"Nonostante quanto accaduto domenica, oggi è sempre là, tra le voci della Salle des États, con il suo sorriso e il suo mistero, pronta a sorriderci tutte le volte che l’andremo a trovare. Pronta a sorriderci finché ne avremo cura e rispetto".

Salle des États, sotto molti aspetti, è un po’ come se fosse il centro del mondo.

Imboccata la Grande Galerie, al primo piano, e superati i primi grandi capolavori dell’arte italiana del Rinascimento, probabilmente giocando con il Nintendo fornito dal Louvre come audio guida, tra un quadro e l’altro, si entra (a destra) in quella che tutti conoscono come la “Sala della Gioconda”.

Tanti dei lettori sapranno qual è la prima, immediata, sensazione che si prova appena si varca la soglia: lo scrosciare delle voci di centinaia di persone, provenienti da tutti i continenti, che si mischiano tra loro. Tutti giunti lì, a Parigi, per il fatidico incontro con l’italiana (ormai residente in Francia da diverso tempo) più famosa del mondo.

Nonostante la copiosa letteratura critica sull’opera, la Gioconda altro non è che un ritratto.

Più precisamente, il ritratto di Lisa Gherardini, moglie del ricco mercante fiorentino Francesco del Giocondo, che commissionò l’opera a Leonardo da Vinci intorno al 1503. Leonardo ci lavorò per anni, perfezionandolo e facendolo diventare un esercizio di stile.

Ma il dipinto non arrivò mai a casa del committente, facendo sì che l’unica a non aver mai visto la Gioconda, in tutta la sua vita, fu proprio Lisa Gherardini.

Vox populi, la Gioconda non è il quadro più bello della storia dell’arte e, forse, i tanti che lo sostengono hanno anche ragione.

Ma è innegabile che sia il dipinto più famoso al mondo, la vera icona universale che rappresenta la pittura all’interno della cultura occidentale.

Enigmatica, sfuggente, ironica, sensuale, idolatrata, amata e derisa, ma così popolare da causare non pochi problemi espositivi. Dopo il furto del 1911, ad opera di Vincenzo Peruggia, Monna Lisa non ha sempre avuto un’esistenza semplice: nel 1956, la parte inferiore del dipinto venne seriamente danneggiata a seguito di un attacco con l’acido e, pochi mesi dopo, un boliviano in stato confusionale gli lanciò un sasso addosso.

Solo pochi anni addietro, nel 2011, una signora russa, anch’essa in stato confusionale, in segno di protesta contro il governo francese per averle negato la cittadinanza, le scagliò addosso una tazza da tè.

Come se fosse colpa sua. Porella (direbbero a Roma), immigrata anche lei e con tutte le carte in regola.

Domenica scorsa, sempre nel bel mezzo del solito vociare nella Salle des États, un uomo di 36 anni vestito da anziana signora, su una sedia a rotelle, con tanto di parrucca marrone e un berretto da safari, ha avuto la “geniale” intuizione di scagliare contro Monna Lisa una torta alla panna (e non credo perché fosse domenica) al grido di «Il y a des gens qui sont en train de détruire la terre, pensez-y ! Tous les artistes, pensez à la Terre. C’est pour ça que j’ai fait ça. Pensez à la planète».

«Ci sono persone che stanno distruggendo la Terra, pensateci! Tutti gli artisti, pensate alla Terra. Ecco perché l’ho fatto. Pensate al pianeta».

Dopo aver blaterato quanto testé riportato, senza neppur chiedere a Lisa Gherardini se la torta fosse stata di suo gradimento, il 36enne (potevano definirlo “giovane” solo i media italiani) è stato ricoverato d’urgenza nell’infermeria psichiatrica della Préfecture de Police di rue de Lutèce, con l’ovvia accusa di tentativo di danneggiamento di beni culturali.

La motivazione del gesto penso sia evidente a tutti: far parlare del proprio messaggio attraverso una notizia che avrebbe fatto il giro del mondo in pochi minuti. Senza tener conto, però, che l’unico messaggio arrivato è solo ed esclusivamente l’atto compiuto, e non il significato sotteso.

Ma con un errore di fondo, nella sostanza.

L’amore di Leonardo per la natura è testimoniato da Giorgio Vasari nelle Vite, in cui racconta che «e non avendo egli, si può dir, nulla, e poco lavorando, del continuo tenne servitori e cavalli, de’ quali si dilettò molto, e particolarmente di tutti gl’altri animali, i quali con grandissimo amore e pacienza governava. E mostrollo ché spesso passando dai luoghi dove si vendevano uccelli, di sua mano cavandoli di gabbia e pagatogli a chi li vendeva il prezzo che n’era richiesto, li lasciava in aria a volo, restituendoli la perduta libertà».

Per Leonardo l’osservazione della natura non era fine a sé stessa: per tutta la vita cercò di indagare, di capire, di comprendere la natura e le sue leggi: «com’è più difficile ‘ntender l’opere di natura che un libro d’un poeta», osservava in alcuni suoi appunti. A questa sfida il genio italiano per eccellenza dedicò l’impegno di una vita, intrecciando come nessun altro l’arte, la scienza, l’attività di ingegnere e inventore. Nel suo straordinario ventaglio di interessi non poteva di certo mancare la botanica, scienza della natura per eccellenza: le tracce della passione per piante, alberi e fiori abbondano in tutta l’opera del maestro, dai codici manoscritti ai capolavori della pittura.

Al punto che la critica non ha mai avuto alcun problema a definirlo “il primo ecologista” della storia.

E tra i due ecologisti saprei chi scegliere.

Il secondo spunto di riflessione di quanto accaduto al Louvre, che mi viene spontaneo, è la tutela e la prevenzione dei danneggiamenti al patrimonio storico-culturale.

Si sa che l’Europa, ed in particolare l’Italia, è paragonabile ad un vero e proprio museo all’aperto, sinonimo di arte, storia e cultura, unitamente al patrimonio paesaggistico variegato ed invidiabile, elementi tutti che rafforzano, anche a livello internazionale, l’immagine e il lustro di cui gode il nostro continente, quale depositario di un importantissimo capitale culturale ed ambientale.

Un patrimonio che abbiamo ereditato dai nostri genitori, e loro dai propri, e così via, ed è il regalo che noi stessi faremo ai nostri figli.

Spero che loro non dovranno mai più assistere alla devastazione della Barcaccia, avvenuta a Roma il 19 febbraio del 2015, ad opera di un gruppo di tifosi del Feyernood, in uno scenario al limite del surreale, tra negozianti costretti a chiudere, romani e turisti terrorizzati, anche per quello che stava avvenendo in Piazza di Spagna.

Seppur i due episodi descritti non siano (in parte) paragonabili tra loro, l’uno frutto di un “esaltato” desideroso di spazio per lanciare un messaggio ambientalista, l’altro frutto dell’ebbrezza (anche secondo l’etilometro) di tifosi incivili e scalmanati, la problematica della salvaguardia e della tutela del patrimonio artistico-culturale è questione ancora aperta.

Nel gennaio 2021, il Tribunale di Roma ha condannato 6 tifosi del Feyernood a pene comprese tra i 3 anni e 8 mesi e i 4 anni, ma solo per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e radunata sediziosa.

Tanto deve essere ancora fatto da un punto di vista repressivo, ma anche culturale.

Non credo che il 36enne che domenica ha deciso di far merenda al Louvre avesse l’intenzione di deturpare il quadro, ma è un gesto che va sempre e comunque condannato.

Le politiche ambientali sono state oggetto di fervente dibattito negli ultimi anni, ma che potranno portare i propri risultati solo nel lungo periodo.

Ognuno di noi ha due compiti: tutelare l’ambiente nel proprio piccolo e vigilare costantemente sull’operato dei propri rappresentanti.

Così come tutelare il patrimonio artistico e culturale mondiale.

Una fama come quella della Gioconda forse non è poi una grande fortuna per un’opera d’arte. Ci siamo talmente abituati a vederla sulle cartoline, sui libri, su internet e perfino sui cartelloni pubblicitari che ci riesce difficile guardarla con occhio nuovo, come il dipinto di un uomo reale che ritrae una donna di carne e sangue.

Ma vale la pena dimenticare ciò che sappiamo o crediamo di sapere attorno al quadro per guardarlo come se fossimo noi i primi a scoprirlo. Ciò che colpisce, a primo impatto, è l’intensa vitalità con cui Lisa ci appare: sembra veramente guardarci e pensare.

Come un essere vivente, sembra mutare sotto i nostri occhi e risultare un po’ diversa ogni volta che torniamo a guardarla. Perfino davanti alle fotografie del quadro proviamo questa strana impressione che, tuttavia, dinnanzi all’originale al Louvre, diventa quasi soprannaturale.
A volte Lisa sembra beffarsi di noi, ma ecco che di nuovo ci sembra di cogliere un’ombra di tristezza nel suo sorriso.

Nonostante quanto accaduto domenica, oggi è sempre là, tra le voci della Salle des États, con il suo sorriso e il suo mistero, pronta a sorriderci tutte le volte che andremo a trovarla.

Pronta a sorriderci finché ne avremo cura e rispetto.

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