Ho sempre sognato di vagare per giorni nel deserto (con tutte le comodità possibili e immaginabili, ovvio!), di sentire quel caldo pazzesco sul viso e di ritrovarmi con qualche granello di sabbia di troppo tra i capelli a fine giornata. Immagino di mettere piede sul suolo caldo del Marocco e di addentrarmi nei luoghi dell’antica Persia, senza sosta, in un viaggio dei sensi tra cardamomo, olio di argan e datteri.
Nel frattempo, desiderando un budget da capogiro che mi consenta di fare ciò, mi limito a galoppare gratuitamente con la fantasia, attingendo a spunti essenziali in cui poter ritrovare i cenni di tali culture.
Il mio spunto del cuore? Le mille e una notte, uno di quei libri che, secondo me, dovrebbe trovarsi in tutte le case/biblioteche/librerie del mondo!
La raccolta comprende diverse fiabe, favole (simili a quelle di Esopo, con tanto di personaggi appartenenti al mondo animale) e novelle di varia lunghezza. Tutti i racconti della raccolta fanno capo alla storia di Shahrazàd, una cortigiana divenuta l’ennesima moglie del sultano Shahriyar. Sarà lei, con arguzia e fantasia spietata, a intrattenere il suo permalosissimo sposo, notte dopo notte, con storie tutte diverse fra loro, riuscendo così ad accendere in lui una curiosità tale da volerle risparmiare la vita (senza ucciderla come le precedenti spose).
La raccolta non contiene alla lettera mille e un racconto (a discapito del titolo), bensì diverse decine di narrazioni di provenienza egiziana, persiana, indiana e mesopotamica (occorre specificare che in lingua araba “mille e uno” significa, di fatto, “innumerevoli”). Inoltre, si tratta di un’opera a più mani, frutto del lavoro di diversi autori (perlopiù ignoti) e, molti dei testi presenti in essa, sono stati tramandati oralmente nel corso dei secoli, prima di finire su carta.
Non nascondo che ho apprezzato ogni singola virgola di questo libro, ma ci tengo a specificare che, ciò che mi ha colpita maggiormente, sia stato il kaleidoscopio di personaggi femminili.
Si tratta sempre di donne bellissime, con abiti lussuosi che scorrazzano nei corridoi di giganteschi palazzi, emanando profumi di rosa e mirra (mi meraviglierei del contrario! È il minimo in posti del genere).
Le donne de Le mille e una notte vengono costantemente definite “belle come la Luna”. Una mia amica iraniana mi ha spiegato che, ancora oggi, nei territori mediorientali, attribuire la bellezza lunare a una persona equivalga al nostro essere “belli come il Sole”. Se volete conquistare una donna del deserto, dunque, paragonatela alla Luna! Questo segnerà in positivo l’esito del vostro corteggiamento, fidatevi! A chi non piacerebbe una dedica simile a quella ricevuta da Zumurrud nella novella Alì Shar e l’ancella Zumurrud:
“Fu creata e condotta alla perfezione nella stanza della bellezza,
né alta né bassa;
la bellezza si è invaghita della sua armoniosa forma.
Il suo viso è un pleniluni
il corpo è simile a un virgulto
e profuma di muschio.
Nessuna creatura le assomiglia.
Essa è modellata dall’acqua di perle,
in tutte le sue membra risplende la luna”
All’interno della raccolta, la combo caratterizzata da bellezza e giustizia costituisce il fil rouge che lega tutti i personaggi femminili in essa presenti: le donne cattive vengono puntualmente giustiziate; le buone, dopo aver atteso per anni figli e mariti, dopo aver subito angherie e soprusi di qualsivoglia natura, ritrovano l’uomo del cuore, ritrovano la pace.
Si tratta sempre e comunque di donne che amano qualcuno. A tal proposito mi direte: non ho mai visto una donna che non ami qualcuno. Avete ragione: neanch’io.
E con che maestria nel testo vengono descritte le labbra e i “morbidi seni” di questi esseri femminili, quasi ultraterreni! Le prime, sono morbide e rosee, i secondi, alti e ben definiti “come melograni”, esattamente come i seni della bella fanciulla di cui si invaghisce l’orafo Hassan:
“Ha paragonato i suoi seni a due melograni
ma ella ha ribattuto: Ha forse il melograno un ramo
che può reggere il mio seno?”.
Su questi “melograni”, garanzia di benessere e prosperità, le dame protagoniste dei racconti della raccolta poggiano l’ud, un tipico strumento a corde orientale.
Infatti, ne Le mille e una notte, non esistono donne prive di cultura e saggezza o incapaci di cantare e recitare poesie per i propri ospiti; in un batter d’occhio, principesse e governanti si trasformano in abili intrattenitrici capaci di lenire qualunque fatica, sedare ire, rancori e imbattibili nel far capitolare il più diabolico degli inganni. Le bocche di queste donne sono fatte per lodare l’amore.
Come non citare, a tal proposito, la bella governante nella novella Il facchino di Baghdad e le belle dame quando canta:
“Voi lontani dai miei occhi, siete nel mio cuore. Avete conservato la scintilla dell’amore che un tempo era accesa? Il tempo non può ignorare il mio amore”.
Difficilmente le donne de Le mille e una notte sono incapaci di amministrare i propri beni: in questo contesto non esistono donne spendaccione, al massimo donne che azzardano, che rischiano.
Qualunque cosa facciano queste dee dai lunghissimi capelli, anche quando si affidano totalmente alla perfidia, è solo e soltanto al fine di ottenere ciò che amano e bramano con tutta l’anima.
L’amore è il motore immobile di ogni singola narrazione:
“Mestizia e afflizione dimorano nel cuore
e la passione scorre nelle mie giunture.
Il mio esile corpo è consumato,
ammalato e lacerato dall’amore”
canta la giovane N’imat innamorata del cugino Nu’m.
Le mille e una notte è un tripudio assoluto di passione capace di accogliere anche algide regine, che con la loro crudeltà, frutto di somma intelligenza e logica fulminea, risultano estremamente affascinanti agli occhi del lettore.
È il caso della regina Nur al-Huda, intenzionata a uccidere la sorella, ma non prima di averla torturata a dovere:
“Quindi la spietata sovrana fece portare una scala di legno, vi fece stendere sopra la sorella, la legò e ordinò agli spiritelli di frustarla e di darle acqua salata e pane insipido”.
Qui regnano dispensatrici di consigli, principesse che raccomandano di non toccare qualcosa, di non fidarsi di qualcuno, donne che sanno aspettare, che uccidono o che preservano le vite altrui; donne che salvano il salvabile e condannano il condannabile a costo di mettere a repentaglio la propria vita.
Di certo, non mancano figure femminili che, sottomesse al volere dei propri uomini, sono costrette a sacrificarsi o a vestire dei panni troppo stretti; fortunatamente il fato le libera da qualsiasi morsa e le rende nuovamente padrone di sé stesse.
Mi sono schierata con tutte loro, pagina per pagina.
Le ho sempre immaginate ben truccate, con gli occhioni scuri e profondi.
Sono ben sicura di una cosa: chiunque abbia inventato o scritto questi racconti, amava le mille e una donna con le loro mille e una caratteristica e ancora oggi, dopo secoli, l’eco del loro rispetto rimbomba forte e chiaro.
Cosentina, classe 1991, laureata in Lettere e Beni Culturali, con Magistrale in Storia dell’Arte presso l’Università della Calabria e fluente in Inglese e Francese.
Oltre ad un periodo di studi a Vizille in Francia e una formazione con Eugenio Santoro dedicata ai curatori di mostre d’arte, vanta un amore per
i pittori fiamminghi e il periodo Barocco e coltiva il sogno di imparare (almeno) dieci lingue.
Appassionata di culture mediorientali, cosmesi bio, viaggi, lettura, dolci e mare!