"Ma quando vivi in un corpo, sei fragile. Sanguini. Qualcuno o qualcosa potrebbe ucciderti. Sono i corpi a reggere il peso delle ferite.."

Lei: “Ho mal di schiena. E mi dà fastidio averlo”

L’altra:“E beh, a chiunque non piace stare male, non credi?”

“Sì, hai ragione, ma a me non spaventa il dolore fisico. Il corpo umano è fatto per provare anche dolore. È dotato della capacità di dimenticarlo. Si arriva a un picco di dolore acuto, in cui si pensa di morire e poi lentamente il corpo guarisce e quel dolore scema. È natura. Siamo fatti per dimenticare il dolore. Altrimenti come pensi che farebbero le donne dopo aver partorito il primo figlio? Sarebbero così matte da farne altri? No, Non mi spaventa il dolore fisico. L’ho sempre dimenticato. Il dolore emotivo mi fa paura. mi spaventa stare ferma. Perdere il controllo del mio corpo”.

“Come sei melodrammatica, è solo un mal di schiena. Avrai fatto qualche movimento sbagliato in palestra. Avrai caricato troppo. Hai questa smania di ottenere vero?”

“Hai colto di nuovo il segno. Sapere che non ho segreti per te è rassicurante.
Lei fa una pausa di qualche secondo e poi aggiunge: “Lo sbaglio, l’errore, il non calcolato: i sinonimi delle mie paure.”

“Avevi dubbi? Ti conosco da quando sei nata. Si può dire che siamo nate insieme. E conosco questa parte di te. Questa parte spaventata che cerca di farsi piccola. Ma non puoi rimpicciolire parti di te stessa. Né sopprimerle.”

“Ma se siamo nate insieme, se siamo due parti della stessa persona, perché tu sei così sicura ed io così piena di paura?”

Un sorriso le spunta sul viso, spontaneo rassicurante, suo.
“Perché io sono mossa dall’amore, tu dalla paura di non essere amata mai”

“Non lo voglio questo mal di schiena. Non la voglio questa paura.

Fin quando non farai pace con le tue ferite, e non imparerai la lezione, tutto ti sembrerà un blocco e mai un’opportunità.”

“Parli come lo spirito guida, che leggo ogni mattina su Instagram. Ma chi ti credi di essere? Sei solo una voce, è facile essere uno spirito. Tutto si dissolve, quando sei evanascente. Tutto si rimpicciolisce. Ma quando vivi in un corpo, sei fragile. Sanguini. Qualcuno o qualcosa potrebbe ucciderti. Sono i corpi a reggere il peso delle ferite

… Ne sei cosi sicura? Prima non dicevi che avevi paura del dolore emotivo? Dadove pensi che provenga? Dalle tue ferite bambine. Da quei dolori che hai vissuto e che hai cercato di controllare. Di nascondere sotto il tappetto. Di cancellare. Ho una domanda per te, visto che tu ne fai sempre agli altri.”

“Spara.. O sparami decidi tu.

“Tutta questa teatralità. Tutto questo vittimismo. Non ti stanca? Pensi che siano gli altri gli artefici di tutto? E allora tu che vivi a fare?”

“Era questa la tua domanda? Mi aspettavo qualcosa di meglio da te, spirito guida. Non è colpa mia se sento tutte queste emozioni. Se mi stordiscono e mi fanno perdere il senso del tempo. Vivo forse per questo: per perdermi dentro me stessa. Non saprei vivere diversamente. Ma questo lo sai già, cosa chiedi a fare?

… Ma l’altra Lei questa volta non le risponde. Se ne sarà andata, si sarà offesa.

Lei, nel mentre, si fa coraggio: ci sta provando a mettere in ordine, a mettere i confini. A fare luce. Ad aprire porte. Si sta smontando e rimontando in forme diverse. Eppure si ritrova sempre nello stesso punto: bloccata, da un mal di schiena o da mille morbi diversi. Lo scorso mese ha avuto paura. Ha fatto i conti con il dolore vero. Ha perso di nuovo il controllo del mio corpo. Ora ha una nuova cicatrice.
“La vuoi vedere?

Le conosco tutte le tue cicatrici. Quando da piccola cadevi dalla bici e ti scorticavi le ginocchia, come tutte le bambine vivaci. Non eri mai preoccupata. Ti piaceva farti medicare da qualcuno. A volte lo facevi anche da sola. Giocavi a fare la spavalda già allora. Quella indipendente che da sola ce la faceva, ma che poi aspettava, in fondo, che qualcuno la curasse.”

“Da piccola mi piacevano le cicatrici. Non me ne sono vergognata mai. Ne ho una gigante sul ginocchio sinistro. La carne in quel punto non è più ricresciuta. È brutta. La pelle lì è raggrinzita, Eppure mi è sempre piaciuta. Mi piace, la trovo persino sexy, quando d’estate abbronzo le gambe e lei rimane sempre dello stesso colore. Fedele a sé stessa. Mi hanno messo 9 punti. Non ricordo più il dolore che ho provato mentre mi ricucivano. Ricordo il momento in cui sono caduta. Ricordo il sangue. Mi basta guardarla però per dirmi io sono questa.  Mi riconosco in tutte le mie cicatrici. Mi riconoscerò anche in questa nuova è vero?

Non sono le cicatrici del corpo a sanguinare. Lo sai bene. Qual è la tua vera paura? Sii sincera.”

“Ho paura di non essere amabile. Di non amare mai. Di non meritarmelo nemmeno l’amore di qualcuno che lo fa. Ho paura anche di morire senza conoscere mai l’amore vero. quello che ti fa rinascere, anche se sei in vita.

La tua è una ferita da abbandono. È una delle più profonde. È collegata direttamente al cuore. Ma sai una cosa? È anche la più potente, se la perdoni, la curi. Forse non si potrà mai dimenticare, ma può diventare la tua migliore amica, e non più la tua nemesi. Se la trovi, se la illumini,  Ti ritrovi pure tu, tutta intera. Questa è l’unica ferita che puoi medicare tu, come facevi da bambina quando cadevi dalla bici.”

“E come si fa?

Esattamente così, arrendendoti. Mostrando le tue parti fragili, senza paura che qualcuno possa colpire. L’amore parte dal coraggio e dalla fiducia.”

“Dal coraggio e dalla fiducia? Io pensavo che l’amore fosse solo amore. Una cura. Una medicina. Un miracolo.

L’amore è quello che ci rende vivi, ci rende puri. Non cercare sempre parole per descrivere ed etichettare ogni cosa. Sentilo. Sentiti.”

“Non voglio più avere il mal di schiena. Voglio essere libera e non avere paura. ma se mi mostro così fragile, non spavento le persone che provano ad avvicinarsi a me?

“Siamo tutti e tutte fragili, aspettiamo qualcun* con con cui esserlo insieme. hai appena fatto un primo passo, non sei contenta?inizia a lasciare andare. esattamente cosi, come hai appena fatto. la paura, se temuta, può essere una gabbia ma se capita invece ci indica cosa vorremmo davvero ottenere, se solo la smettessimo di non sentirci all’altezza. Guarda dove ti ha portato oggi.”

“Dove mi ha portato? Dove mi stai portando?

“Verso l’amore che hai paura di provare. verso tutto ciò che pensi di non saper fare. ti sta portando a casa. Verso te stessa.”

Allora Lei dovrebbe ringraziarla. Si sente più leggera, quel peso iniziale alla schiena è più sopportabile e ha la sensazione di poter andare ovunque lei voglia, basta fare il primo passo. quel primo inizio, l’azione più difficile: andare verso la paura.

Cor habeo

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