È da un po’ di anni che, accanto a parole come matematica, chimica o medicina, troviamo un aggettivo, non sempre chiaro: computazionale. Ma che significa?
Se immaginassimo il nostro organismo come una grande opera composta da tanti mattoncini Lego, ognuno diverso all’altro, potremmo ben capire che, se il mattoncino sbagliato è nel punto sbagliato, la struttura potrebbe non reggere. Potremmo utilizzare un mattoncino di un colore diverso o uno di una forma simile e, forse, cambiare la posizione, e la struttura continuerebbe a reggersi. Il “computazionale” ci permette di definire, sempre con più precisione, i diversi passaggi che stanno alla base della creazione della struttura, proprio come le istruzioni della Lego.
Grazie alla fusione tra la medicina, matematica e la chimica, stiamo cercando e trovando strumenti sempre più veloci, non invasivi e personalizzati, capaci di individuare trattamenti ad hoc per ogni paziente. Il mattoncino giusto, appunto. E questo grazie alla fagocitazione di miliardi di dati, analisi statistiche e simulazioni in silico – termine che si affianca agli ormai noti in vitro (su cellule) ed in vivo (su animali), che indica simulazioni di sistemi biologici condotte mediante calcolatori elettronici. Si tratta di modelli matematici che intrecciano dati clinici, informazioni sperimentali (strutture molecolari, affinità chimiche, risultati biochimici) accumulate in banche di dati biologici e biochimici da più di 30 anni, utili per studiare l’evoluzione di un sistema, valutare l’interazione tra biomolecole e prevedere il comportamento di una cellula a variazioni ambientali, per fare uno screening di principi attivi e per studiare dinamiche di sistemi evolutivi ed ecosistemi.
L’applicazione dei metodi di apprendimento in silico richiede l’apporto di grandi coorti di pazienti e, sebbene l’elaborazione e l’acquisizione automatica di dati clinici è possibile, rimane pur sempre un apporto manuale e, proprio qui, ci viene in aiuto il computazionale: è possibile avere delle coorti virtuali di pazienti sintetici, sviluppati su modelli specifici. Nell’ambito della medicina in silico, queste coorti virtuali – chiamate “in silico clinical trials” – sono utili per testare la sicurezza e/o l’efficacia di nuovi farmaci e di nuovi dispositivi medici. Inoltre, la possibilità di integrare una sperimentazione clinica con l’ausilio di una coorte virtuale di pazienti, riduce il numero dei volontari necessario, migliorando la significatività statistica.
La simulazione non è teoria, né esperienza, tantomeno un puro calcolo statistico, ma un vero e proprio approccio alla realtà che sta trasformando il metodo scientifico. In alcuni casi, offre spiegazioni a osservazioni o esperimenti che sembrano incomprensibili perché troppo complessi; in altri, funge da “moviola”, aiutando a determinare ciò che accade durante un processo chimico o biochimico; infine, la chimica computazionale aiuta a legittimare modelli o teorie che hanno poche opportunità di essere provate nella realtà empirica. La generazione di un campione sintetico deve, però, essere computazionalmente esigente per garantire che sia clinicamente significativo e che rifletta una sufficiente variabilità inter-paziente: appunto, tutt’altro che mera statistica, ma un attenta analisi anche solo sulla formazione del campione da studiare.
Il computazionale permette, in altre parole, di provare diversi mattoncini su un unico sistema, fin quando non si trova quello più utile a reggere la struttura. E i campi di applicazione sono molteplici: un pilastro abilitante all’analisi in silico è la disponibilità di dati di immagine 3D, che forniscono una descrizione spaziale in cui gli organi di interesse sono segmentati e possono essere utilizzati per fornire modelli informatici rappresentativi del paziente o della popolazione, applicabili, ad esempio, alla cardiologia. Approccio innovativo è anche quello per lo sviluppo di terapie vaccinali: infatti, durante la pandemia del Covid-19, il ricorso ad analisi in silico, ha aiutato ad accelerare la progettazione, la modellazione e l’analisi di studi clinici.
La medicina computazionale potrà mai sostituire quella “tradizionale”? Ovviamente no, ma può affiancarla, sostenerla: il medico continuerà ad auscultare i battiti del paziente, ne avvertirà la speranza e la paura,. Il medico è il vero giocatore Lego, e sarà sempre la figura che continuerà ad aprire il manuale di istruzione di ogni paziente con attenzione e professionalità, studierà, esaminerà ogni passaggio ed ogni incastro, ogni interazione, ogni sintomo. E potrà, forse, fornirgli il mattoncino per continuare a costruire la propria vita: un mattoncino che, grazie al computazionale, sarà quello “personalizzato” per il suo paziente.
Delia Lanzillotta, classe 1990.
Dottorata in Oncologia Molecolare con molteplici esperienze all’estero, partecipazioni a convegni internazionali e vincitrice di diverse borse di studio, attualmente lavora come chimico analitico in una nota azienda farmaceutica.
Da sempre amante del teatro e della musica, ha studiato (e non ha mai smesso!) canto lirico, partecipando anche a concerti.
Appassionata di scrittura, la reputa la sua forma di libertà preferita, con cui dà sfogo a idee, emozioni e convinzioni!