Le mie risposte alle grandi domande… dei parenti al Cenone

"Durante il cenone della Vigilia, una coppia di zii curiosi chiede ai nipoti cosa facciano nella vita, ricevendo le risposte più variegate, a testimoniare la difficoltà nel mondo lavorativo di oggi dei giovani."

La cosa più preoccupante del cenone della Vigilia è l’attesa. Non si sa come, non si sa perché, ma i parenti invitati nella casa prescelta per la riunione familiare iniziano ad arrivare dal pomeriggio. Visto l’arrivo, anche la seduta a tavola è anticipata e così alle 22 si è già finito di mangiare. C’è l’atteso “rompete le righe” accompagnato dalla domanda: “e adesso che facciamo?”. La famiglia si divide.
C’è chi riposa, chi guarda la tv, c’è una scissione anche anagrafica: giovani da una parte e meno giovani dall’altra e poi… E poi c’è lui: lo zio Alfredo, 56 anni, ex dipendente di banca, in pensione da 5, non vuole saperne di abbandonarsi al divano come tutti, lui ha voglia di “chiacchierare”.
Si dirige spavaldo verso l’ala della casa scelta da noi giovani, nonostante la stempiatura e i capelli bianchi si siede sulla poltroncina in pelle, di fianco a me, ed esordisce: “lasciamoli dormire ‘sti vecchi”.
Qualcuno abbozza un sorriso. Zia Maria, la moglie, anche lei tirata a lucido per l’occasione, si siede al suo fianco e osserva con aria di ammonimento Luca, Ernesto e Francesca, i tre cugini impegnati con lo smartphone.

“Allora ragazzi, lasciate perdere ‘sti telefoni” – ammonisce zio Alfredo – “raccontateci qualcosa”. Capisco l’andazzo, il mio cellulare è sulla mensola e un qualsiasi movimento farebbe girare la “mitragliatrice collo-direzionata” verso di me. Ad un tratto esclama: -“Luca! Raccontami. Che stai combinando?”.

Incredibile: l’ho scampata. Luca ha 28 anni, ha studiato ingegneria gestionale e attualmente lavora in un’azienda a Roma.

“Mah, zio, cosa vuoi che ti dica. Lavoro in questa società da due mesi, uno stage, mi pagano 600 € e a malapena ci copro le spese”.

“Ma che bravo” -esclama zia Maria compiaciuta- “questa è tutta esperienza!”. 

Certo, un’esperienza di cui avrebbe volentieri fatto a meno, penso io.

“Che poi all’inizio uno deve fare sacrifici”, afferma zio Alfredo.

“Ma certo, ma questo è il terzo stage che faccio, spero che mi assumano così mi tranquillizzo un po’”, risponde Luca.

 “Voi ragazzi di oggi volete tutto e subito… E poi ‘sta cosa dell’assunzione non esiste più, se vuoi il posto fisso devi provare i concorsi. Mò con il PNRR ce ne saranno un sacco!”. Mariah Carey canta in tv, il nonno russa sul divano e qualcuno sta ancora sparecchiando mentre noi quattro siamo sottoposti alla tortura degli zii. I concorsi funzionano più o meno così: 60 posti messi a bando, 6 milioni di candidati. E poi comunque, non mi va di affidare il mio futuro a un piano che ha nel nome la parola “Resilienza”, che sembra lo abbia ideato Gianluca Vacchi. O forse il dio del Lavoro vuole punirmi per tutte le volte in cui ho criticato chi della “Resilienza” ne ha fatto la ragione della sua bio Instagram. 

“Sì, ma devi comunque studiare e io di studiare tempo non ne ho perchè sto 8 ore al giorno in ufficio”, replica timido Luca

“I quiz sono di logica! Che ci vuole per voi che siete giovani e avete la mente fresca”.

Tralasciando il fatto che oltre alla logica ci sono altre materie, chissà se lo zio Alfredo ha mai provato a risolvere il quiz degli orologi: “Abbiamo tre orologi che segnano tre orari diversi: che orari segneranno i tre orologi se spostiamo le lancette del primo orologio portandole avanti di mezz’ora, del secondo spostando la lancetta più lunga di ¼ e se buttiamo dalla finestra il terzo?”.

“Ma che m’importa dei concorsi! Che te ne fai del posto fisso. Devi fare quello che ti piace”- esclama Ernesto. Lui all’Università non c’è mai andato, la sua famiglia ha una concessionaria che vende moto, se n’è occupato sin da ragazzo sviluppando la passione per i motori. È l’orgoglio della famiglia, il padre gli ha insegnato tutto, lui ha appreso e messo in pratica, suo fratello, a cui la passione per i motori non ha mai fatto visita, ha preferito trasferirsi. Il negozio va bene e ne ha aperti altri in diverse città d’Italia. In sella alla sua Harley Davidson sportiva ha girato in lungo e in largo, ha sempre una storia da raccontare. Io, che sono pieno di dubbi e nulla sembra entusiasmarmi, lo guardo con ammirazione mentre racconta la sua storia. La sua passione è diventata il suo lavoro e non va mai in vacanza dalle sue amate moto, esponente convinto dello “stakanovismo positivo” Ernesto raccoglie consensi tra gli anziani della famiglia che si rivedono in lui sono perché ha iniziato a lavorare da quando aveva 15 anni.

“Il mio consiglio è di mollare tutto e aprire una partita IVA. Il guadagno lo decidi tu, il tempo lo gestisci tu e non hai padroni”. Zio Alfredo e zia Maria tacciono intimoriti ma compiaciuti dall’irruenza di Ernesto. Il fatto che il guadagno lo decida io mi intriga. Se potessi svegliarmi domani e decidere di lavorare 3 ore e guadagnare 1000 € lo farei, la mia paura è che non sia così facile. Che per mettersi in proprio ormai non serva più il “famoso” capitale è noto, ma tutto ciò ha generato un’insensata corsa all’unicorno, ossia all’impresa innovativa che sfonda.

Tutti credono di poter diventare Mark Zuckerberg, nessuno ne ha il talento. Puoi diventare chiunque tu voglia, ma non te stesso. Ad oggi è facile imbattersi nel racconto motivazionale di qualcuno che ce l’ha fatta, “dai garage al successo” recita qualche post, le autobiografie di persone a cui ispirarsi sono pane quotidiano se apri i social, se apri Netflix, insomma, se vivi. Quei pochi che ce l’hanno fatta hanno la ricetta, ti dicono che puoi diventare chi vuoi e ti sbattono in faccia il ragazzo prodigio che a 27 anni ha 5 lauree con lode e ti dice che il trucco è la motivazione, o il giovane miliardario che ha venduto la sua start up e guadagnato milioni e così la gara a diventare necessariamente qualcuno ad alcuni fa semplicemente male ed hanno la capacità di divincolarsi. Altri vi restano imbrigliati al punto da fingere una vita che non hanno pur di ottenere l’approvazione della società. Le classifiche degli under 30 più influenti del pianeta e degli under 25 più famosi su LinkedIn… Tutto è una gara e non è ammesso sentirsi persi. Chi si ferma è perduto.

”Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neanche un giorno nella tua vita”, la filippica di Ernesto è completa, anche la citazione di Confucio regolarmente copia-incollata sotto l’ultimo post in sella alla sua moto. Non credo sia così. Chi fa della sua passione il suo lavoro non stacca mai, non è forse meglio fare un lavoro qualsiasi e godersi il proprio tempo libero? La domanda mi devasterebbe se solo fossi Zerocalcare e volessi fare una scontata citazione.

Ma la coppia di “Success-scanner” a casa mia non ha ancora finito. Tocca a Francesca. 

“E tu, Francè, che fai?”, zia Maria si volta verso l’ultimo baluardo della mia difesa. Francesca, la cugina più piccola, studia Farmacia all’università. 

”Studio ancora, zia.” Beata te! Vorrei dirle. Ma il guizzo di zia Maria mi cancella il pensiero: -“E dimmi a zia: quando finisci?”. 

“Mi mancano ancora 4 esami, zia”, le risponde.

Ci siamo. Il mio turno è arrivato, zio Alfredo e zia Maria con un movimento di collo all’unisono che manco la nazionale di nuoto sincronizzato si voltano verso di me preparando la fatidica domanda.

“E tu?!? Lavori o studi?” Lavori o studi. Domanda a risposta multipla. Due opzioni. Sarei stato felice di riceverla a un concorso, avrei avuto il 50% di possibilità di azzeccare e invece no, vita reale.

“Eh io…”- suspense – “nessuna delle due”, accenno una risata voltandomi verso gli altri cugini in cerca di approvazione, invece mi sembra di essere “freezato” come al Grande Fratello, tutti impassibili, anche Mariah Carey alla tv ha smesso di cantare e mi fissa, il nonno ha interrotto il suo russare e ha aperto un occhio svegliato dal mio accenno di risata caduto nel silenzio.

“Vabbè, sono in cerca di lavoro”- ci metto una pezza, e lo zio Alfredo: -“L’importante è darsi da fare”. 

”Mah, sì, do un’occhiata su LinkedIn”, dico io.

Lin…che cosa?”, chiede zio Alfredo aguzzando l’orecchio.

”Un social per trovare lavoro”, me ne lavo le mani. LinkedIn è quel posto in cui chiunque ha una foto in giacca e cravatta, quando andava di moda inserire i filtri sulle foto avevo messo anche quella con l’hashtag #opentowork, sullo slancio della proattività e della positività imperante. Scorrere la bacheca LinkedIn equivale a collezionare un breviario di frasi motivazionali trite e ritrite. Ma la parte migliore è la sezione “Offerte di lavoro”, che recitano più o meno così: “Azienda X cerca junior responsabile front office digital customer relationship”, il titolo dell’offerta ti fa mettere in dubbio la tua capacità di analisi del testo in cui alle medie andavi forte, ma se apri l’offerta scoprirai che in fondo cercano un “Segretario”. Mentre penso do una rapida occhiata all’orologio: “Ma è quasi mezzanotte” la truppa si alza dal divano in fretta, tutti pronti al brindisi, spumante e panettone, un’altra Vigilia è passata.

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