“Mastro Geppetto” di Fabio Stassi

"Ma quanto può essere spaventosa la realtà? È quello che ci mostra l’autore in un ritratto vero e crudo di un’Italia del Novecento, dove i cuori sono induriti dalla povertà e per i diversi non c’è molto posto, se non, forse, sotto il tendone stellato di un circo o in luoghi ben peggiori."

Il romanzo inizia così: “questa è una storia da un soldo”. Una di quelle storie che tutti abbiamo sentito almeno una volta. Ma quale versione conosciamo? Pinocchio, burattino parlante, nasce da un pezzo di legno incantato, vive mille rocambolesche avventure e alla fine diventa un bambino vero. E colui che lo crea è Geppetto, mani gentili e laboriose. 

La storia vera, però, è un tantino diversa. Per cominciare, siamo in un borgo sperduto sulle montagne, “un borgo cattivo sul dorso di un Appennino che ha per gioco preferito quello di lapidare gli scemi, i senzafamiglia e i morti di fame”. E morto di fame Geppetto senza dubbio lo è: ultimo tra gli ultimi, la sua casa è un rifugio proprio in fondo al paese, che di accogliente non ha nulla se non un fuoco dipinto sul muro con una pentola che bolle. Geppetto è povero, povero come la casa che abita e i vestiti sdruciti che indossa. Non ha idea di cosa lo attende, non si ravvede dello scherzo spietato che i suoi compaesani si apprestano a giocargli, lo scambia per gentilezza. Soprattutto, Geppetto è solo. È così che l’autore dice di lui congedandosi dal suo personaggio, “unico orfano di questa favola capovolta”. E noi lo seguiamo in questo viaggio solitario, patiamo con lui, gioiamo con lui. Perché noi lettori siamo nella posizione di poter conoscere quello che tutti gli altri proprio non riescono, non vogliono o fanno finta di non capire: quello che Geppetto dice e prova. Il suo non è certo un viaggio di formazione per raggiungere l’età adulta – vecchio com’è – ma è un’avventura sgangherata alla ricerca di un figlio che crede di aver perduto, ma nel cui ritrovamento confida ciecamente, fino alla fine. Il nostro protagonista è tenace come legno di pino, non si arrende di fronte a nessuna bruttura o cattiveria, al punto che, alla fine, la domanda da porsi galleggia a mezz’aria: Geppetto è matto, è malato, o solo un ingenuo sognatore? Compito del lettore è quello di trovare la risposta più adeguata. A molti altri personaggi incontrati lungo il cammino, probabilmente, non interessa.

Perché quello di “Mastro Geppetto” è un racconto sulla crudeltà. Che la storia originale di Pinocchio abbia qualcosa di inquietante non può essere messo in dubbio: il gatto e la volpe spietati ladri e assassini, il pesce-cane, persino la fata, o meglio bambina dai capelli turchini, appare chiusa in una casetta nel bosco in attesa della sua bara. A riprova di ciò si pensi alle innumerevoli e perturbanti versioni cinematografiche della storia, non da ultimo il film di animazione Pinocchio di Guillermo del Toro. Tuttavia, questa paura sottile che i personaggi originali incutono non solo è concessa, ma sembra quasi d’obbligo in una fiaba che ha il compito di ammonire ed educare, quasi come in un romanzo di formazione. La storia del Pinocchio che conosciamo rappresenta il suo viaggio di crescita in un mondo comunque magico, per quanto terribile. 

Ma quanto può essere spaventosa la realtà? È quello che ci mostra l’autore in un ritratto vero e crudo di un’Italia del Novecento, dove i cuori sono induriti dalla povertà e per i diversi non c’è molto posto, se non, forse, sotto il tendone stellato di un circo o in luoghi ben peggiori. Gli eventi si susseguono veloci nella narrazione, al punto da far girare la testa, e ci si chiede esattamente come sia possibile che il nostro protagonista sia arrivato fin laggiù, che abbia conosciuto tutta quella gente così strana e bizzarra, che abbia visto tutte quelle cose, proprio lui, l’ultimo degli ultimi. Arrivati quasi all’epilogo, sembra che sia passata un’eternità, al punto da voler tornare indietro per sfogliare le prime pagine e capire in che momento esatto sia partito il suo viaggio.

Il nostro eroe, invece, se lo ricorda benissimo, perché il suo motivo è l’unica cosa che lo abbia spinto a girare il mondo, l’unico appiglio che gli rimane. Al lettore invece rimane in bocca un sapore agrodolce, e ci si chiede con apprensione e ingenua speranza se arriverà infine qualche magico aiuto, o se, in fondo, la verità è tutta lì. In un mondo così duro, Geppetto è stato persino in grado di trovare almeno un amico sincero. Qualcosa di buono è rimasto, e quando infine si tirano le somme, vedendo quanto incredibile possa essere la realtà e quanto semplice l’amore, tutto quello che rimane da raccontare è una storia incredibile che pare proprio roba da matti. 

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