Il Profumo di Patrick Süskind è un libro tanto interessante quanto inquietante. Il protagonista, Jean-Baptiste Grenouille, nato senza odore personale, ma dotato di un olfatto fuori dal comune, trascorre la propria esistenza alla ricerca della fragranza perfetta da indossare. Grenouille decide di fabbricare da sè un profumo che lo faccia sentire umano e lo fa filtrando l’essenza dei cadaveri di venticinque vergini, tutte incantevoli e dall’effluvio straordinario, come Laure:
“Apparteneva a quel tipo di donne malinconiche che sembrano fatte di miele scuro, liscio e dolce e incredibilmente appiccicoso, che con un gesto vischioso, una scossa di capelli, una sola lenta sferzata del loro sguardo dominano l’ambiente”.
Jean Baptiste, di piccola corporatura, definito costantemente “insignificante” all’interno del libro, è in realtà un personaggio inquietante e particolarmente scaltro che, dietro una maschera fatta di silenzio e innocenza, cela i pensieri peggiori. Grenouille detesta l’umanità al punto da decidere di vivere per anni isolato in una grotta:
“Finora aveva sempre creduto che fosse il mondo in generale, da cui doveva fuggire. Ma non era il mondo, erano gli uomini. Con il mondo – gli sembrava -, con il mondo deserto si poteva convivere”.
Dopo aver lavorato per decenni come garzone presso i migliori maestri profumieri della Francia dell’epoca (siamo in pieno XVIII secolo), Grenouille apprende tutte le tecniche per realizzare dei profumi straordinari, resi tali prevalentemente dalle sue doti innate. Gallina dalle uova d’oro per i suoi padroni, Jean-Baptiste non baderà mai ai soldi: la sua sete di sapere e le sue energie convoglieranno solo e soltanto verso il profumo.
Nell’uccidere le sue vittime, Grenouille utilizza una clava, rasa loro i capelli, da utilizzare nel processo di enfleurage, e ne cosparge i corpi con del grasso, sapientemente e magistralmente, per cogliere al meglio l’essenza dei cadaveri:
“Bocca e ascella, petto, sesso e piedi davano quantità di profumi maggiori che non ad esempio la tibia, schiena e gomiti; i palmi ne davano più dei dorsi della mano; le sopracciglia più delle palpebre, ecc… e di conseguenza per queste parti bisognava usare più grasso”.
Una volta scoperti i vari misfatti, Grenouille viene accusato di plurimo omicidio ma, il macabro capolavoro olfattivo che riesce a creare e indossare, prima di salire sul patibolo, gli salva la vita; la folla inferocita, accorsa per assistere all’esecuzione, perde i sensi inebriata da tale fragranza e si lancia in un’orgia scatenata che si protrae per giorni alla fine della quale:
“L’aria era greve del sudore dolciastro del piacere e colma delle grida, dei grugniti e dei gemiti delle diecimila belve umane. Era infernale”.
Grenouille muore dopo aver schivato la pena di morte, semplicemente stanco di vivere.
Libro terminato, tonfo sordo delle pagine.
Rifletto.
Non possedere un odore personale implicherebbe una non esistenza, ma il caso di Grenouille è un unicum, è invenzione pura.
Penso all’importanza che attribuisco al profumo delle persone e annuso il mio polso di riflesso: mi piace anche il mio.
Mi diverte lasciare traccia di me sulle lenzuola –mie e di altri – sui divani, in macchina, ovunque.
Io sono e voglio essere ricordata, voglio essere un tutt’uno con il mio odore.
Lo ammetto, quando accolgo un nuovo effluvio nel mio archivio olfattivo personale, temo di dimenticarmene troppo presto e lo affido speranzosa a cuore e sensi.
Mentre fisso il soffitto, stilo una lista mentale dei miei profumi: la torta di mele della mamma, la pizza della nonna, il profumo di me stessa mescolato a quello delle mie persone, il profumo dei luoghi in cui sono stata in vacanza, il profumo di chi non c’è più, il profumo del primo appuntamento (quello indossato per far bella figura, accantonato le volte successive perché, a quanto pare, non esiste essenza migliore di quella della propria pelle al naturale, così ti dicono…).
Ho sempre avuto la paura ossessiva di dimenticare il profumo della persona amata: l’odore dell’incavo del suo collo, quello delle sue mani e dei suoi capelli…
Dal punto di vista olfattivo me la cavo piuttosto bene: ricordo il profumo del cioccolato bianco che mi comprava mio nonno da piccola e l’odore della moquette di casa di mio zio, in America, quando vi misi piede per la prima volta nel 2011.
Ho reso indelebili i profumi dei miei migliori amici e dell’ultima persona di cui mi sono innamorata.
So che voglio ricordare per sempre il profumo di mio padre e di mia madre.
So che le madri che perdono i figli vanno nel loro armadio ad annusarne i vestiti.
So che se mi sforzo posso sentire tutti i profumi che voglio, specialmente a occhi chiusi.
Scelgo masochisticamente di cercare dentro di me l’odore di luoghi, cose e persone che mi mancano al momento.
“Non dimentico mai un profumo e dunque vivrò tutta la vita nel ricordo che ne ho”, dice Grenouille.
Je suis Grenouille, perché entrambi non sappiamo dimenticare.
Ho avvertito una stretta allo stomaco. Ho scaraventato il libro sul letto e ho cambiato stanza di corsa.
Cosentina, classe 1991, laureata in Lettere e Beni Culturali, con Magistrale in Storia dell’Arte presso l’Università della Calabria e fluente in Inglese e Francese.
Oltre ad un periodo di studi a Vizille in Francia e una formazione con Eugenio Santoro dedicata ai curatori di mostre d’arte, vanta un amore per
i pittori fiamminghi e il periodo Barocco e coltiva il sogno di imparare (almeno) dieci lingue.
Appassionata di culture mediorientali, cosmesi bio, viaggi, lettura, dolci e mare!