Cara Malika,
mi permetto di usare il termine ‘cara’ perché ti sento vicina. Sento vicini tutti e ventidue gli anni che leggo in quegli occhi grandi, sottolineati dal celeste della mascherina, quasi fosse eye-liner.
Quando ho aperto per la prima volta il tuo video, quello di Fanpage.it, non sapevo esattamente cosa aspettarmi. È tanto che viviamo chiusi nelle nostre case, prigionieri nelle nostre realtà e, forse, credevo che queste distanze imposte avessero smussato gli spigoli della quotidianità, ci avessero resi tutti “migliori”. Per questo le parole di chi ti ha fatta nascere mi hanno colpita come un pugno, dritto nel petto.
L’altra gente i figlioli l’ha normali, solo noi s’ha uno schifo così
Mi ha sempre fatto ridere il concetto di normalità e, specularmente, ho sempre fermamente creduto che chi si definisce ‘normale’ sia meno normale di tutti gli altri. Per converso, l’accento toscano mi è sempre stato simpatico e non ti nego che sarei sbottata a ridere anche se avessi sentito quella nota vocale lì, davanti a te. Risate di scherno, ovvio, perché tutto sei tranne che uno ‘schifo’. Hai avuto coraggio a denunciare quanto ti è accaduto; hai avuto fegato a ripresentarti sull’uscio con i carabinieri per riprendere i tuoi effetti personali; hai avuto rispetto di te stessa e della persona che ami quando hai fatto coming out. Quindi no, Malika, non sei uno schifo. Sei il contrario dello schifo. Sei un essere meraviglioso ed ogni genitore sarebbe fortunato ad averti come figlia, una giovane donna che segue il proprio cuore con tenacia e determinazione.
Hai voluto farci toccare il fondo
Questo ha detto tua madre, in uno dei messaggi. Il fondo di cosa?, verrebbe da chiedersi. Io credo che, con il tuo atto di onestà, con quella tua lettera, loro abbiano toccato il fondo del proprio animo, che siano stati costretti a confrontarsi una volta per tutte con i limiti del proprio modo di pensare. Il fondo si tocca se si vive in una scatola, certo non se si punta alla libertà del cielo, come hai fatto tu. Quindi non temere: tu non toccherai mai il fondo e sono certa che non lo farai toccare neanche alle persone che intraprenderanno con te il loro viaggio.
Io non conosco questa persona, non so chi sia
Ecco, se molti si sono sentiti oltraggiati dalle ingiurie, dagli anatemi che ti hanno lanciato i tuoi genitori, io mi sono sentita colpita allo stomaco da questa frase. Come può una madre disconoscere, nel senso letterale del termine, sua figlia per il sol fatto di amare un’altra donna? Come può una madre cancellare, con un colpo di spugna, i primi passi di un figlio, il suo primo giorno di scuola, le nottate in piedi solo per l’omosessualità di quest’ultimo? Malika, io non credo che tu madre potrà mai dimenticare. Il tuo viso le sarà sempre familiare, volente o nolente. Tu, invece, puoi scavalcare tutto questo dolore e provare a ricordare quanto tutto questo ti abbia resa ancora più libera di quanto già non fossi. Libera dai pregiudizi, libera dalle costrizioni, libera dal peso di chi non può capire cosa voglia dire avere delle ali e non aver paura di usarle. Libera dal mormorio della gente, per ascoltare i battiti del tuo cuore.
Non pensavo di arrivare a tutto questo. Grazie
Il messaggio di tuo padre uno volta terminato il primo incontro col sindaco di Castelfiorentino Alessio Falorni. Hai detto di aver preferito l’indifferenza ad una risposta a un messaggio del genere. Hai detto che, per te, è stata l’ennesima ferita. È singolare come un ‘grazie’ possa assumere così tante sfumature, così tanti intenti. È disarmante come un ‘grazie’ possa essere usato per infliggere dolore. Non posso dirti di non soffrire ma posso dirti che, per quel ‘grazie’ ironico, esistono centinaia di ‘grazie’ sinceri. Quelli che ti sono stati e ti saranno detti da chi sostiene la tua causa, da chi aveva bisogno di una persona a cui ispirarsi, da chi non aveva il coraggio ed ora l’ha trovato, da chi si trova nella tua stessa situazione e, ora, si senti meno solo.
Però capisco che l’errore non l’ho fatto io
Questa frase, invece, l’hai detta tu. Ed è enorme. Può una frase essere enorme? In questo caso sì perché sei riuscita a riassumere, con una semplicità disarmante, decenni di battaglie. Perché sei riuscita a rispondere, con puntualità, a chi ancora nel 2021 reputa che esistano degli standard da rispettare in merito all’orientamento sessuale, all’identità di genere e all’essere tutto. Essere se stessi non è mai un errore: è un errore pensare che possano esserci errori in chi vive rispettando se stesso e gli altri.
Pensi alla famiglia come un porto ma i porti affondano
Ecco, qui devo dissentire. La famiglia, quella in cui nasciamo, non necessariamente è un porto. È solo una famiglia, nulla di più. Questo comporta che, ad un certo punto della nostra vita e per le ragioni più varie, possiamo non sentirci più a nostro agio in quel mondo. L’universo, però, ci ha fatto dono di un’immensa possibilità: possiamo costruire una famiglia anche da soli. ‘Famiglia’ non è il legame di sangue né il rapporto di parentela. C’è una famiglia ogni qual volta brindi con qualcuno per un successo o piangi insieme per una delusione. ‘Famiglia’ è dove c’è un piatto che ti aspetta fumante in tavola e una persona dall’altro capo del telefono pronta a rispondere dopo due squilli. ‘Famiglia’ è dove decidi di costruire la tua casa, il luogo del cuore in cui scegli di mettere radici. Questo è ‘famiglia’, questo è ‘amore’ e, sono certa, tu non hai bisogno di maestri in questo campo. Questo, mia cara Malika, è un porto e no, i porti non affondano.
Hai solo attraccato in quello sbagliato.
Perché, per le persone libere, tutto il mondo è un immenso porto.
Ad un giuramento dall’essere avvocato, classe 1993, romana D.O.C.
Laureata in Giurisprudenza presso la LUISS Guido Carli con votazione 110/110, specializzata in Diritto del Lavoro e Responsabilità Professionale, parla fluentemente inglese a livello C1 grazie ad una parentesi di studio presso il Griffith College di Dublino.
Collaboratrice del Quotidiano del Sud dal 2019 e Vicedirettore di“Iuris Prudentes”.
Appassionata di pittura, lettura, psichiatria e shopping!