“Lol, chi ride è fuori: siamo sicuri che sia così divertente?” è questo l’interrogativo lanciato da Aldo Grasso, noto critico televisivo che, in un suo pezzo sul sito del Corriere della Sera, critica lo show trasmesso da Amazon Prime Video che ha colonizzato l’attenzione dei social dal primo aprile (data della messa in onda) ad oggi. Un’attenzione virale che ha visto i social inondati di meme sullo show che prevede che dieci comici, riuniti in un teatro per sei ore, debbano sfidarsi a suon di battute e gag, con una sola regola: non ridere.
Se vi dicessi che c’è una pandemia dovuta a un virus il cui contagio è molto facile e che quindi è meglio mantenere il distanziamento sociale rimanendo il più possibile a casa, e vi dicessi che per rendere meno pesante il confinamento si potrebbe trasmettere un programma comico che faccia ridere, probabilmente mi rispondereste come Hank Scorpio risposte a Homer nell’episodio dei Simpson “Si trasloca solo due volte”. Eppure è quello che è successo. C’è voluto un anno di pandemia per avere un nuovo format fresco e divertente. Nessuno ci aveva pensato prima.

La domanda da porsi è proprio questa. Forse “Lol” non merita il successo virale che ha avuto, ma di sicuro gli va riconosciuto di essere una novità assoluta di cui molti – se non tutti- avevano bisogno. Se aggiungiamo, poi, il fatto che l’idea è tanto banale quanto vincente, ecco giustificata la carica d’astio che ogni evento virale si porta dietro per il solo fatto di esserlo. Sei episodi, circa tre ore complessivo di risate e spensieratezza. In “Lol” possiamo trovare la vecchia e la nuova scuola comica, i personaggi di Lillo e Caterina Guzzanti, il no sense spassoso di Elio che si presenta indossando il quadro della “Gioconda” e Frank Matano, le imitazioni di Pintus, la comicità di Ciro e Fru dei “The Jackal” e quella della giovane Michela Giraud e del comico che non ride: Luca Ravenna.
“Non il più forte, il più intelligente vince, ma colui che meglio si adatta al cambiamento” questa frase di Charles Darwin, ripresa poi in più ambiti, tra cui quello economico sembra fotografare al meglio la situazione attuale. Questo concetto, fino a qualche tempo fa, non era però applicabile anche al mercato televisivo, in quanto c’erano i soliti due/ tre player a spartirsi la torta dei ricavi.
Pensando al mercato dell’intrattenimento televisivo, si può notare come questo sia stato da sempre concepito quasi come un duopolio, una sfida tra soli due concorrenti, Rai e Mediaset, con le altre emittenti, destinate a giocare il ruolo di comparsa. Quasi giustificabile, quindi, che i manager abbiano smesso di cercare soluzioni alternative per battere la concorrenza. L’avvento di Sky ha assestato un primo -deciso- colpo al duopolio, ma ciò non è bastato a vedere cambiare i palinsesti di “mamma Rai” e Mediaset, complice il fatto che anche sulla piattaforma di Murdoch si potessero vedere, dapprima solo i tre canali Rai, e dopo anche quelli Mediaset.
Il mercato lo hanno poi cambiato Netflix, Amazon Prime Video, ma, più in generale, il nuovo mondo dell’intrattenimento che si è spostato prepotentemente sulle smart tv iperconnesse, che hanno cambiato una volta per tutte anche la fruizione dei contenuti, i quali oggi sono visibili su qualsiasi dispositivo che abbia una connessione a internet. Gli orari televisivi del “torno a casa perché alle 20 inizia il film” sono stati tritati da un “free watch” guarda quando, dove e come vuoi i tuoi programmi preferiti. Le emittenti tradizionali si sono adeguate: la Rai ha lanciato “RaiPlay”, Mediaset “Mediaset Play Infinity“, Sky, invece, si è concentrata sull’on demand, inglobando anche Netflix nella sua offerta provando a replicare la strategia che con Rai e Mediaset fu vincente.
Anche chi non ha studiato economia capirà bene che se c’è un’innovazione in un mercato, chi l’ha realizzata ne trae i benefici, rosicchiando clienti a quelli che invece sono i cosiddetti follower che l’innovazione si limitano a riproporla.
Tornando a “Lol: chi ride è fuori” a me ha fatto molto ridere e ritengo abbia rappresentato un format fresco e innovativo, pur essendo “banale” nell’idea. Ritengo che rappresenti quella spensieratezza di cui il pubblico ha bisogno, specie adesso. Due elementi a mio avviso lo contraddistinguono e sono: la novità (esistono programmi rimasti intonsi dal 1990!) e la mancanza di volgarità. Strano a dirsi ma con “Lol” puoi ridere anche senza doverti turare il naso, le orecchie e un occhio di fronte alle battute al limite del sessismo e alla strumentalizzazione della donna in programmi nati per divertire.
“Lol” è diventato in poco tempo un fenomeno virale, sia per meriti suoi che per demeriti degli altri che in un anno non sono riusciti a immaginare nulla che non fosse una replica o un film sensazionalistico su eventi pandemici al fine di cavalcare l’onda. Bastava un format fresco e divertente, tra i tanti cambiamenti, anche strutturali, che la pandemia ci ha imposto, eccone un altro: riusciranno le emittenti tradizionali ad innovarsi o il modo di guardare la tv cambierà definitivamente condannandole all’oblio?

Calabrese, Classe 1994.
Laureato in Economia Aziendale presso l’Università della Calabria, ha a cuore le tematiche ambientali e crede fortemente che l’associazionismo possa fungere da ancora di salvezza per i giovani.
Appassionato di marketing, scrittura, serie TV e partite di calcio!