Oggi è la giornata dedicata alla memoria delle vittime dell’olocausto nel quale persero la vita 6 milioni di ebrei.
Nel rammentare quei terribili eventi, non mancano le esternazioni di meraviglia dinanzi all’indifferenza delle persone comuni di quel tempo per quello che avveniva nei confronti degli ebrei.
Nessuno si oppose alle leggi raziali?
Cosa faceva la brava gente quando il proprio vicino veniva arrestato sotto i suoi occhi?
Dov’era quando i militari saccheggiavano i ghetti e prelevavano le persone con la forza?
Nessuno si chiese mai dove finiva tutta quella gente che abitava quei quartieri?
Dobbiamo ammettere che non avevano la tempra per opporsi all’atrocità sotto i propri occhi. O forse, erano soltanto indifferenti.
È stata l’indifferenza ad uccidere sei milioni di ebrei. Ma se fossimo stati noi i protagonisti di quei tempi, ci saremmo comportati diversamente?
La risposta probabilmente è no, perché deportazioni e campi di concentramento non appartengono affatto al passato. Questi sono ancora una realtà in diverse parti del mondo e continuano ad essere ignorarti.
Sono centinai i campi di prigionia in Libia in mano a milizie e a trafficanti di esseri umani e più di 3.000 i migranti che vi si trovano.
Dal lager di Bani Walid arriva il video di una donna appesa al soffitto a testa in giù brutalmente bastonata, così che i famigliari possano vedere e sentire le sue urla strazianti mentre le vengono rotte le ossa delle gambe, per indurli a pagare un riscatto, che quando non corrisposto – vista la povertà delle famiglie di origine – segna la morte del prigioniero.
Quando non uccisi dai militari, i migranti muoiono per malnutrizione e carenza di igiene e mancanza di cure mediche dopo che vengono torturati per ore con scariche elettriche, coltelli e frustate.
In questi campi vengono reclusi i profughi e migranti che provengono dall’Africa meridionale, nonché coloro che vengono respinti dall’Europa e rimandati indietro dalla Guardia Costiera. Giunti in Libia sono pochissimi quelli che riescono ad evitare la carcerazione, che quando non effettuata direttamente dall’esercito libico avviene per opera di mercenari e trafficanti di essere umani.
Di ciò che avviene dietro la porta di questi campi sono tutti consapevoli, ma gli interventi umanitari sono modesti a causa dello scarso appoggio delle istituzioni internazionali; di recente, l’UNHCR ha ottenuto il rilascio di alcuni profughi, ma denuncia che i nuovi reclusi sono sempre più numerosi.
“Ogni giorno chiamavo la mia famiglia e mentre avanzavano le richieste di denaro mi torturavano e seviziavano in maniera tale da far sentire le mie urla strazianti”, ha raccontato un sopravvissuto sbarcato a Lampedusa e ascoltato dagli investigatori di Agrigento.
Amnesty International segnala che in Cina, ormai da diversi anni, è in atto un vero e proprio internamento di massa a discapito delle minoranze etniche mussulmane presenti.
In particolare gli Uiguri, cinesi che appartengono ad un ramo della dinastia di derivazione musulmana, sono stati oggetto di una campagna propagandistica di odio da parte del Governo cinese che ha, così, preparato le basi per procedere al loro trasferimento coatto in campi di concentramento senza alcuna opposizione della popolazione locale.
Oltre un milione di persone è detenuto in quelli che il Governo Cinese insiste nel voler definire centri di abilitazione e di studio della cultura cinese, che altro non sono che luoghi di torture e soprusi.
Gli Uiguri vengono illegittimamente detenuti sulla base anche solo del sospetto di professare la religione musulmana o qualunque altra pratica collegata alla loro tradizione storico-culturale e senza subire alcun processo.
Le principali fonti di informazione su ciò che avviene nelle centinaia di centri sparsi per il paese sono costituite dalle testimonianze dei superstiti, dal momento che questi luoghi sono inaccessibili per giornalisti e stranieri.
Le donne vengono sottoposte a sterilizzazione forzata attraverso l’asportazione chirurgica dell’utero o con l’assunzione di pillole che inibiscono il corretto sviluppo degli organi riproduttivi per le più giovani.
Gli uomini vengono sottoposti a lavori forzati e se riescono ad ottenere la libertà è solo perché vengono venduti come manodopera a basso costo alle imprese locali.
Le privazioni che questo popolo subisce sono tanto atroci che i più ricorrono al suicidio.
Il Governo cinese si sta macchiando della più grande “cancellazione culturale” dai tempi dell’olocausto degli ebrei.
Dal lato occidentale la situazione non migliora. Come conseguenza delle politiche ostili all’immigrazione dell’ex Presidente Trump negli Stati Uniti al confine con il Messico sono stati allestiti dei centri di detenzione per i migranti che devono essere rimandati oltre la frontiera americana. Anche in merito a questi ultimi abbiamo poche ma significative testimonianze dello stato di degrado, in cui più di 100 uomini vengono rinchiusi in celle che ne potrebbero contenere al massimo 10. Stipati gli uni sugli altri non hanno spazio neppure per stendersi e dormire e alcuni di loro muoiono letteralmente di sonno.
Non hanno acqua potabile perché i rubinetti sono fuori uso e dalla sete bevono direttamente dalla tazza del WC. Nessuna cura medica viene concessa e il cibo scarseggia.
Qui alcuni bambini sono stati addirittura marchiati con codici numerici per consentirne l’identificazione al pari di quanto avveniva nei lager nazisti in cui gli ebrei smettevano di essere persone per divenire una semplice sequenza numerica e non mancano gli abusi sessuali sulle donne, anche bambine.
Più volte il Congresso degli Stati Uniti ha sollecitato un’inchiesta sull’operato della ICE (United States Immigration and Customs Enforcement), responsabile del controllo delle frontiere e dell’immigrazione, ma è rimasto inascoltato anche grazie alla reggenza della Presidenza Trump; si spera che l’amministrazione del neo Presidente Biden possa agire prontamente sullo smantellamento di questi campi.
Ma il vero orrore si trova in Corea del Nord. Conoscere con esattezza ciò che avviene nel versante nordcoreano è una missione impossibile; basti pensare che chi entra nel Paese è obbligato a depositare alla dogana computer, macchine fotografiche e altri strumenti elettronici dotati di GPS.
Ma della presenza di lager di sterminio siamo ben certi sia per le immagini satellitari che li identificano chiaramente, sia per gli agghiaccianti racconti di ex impiegati o di ex prigionieri miracolosamente evasi.
Secondo il rapporto della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, nei campi di lavoro in Corea del Nord sono state rinchiuse tra le 600mila e i 2 milioni e mezzo di persone, in mezzo secolo; 400mila sarebbero i morti.
I campi di concentramento della Corea del Nord sono stati realizzati per rinchiudere i traditori, gli oppositori politici, i disabili, gli accusati di crimini gravi e minori, nonché i famigliari dei prigionieri fino alla terza generazione. Molti bambini sono nati nei campi senza conoscere altro che schiavitù e sofferenza.
Chiunque venga rinchiuso sa che non uscirà mai da quei cancelli; neppure da morto, visto che i corpi vengono bruciati dagli stessi detenuti. Ciò che li aspetta sono lavori forzati al gelo o nelle miniere, malnutrizione – c’è chi si riduce a mangiare i topi -, amputazioni come punizioni per futilità, fucilazioni e impiccagioni pubbliche per scoraggiare fughe.
Le donne vengono bruciate vive per mero divertimento o stuprate. I bambini nati da questi stupri vengono bruciati vivi o picchiati fino alla morte.
A seguito dell’olocausto si disse che l’Europa aveva generato il “male assoluto”; ora il male assoluto è senza dubbio in Corea del Nord.
Sono ancora molti i campi di concentramento presenti nel mondo, come in Myanmar, dove sono detenuti i Rohingya, o in Siria, segno che la società non è affatto diventata virtuosa.
Il giorno della memoria è stato istituito non solo per commemorare quei morti ma per spingerci a non commettere più quelle atrocità.
Per serbare l’indignazione che venne provocata dalla scoperta di tutti quei corpi ammassati, dei forni crematori, delle camere a gas, la montagna di indumenti, di denti, unghie e capelli, quando vennero varcati i cancelli di Auschwitz.
Dove è finita l’indignazione? Che cosa ne è di quella memoria?
Come è stato possibile il genocidio degli ebrei? È stato possibile per la stessa ragione per cui ancora adesso esistono i campi di concentramento nel mondo: è stato possibile per la nostra indifferenza.
Se fossimo più attenti, se sollecitassimo i governi ad agire.
Se solo il politico ambizioso di turno fiutasse il consenso elettorale che gli deriverebbe se si occupasse della difesa dei diritti umani.
Ma eccoci qui: piccole vite che si accontentano dell’orizzonte che non va oltre i confini del proprio comune, distratti, al massimo, da una crisi di governo senza senso alcuno, salvo poi definirsi “cittadini del mondo” quando c’è da passare le vacanze in un posto esotico.
Eppure cittadini del mondo lo si è davvero e il mondo chiede la nostra attenzione.
Avvocato, classe 1990, nasce nella provincia cosentina.
Da sempre impegnata nella difesa dei diritti delle donne in ambito famigliare, è curiosa e dall’animo gentile ed equilibrato grazie alla sua passione per lo yoga, ma è anche incredibilmente impulsiva quando sa che c’è un’avventura ad attenderla.
Da ambientalista, ama e difende fermamente la natura e sogna di correre una maratona.
Appassionata di politica, viaggi, sociologia e yoga.