Love Is Not Tourism: la storia di Chiara e Miguel

"Riabbracciare un affetto stabile non è turismo."

Sono stati mesi di stallo, mesi di fermo, mesi di pausa, mesi di distanziamento. 
Sono stati mesi in cui, tuttavia, ognuno di noi osservando con più attenzione il proprio riflesso nello specchio, si è interrogato, si è riscoperto.     
Forse abbiamo imparato a volerci più bene, anche l’un l’altro.

La nota positiva, almeno, è stata il riavvicinamento con i propri cari, la famiglia, le persone a cui volevamo bene e il cui affetto forse davamo per scontato – anche se non è stato per tutti così.
Ragionando sui grandi numeri, invece, probabilmente abbiamo capito che la leale collaborazione fra i popoli è la chiave per risolvere la metà dei problemi di questo mondo. 
E forse, in definitiva, non è stato tutto vano.

Ebbene, dicevamo: con l’arrivo della pandemia moltissimi Paesi nel mondo si sono visti costretti a chiudere le frontiere – Italia compresa – per limitare i contagi e la diffusione del Covid-19.    

Un aspetto di cui si è parlato poco, o che talvolta non si è proprio tenuto in considerazione, è la vita dei cosiddetti “amori a distanza”.       
Il Covid-19, infatti, ha portato alla separazione di tantissime coppie non sposate in tutto il mondo a tempo indeterminato.
Nessuno si è accorto di loro: sono uomini e donne che dovevano sposarsi, che aspettavano un bambino a distanza, che sono diventati genitori senza ancora aver visto il proprio figlio.

Love Is Not Tourism è una petizione che nasce dall’esigenza di ricongiungersi in sicurezza con i propri partner all’estero: riabbracciare un affetto stabile non è turismo, appunto.         

Parliamo delle coppie binazionali non sposate – l’Osservatorio Diritti ne conta circa diecimila – in cui uno dei due partner non è cittadino UE o degli altri Paesi da cui è consentito fare ingresso nel nostro. 
Il diritto al ricongiungimento è previsto da direttive europee e dalla Convezione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce ai cittadini il diritto al rispetto della vita privata e familiare.      
In effetti, il non essere legate da vincoli matrimoniali, sembra legittimare l’esclusione di queste coppie dai casi in cui è riconosciuto il ricongiungimento familiare. 

Love is not tourism, un movimento di sensibilizzazione, si è proposto di sollecitare i governi di tutto il mondo affinché introducano un’eccezione alle restrizioni previste per i viaggi internazionali: chiedono, quindi, che i partner di relazioni binazionali abbiano la possibilità di ricongiungersi.        
Molti stati europei hanno adeguato la loro normativa per rimediare a questo deficit di ricongiungimento, l’Italia ancora non del tutto.

Recentemente, la Commissione Europea si è ufficialmente pronunciata favorevole alla causa, incoraggiando tutti i Paesi membri ad adottare regole di ricongiungimento per le coppie non sposate in cui un partner è cittadino o residente nell’Unione e l’altro no.
Ad oggi, sono dieci i Paesi europei che hanno accolto questa richiesta: Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi, Cechia, Islanda, Austria, Svizzera, Finlandia, Germania e Francia.

Con il nuovo DPCM del 7 settembre, il governo ha suddiviso le zone del mondo in sottocategorie: le coppie provenienti dalla lista “E”  – che sul sito viaggiaresicuri.it risponde alla voce “il resto del mondo” – hanno potuto tirare un sospiro di sollievo e potranno (finalmente!) ricongiungersi in Italia rispettando alcune accortezze.            
Il discrimen? Non dipende dalla nazionalità, ma dal luogo che si è visitato negli ultimi 14 giorni.

Per l’ingresso in Italia, infatti, la norma recita che è ammesso “l’ingresso nel territorio nazionale per raggiungere il domicilio/abitazione/residenza di una persona, anche non convivente, con la quale vi sia una comprovata e stabile relazione affettiva”.         
Occorrerà sottoscrivere un’autocertificazione che sarà comunicata all’ASL e sarà obbligatoria una quarantena di 14 giorni.           
Gli Stati – di cui alla lettera “F” – per cui è ancora vietato l’ingresso in Italia (se non residenti) sono Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Kosovo, Kuwait, Macedonia del nord, Moldavia, Montenegro, Oman, Panama, Perù, Repubblica Dominicana, Serbia, Colombia. Per tutti gli altri Stati (lettera “B”) valgono le regole già in vigore: chi arriva da Croazia, Grecia, Malta e Spagna deve fare obbligatoriamente il tampone; chi arriva da Romania e Bulgaria (lettera “C”) deve stare in quarantena.

È una grande vittoria per Love is not Tourism: ciò che caratterizza questo movimento è la solidarietà nell’aiutarsi a trovare un posto nel mondo dove potersi rincontrare.        
Moltissimi amanti, intanto, si sono ritrovati in Paesi terzi quali la Croazia o l’Inghilterra per qualche settimana perché aperti a entrambi.       

La Croazia, infatti, è il luogo d’incontro della protagonista della nostra storia, Chiara, la quale avrebbe potuto rivedere Miguel, il suo fidanzato americano, proprio nella famosa Liberland

Ciao Chiara, raccontami la tua storia a distanza.
La mia storia è forse tra le meno drammatiche. Miguel e io stiamo insieme da due anni, ma si può dire che l’ultimo anno sia stato praticamente digitale. Ogni volta dover andare via era un grande dramma. Lacrime e saluti in aeroporto, non volersi girare per andare ai controlli; e l’ultima volta che ci siamo salutati, abbracciati, stretti – era il 21 gennaio 2020 – gli dissi che sarei tornata dopo qualche mese. E invece sono ancora qui in Italia.

Non c’era niente che poteste fare per ovviare al problema?
Sì, avremmo potuto incontrarci in Croazia, ma non ce la siamo sentita, abbiamo preferito aspettare perché fare le capriole per il mondo comporta comunque dei rischi. Il momento più brutto è stato quando le coppie italiane hanno iniziato a ricongiungersi: abbiamo vissuto dei mesi molto pesanti e pieni di incertezze. Cercavo continuamente articoli online che potessero darmi un piccolo segno, una speranza, ma nulla, incontrarsi in un altro Paese sembrava l’unica scelta. Ma non era la nostra, non era giusto. Avremmo solo, temporaneamente, aggirato il problema e questo avrebbe potuto comportare delle conseguenze.

Come sono stati questi mesi senza Miguel?    
Quando hai una relazione a distanza è sempre un po’ doloroso essere circondati da coppie felici; in questo caso noi non sapevamo quando avremmo potuto riabbracciarci o vivere i gesti più semplici come mangiare una pizza insieme ed è stato ancora più doloroso. Abbiamo vissuto quasi un anno su Skype, non ci vediamo da più di 200 giorni e mi reputo fortunata, ad oggi, perché vive nel Paese “giusto”: a breve ci abbracceremo di nuovo. 
Se penso a tutte quelle donne che hanno partorito senza i loro compagni accanto, mi viene un brivido. Allo stesso tempo, mi immedesimo in tutti quelli che ancora non potranno riabbracciarsi e penso che questa pandemia abbia tolto tanto, a livello di affetti, a troppe persone.  

Qual è stata la reazione mediatica al progetto Love Is Not Tourism?
Mi è capitato di leggere tanta cattiveria, le persone si accanivano contro la nostra battaglia dicendo che in Italia c’erano cose più importanti a cui pensare; probabilmente cercavano di dire che in Italia esistono problemi che coinvolgono una fetta più grande, spero. Devo ammettere, però, che è stato doloroso realizzare che per molti ciò che è importante per te non conta nulla e che quasi quasi dovresti vergognarti a chiedere una cosa tanto banale. Per fortuna, il gruppo Love Is Not Tourism non si è fatto intimidire e ha continuato a lottare.

Sei sempre stata d’accordo con le misure adottate dal governo italiano per fronteggiare questa emergenza?
Credo che la chiusura delle frontiere sia stata una mossa necessaria e la condivido. Probabilmente se tutti avessero potuto andarsene in giro per il mondo senza alcun freno, non avremmo potuto riabbracciarci dopo tre mesi. Ad oggi esistono modi per ricongiungersi in sicurezza: basta fare un tampone e 14 giorni di quarantena e finalmente moltissime coppie binazionali hanno la possibilità di riabbracciarsi. Spero che nel prossimo decreto tutti i Paesi vengano inclusi; anzi, spero proprio che questo incubo finisca presto perché l’idea di dovermi abituare a questa realtà mi fa ancora più paura.

Per Love Is Not Tourism la lotta non è ancora finita, in Italia come nel resto del mondo; moltissimi Paesi non hanno ancora riconosciuto le coppie non sposate e l’Italia non permette l’accesso a chi proviene da Paesi come la Colombia, il Cile e altri. 

C’è chi ha la fortuna di avere la persona che ama al proprio fianco e ha avuto modo di riscoprire l’amore che aveva dato per scontato.    
Molti come Chiara, invece, hanno sofferto e ancora non sanno quando potranno rivedere il proprio partner.

Sostieni anche tu la campagna e firma la petizione «Love is essential» lanciata su change.org. 

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