"La Calabria sta vivendo un periodo di grande agitazione, politica e sociale. Il sogno di una Calabria libera, viva, frizzante, giusta ed economicamente florida non è utopico. La sua realizzazione, però, passa attraverso un percorso di rinnovamento della classe politica e del pensiero civico."

Nelle città domina di nuovo il silenzio squarciato solo dalle sirene delle ambulanze: la Calabria è zona rossa.

La regione con il più basso numero di posti in terapia intensiva in Italia (il rapporto è di 6,3 ogni centomila abitanti), con una sanità fatiscente, con un vertiginoso e quotidiano aumento di contagi, è rientrata tra le zone rosse.

Le reazioni non hanno tardato a palesarsi.
Prima una manifestazione tenutasi a Cosenza che ha visto coinvolte migliaia di persone che esprimevano il proprio dissenso contro il Governo, reo di aver disposto nuove e stringenti restrizioni; contro la Regione, per non aver speso i fondi destinati da Roma ad approntare una risposta efficace ad una seconda ondata; e contro la classe politica che ha governato questa meravigliosa terra negli ultimi decenni. 

Successivamente, un’intervista all’ormai ex Commissario per la Sanità calabrese Saverio Cotticelli ha scatenato, definitivamente, le ire dei cittadini calabresi.

D’un tratto, questi ultimi hanno realizzato che a gestire un momento di piena crisi c’era una persona che, da un lato, non era in grado di riferire quanti fossero i posti in terapia intensiva disponibili in Calabria – chiedendo finanche aiuto al suo usciere -; dall’altro, sventurato, non sapeva fosse suo compito approntare un piano emergenziale in materia sanitaria.

Prima di procedere oltre è il caso di rammentare come anche durante la prima ondata il popolo calabrese abbia dovuto, suo malgrado, assistere ad un’altra intervista “divertente”.
L’allora responsabile regionale della Protezione Civile aveva ammesso candidamente e sorridente di non capirne nulla di ventilatori polmonari.
Per questa ragione, in quella fase delicatissima, la nostra regione ha rischiato di trovarsi impreparata ad un ricovero massiccio presso i nosocomi regionali.

Come se non bastasse, l’8 novembre 2020 apprendiamo che il nuovo Commissario per la Sanità, nominato di gran fretta dopo le dimissioni di Cotticelli – che almeno in questo ha agito in maniera inappuntabile – è il Dott. Zuccatelli.

Neanche il tempo di esser nominato che il mondo social ha regalato a quest’ultimo i famosi 15 minuti di notorietà.
Nella stessa mattina, infatti, è diventato virale un video in cui il neo Commissario, con fare fiero e sicuro, dichiara: “Per beccarti il virus… devi baciarmi per 15 minuti… altrimenti non te lo becchi”.

Sorvolando sulle dichiarazioni che ha rilasciato costui in risposta al video, non si può non notare come la Calabria stia vivendo un periodo di grande agitazione, politica e sociale.
Da un lato vediamo l’indignazione e la rabbia, dall’altro la possibile raggiunta consapevolezza di esser guidati da una classe politica quantomeno discutibile.

Ma la domanda che sorge spontanea è: davvero non lo sapevamo?
La politica calabrese è appannaggio dei medesimi soggetti da oltre 20 anni, anni in cui l’ultima regione d’Italia non ha fatto altro che divenire sempre più ultima in tutti i settori.
Una regione in cui negli apparati pubblici e amministrativi la competenza, la resilienza e l’impegno scarseggiano in maniera lampante.

Il dramma a cui si assiste in questi giorni ha, però, un responsabile che con lucidità è possibile individuare.
Chi ha permesso tutto questo, infatti, siamo noi.
Tutti noi.

Se è vero – ed è vero – che la classe politica è espressione diretta ed emanazione del suo popolo, la responsabilità non può che ricadere sulle nostre teste e sulle nostre scelte.
La speranza, che come dice il proverbio “non muore mai”, è che i calabresi si siano davvero destati da un sogno lungo decenni e che finalmente vogliano dar vita ad un cambiamento sistemico.

Il sogno di una Calabria libera, viva, frizzante, giusta ed economicamente florida non è utopico.
La sua realizzazione, però, passa attraverso un percorso di rinnovamento della classe politica e del pensiero civico.
Infatti, perché ciò accada dovremo scegliere una nuova e giovane classe politica, dovremo dare la possibilità alla competenza e all’impegno di infiltrarsi e colonizzare le stanze dei bottoni calabresi.

Appare dunque evidente quanto sia necessario un cambiamento. 
Un cambiamento che passa inevitabilmente da un bisogno di giovani che abbiano ideali, di giovani che vogliano essere politici nell’accezione greca del termine.
Una politica che sia agile, svelta, veloce, che snellisca gli iter burocratici e sia vicina alla gente e alle sue necessità, che sappia anticipare il problema invece che doverlo risolvere.

Soprattutto, però, quando saremo chiamati alle urne, dovremo ricordare.
Dovremo ricordare questo momento, questa sensazione di sconforto e rabbia e votare secondo coscienza.
Dovremo esprimere un voto libero da velleità clientelari, dovremo votare persone che vogliono migliorare le condizioni della Calabria e non chi ci promette un “aiuto”.

Il dramma che stanno vivendo la Calabria e l’Italia è tangibile; la crisi economica e sociale che seguirà questo periodo è – ahinoi – inevitabile.
Mi auguro, però, che i miei conterranei non si lascino offuscare la mente dalla rabbia: manifestare senza tenere una ben che minima distanza e senza indossare la mascherina, equivale ad una terribile danza della morte.
Cerchiamo di non dimenticare le immagini di città duramente colpite come Bergamo o delle fosse comuni di New York.

Oggi è il momento, purtroppo, di soffrire e lottare uniti contro il vero nemico, che resta il Sars-CoV-2.
Domani, ancora più uniti, di cambiare questa Calabria e quest’Italia.

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