Mario Draghi, l’uomo giusto e predestinato?

"Volendo comprendere più a fondo i motivi di tanti incarichi importanti ricevuti da Draghi, bisogna conoscerne, un minimo, il curriculum vitae."

Mario Draghi è l’uomo attualmente incaricato, da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di formare un nuovo governo.

Draghi, ex Presidente della BCE, è attualmente uno degli italiani più noti e stimati nel mondo, avendo ricoperto, appunto, prestigiose cariche ed avendo giocato un ruolo fondamentale nella determinazione della politica economica e finanziaria dell’Italia prima, come governatore della Banca d’Italia, e dell’Europa poi. Nel ruolo di Presidente della Banca Centrale Europea è stato celebrato come il salvatore dell’euro dalla grande crisi del debito sovrano che, a partire dal 2010, aveva messo a rischio la moneta unica.

Volendo comprendere più a fondo i motivi di tanti incarichi importanti ricevuti da Draghi, bisogna conoscerne, un minimo, il curriculum vitae. Andando con ordine: dopo aver intrapreso la carriera accademica insegnando economia in diverse università italiane, nel 1982 cominciò una brillante carriera pubblica come consigliere del ministro del Tesoro Giovanni Goria. Nel 1991 venne nominato, dal presidente del Consiglio Giulio Andreotti, direttore generale del Tesoro. Per tutti gli anni 90′, Draghi fu protagonista di diverse manovre economiche di rilevante importanza: dalla liberalizzazione dei mercati finanziari alla privatizzazione di circa il 15% dell’economia italiana, oltre alle manovre di rigore e di riduzione del debito pubblico che furono fondamentali per l’ingresso dell’Italia nell’Euro.

Rimase direttore generale del Tesoro per dieci anni, fino al 2001, poi, a partire dal gennaio del 2002, trascorse tre anni nel settore privato, come vicepresidente per l’Europa della banca d’affari Goldman Sachs, una delle più prestigiose del mondo.

Nel 2005 fu nominato governatore della Banca d’Italia. In quel periodo la banca centrale italiana viveva una forte crisi a causa di uno scandalo che aveva coinvolto il governatore uscente, Antonio Fazio, dimissionario, appunto, per quello che i giornali chiamarono scandalo “Bancopoli”.

Draghi, da governatore della Banca d’Italia, cercò di riformarne il sistema, tentando di renderlo più solido e meno frammentato, accordando l’acquisto di Capitalia da parte di Unicredit e quello di Sanpaolo IMI da parte di Intesa. Approvò, inoltre, l’acquisto di Antonveneta da parte del Monte Parchi di Siena nel 2008: questa mossa rappresentò uno degli aspetti più problematici del suo mandato da governatore, poiché quell’azione fu una delle principali cause della crisi della Banca, che portò al suo fallimento e ad una serie di gravi scandali.

Nelle successive uscite pubbliche, Draghi si mantenne molto su un pensiero ortodosso, esortando sempre il governo a ridurre il debito pubblico e a ridurre l’inflazione. Questa sua ortodossia lo favorì abbastanza nella propria ascesa a presidente della BCE nel novembre del 2011.

Al principio del suo mandato presso la Banca Centrale Europea si trovò, nuovamente, a fronteggiare una crisi, forse una delle più importanti che il mondo occidentale abbia conosciuto, iniziata nel 2008 negli Stati Uniti con il fallimento della Banca Lehman Brothers, che provocò una grave recessione anche in Europa, la cosiddetta crisi del debito sovrano. Ciò portò sull’orlo del fallimento Paesi come la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l’Italia, nei quali il debito pubblico era aumentato così tanto da far schizzare lo spreca, mettendo in ginocchio il sistema finanziario generale.

Fu subito dopo tutto ciò, che nel 2012, Mario Draghi pronunciò uno dei discorsi più celebri degli ultimi decenni, affermando di voler fare “tutto ciò che fosse necessario” (il famoso “whatever it takes“) per salvare l’euro.

Nel tentativo di attuare quanto promesso, Draghi effettuò una serie di manovre, tra le quali la diminuzione dei tassi di interesse, che avrebbero evitato il default assoluto della moneta unica. Attuò anche un piano di acquisto di titoli di Stato per infondere nuova liquidità nell’economia europea.

Ad oggi, l’ex presidente della BCE, è stato incaricato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di formare un nuovo governo, alla luce delle dimissioni del Presidente uscente, Giuseppe Conte.

Il fine sarebbe dovuto essere quello di istituire un governo tecnico e di “alto profilo” per traghettare l’Italia durante questi mesi di pandemia, a causa della concreta impossibilità, a detta di Mattarella stesso, di indire nuove elezioni, sciogliendo le Camere. Altro snodo cruciale al centro della scelta di tale mandato esplorativo era quello di formare una maggioranza solida per la presentazione del progetto finalizzato all’acquisizione dei fondi europei provenienti dal Recovery Fund. Il tutto assolutamente influenzato dai termini perentori dettati dall’Europa che impediscono, al nuovo Governo in formazione, di avere tempistiche lunghe. La celerità e l’efficienza, dunque, sono attualmente due condicio sine qua non per la gestione della crisi finanziaria e sanitaria ancora incalzanti.

Mario Draghi, sicuramente, è la figura più competente cui lo Stato italiano potesse affidarsi per un compito simile. Questo è fuor di dubbio. La fiducia delle istituzioni italiane ed europee è certamente giustificabile, dato l’alto profilo di Draghi. Del resto il suo nome, come prossimo Presidente del Consiglio, era nell’aria da tempo, poiché ben voluto anche da diverse forze politiche anche in contrapposizione tra loro. Ecco perché quest’uomo, spesso accostato alle logiche dei poteri forti (alta finanza, settore bancario, ed anche alla massoneria), ha da poco presentato una lista di ministri per la formazione del nuovo governo, con esponenti di tutte le forze politiche e dei diversi partiti, quindi, che gli hanno garantito la fiducia in Parlamento.

Eppure, probabilmente, ci si aspettava qualcosa in più data la finalità tecnica e transitoria di questo nuovo governo. Pochi i tecnici, molti i politici, anche del governo dimissionario, con la dubbia e obbligata aggiunta di nomi fuoriusciti da vecchie reminiscenze della recente triste storia politica italiana, impregnata da quel berlusconismo latente, sempre in voga quando si deve tirar fuori un compromesso tra l’estrema destra e gli antichi ideali di Democrazia Cristiana.

Questo il quadro generale attuale. Tante le aspettative ed altrettante le speranze per il futuro economico del Paese, affidate ad una “vecchia guardia” un po’ dura a morire. Costretti, senza possibilità di replica, viste le circostanze generali, ad assistere da meri spettatori allo scenario complessivo. L’augurio è quello di poter “riveder le stelle” attraverso una giusta ed efficace attuazione di tutte le misure, finanziarie e politiche di cui l’Italia ha estremo bisogno per poter sopravvivere al difficile momento storico.

Ad ogni modo, senza voler subito saltare a conclusioni affrettate, nel Bel Paese, più che in qualsiasi posto al mondo, la storia si ripete, sempre.

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