra gli oggetti che le abitano intorno. Nevrotica si alza dal divano per poi risedersi. Non trova pace neppure nella sua casa, in quei 70 metri quadrati di appartamento che la separano da una città che, dopo un decennio, non ha ancora smesso di rifiutarla. Si versa un calice di Gewürztraminer. Dalla lunetta della finestra del soggiorno brilla fiacca la luna, intorpidita dallo smog, sfumata dall’inquinamento. In Via Tadino, il vociare concitato di un gruppetto di eritrei, lo stridio acuto del 5 che barcolla sulle rotaie in Viale Tunisia. Il cuore intorpidito dall’alcol le batte lento nel petto. Pensa ad A., alle cose che consapevolmente le ha dato e alle mancanze che le ha lasciato senza mancarle davvero. Anche se vorrebbe non riesce ad aggrapparsi al sentimento flebile che la legava a lui e che la distraeva per pochi istanti da una vita immiserita dal lavoro, concedendole una pausa dispensabile alla sua solitudine. Si affaccia per prendere un po’ d’aria, per ricambiarsi l’ossigeno nelle vene. Un via vai di auto. Solleva lo sguardo dalla strada. Nell’appartamento di fronte al suo le luci sono tutte accese, rendendo manifesto il vuoto nelle stanze. Due figure nere si muovono così strette tra loro da sembrarle una. Si baciano piano sulle labbra. Augusta non capisce dove inizi l’una e dove finisca l’altra. Ma non le importa. Con gli occhi lucidi alza il calice dal davanzale e brinda al coraggio che l’amore impone, offrendo loro gli ultimi brandelli d’anima che le penzolano dal corpo.

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