Italiana di Giuseppe Catozzella è uno splendido racconto sul sud dell’Italia post-unitaria. La grande storia nazionale si intreccia con quella di Ciccilla, Maria Oliviero, la prima capo brigantessa d’Italia.
Quella di Maria era una famiglia poverissima, il padre contadino, la madre tessitrice, tanti figli, poco cibo. Nel regno dei Borboni i “cappelli”, i ricchi, le famiglie altolocate posseggono ogni cosa: soldi, case, terreni. Possedere i terreni significa tenere in schiavitù il resto della popolazione.
Sono gli anni del Risorgimento: le cinque giornate di Milano, Napoli, Carlo Pisacane e poi Giuseppe Garibaldi, l’uomo che sarà visto come il salvatore, colui che finalmente darà voce agli ultimi.
Ma invece i Savoia si riveleranno esattamente come i Borboni e i signori rimarranno tutti al loro posto.
In questi turbinii storici, Maria rimane una bambina poverissima che ha nel cuore un’invincibile estate, anche in mezzo al più rigido degli inverni, che divora libri segretamente, che sente forte il richiamo dei boschi della sua terra. È la sorella mai accettata, ignorata, odiata di Teresa, unica della famiglia ad essere stata data in adozione e ad aver avuto la possibilità di conoscere ricchezze e privilegi, che non si è mai rassegnata ad aver perso.
Il forte legame di Maria con la sua terra emerge in ogni pagina, ma soprattutto, a muovere la giovane donna è un’innata voglia di giustizia che include aspirazioni difficili da soddisfare, perché destinate a pochi. Compreso il desiderio di istruirsi, leggere, studiare.
Italiana è un grande affresco del quadro sociale ed economico nel Regno delle Due Sicilie in un periodo storicamente cruciale e ha una protagonista unica, forte, determinata, sprezzante del pericolo. Libera come i monti in cui si è rifugiata.
La domanda che ci si pone di continuo nella lettura, specie dopo metà libro, è: cosa significava essere “italiani” a metà Ottocento? Tutto e niente. Tutto per chi inseguiva il sogno di una nazione unita e credeva fortemente in un futuro migliore e più libero. Niente per chi, in fondo, sapeva che il cambiamento sarebbe rimasto sempre un’utopia.
“Lo volevo veramente? Quanti sacrifici ero disposta a fare per cambiare il mio destino? E che cos’era il destino? Quella domanda arrivava da un altro mondo. Cambiare il futuro, e magari quello dell’Italia…quelle non erano cose per braccianti.”
Quella linea di confine tra vincitori e vinti non è poi così definita. Da sempre si sa che c’è la grande Storia, quella studiata a scuola, spesso e volentieri scritta dai vincitori. C’è poi, accanto, quasi in sordina, una storia minore, costruita giorno per giorno da persone comuni, una storia che è ignorata, nascosta, ma è quella che muove le grandi passioni.
Nella storia di Ciccilla ritroviamo l’entusiasmo e le illusioni di un Meridione oppresso e stanco, che si illude nella figura di Garibaldi e con esso vede ritornare la delusione e l’amarezza che aumenta per le promesse non mantenute, la sofferenza per la miseria che dilaga e il desiderio di ribellione che cresce ed esplode in atti cruenti e drammatici.
La storia della piccola Maria rappresenta quell’altra faccia dell’Unità d’Italia sempre dimenticata. Insieme a lei sogniamo, soffriamo, proviamo grandi amarezze e forti momenti di rabbia. Il coinvolgimento è totale non solo per chi, come me, vive e conosce i luoghi descritti da Catozzella, ma anche per chi ha conosciuto grandi ideali e ha lottato per essi, oltre ogni confine regionale o nazionale.
Maria sogna, ama, perdona – o ci prova. Ma la brigantessa Ciccilla non dimentica, agisce nell’ombra e colpisce al momento giusto. Sensibile, feroce, spietata, delicata, colpevole e innocente nello stesso momento e sempre. Contro tutto e contro tutti.
Il paesaggio silano che fa da sfondo all’intera vicenda è descritto con una precisione degna di un autoctono: le immagini di boschi, grotte, vallate, lupi e voli di rapaci scorrono davanti ai nostri occhi attraverso suggestive descrizioni.
“Volevamo fare un’Italia unita per davvero. Un’Italia che doveva trovare la sua unità nell’uguaglianza dei braccianti e del popolo, da nord a sud e non in una guerra infame che ha trattato la parte conquistata come Cristoforo Colombo ha trattato gli indiani. Volevamo scegliere di essere italiani.”
Giuseppe Catozzella ha compiuto un lavoro formidabile, strutturato su ricerche accurate, studi approfonditi di testimonianze, lettere, atti ufficiali, ricostruendo fedelmente i fatti e restituendo a noi una narrazione perfetta. Le incursioni dialettali sono accuratissime e donano un tocco di realismo ancora vivido. Il risultato è un romanzo commovente, drammatico, profondamente vero. La grande prosa italiana ottocentesca appare quasi riecheggiare tra le pagine del librone arriva fino a noi. Italiana è un grande insegnamento sempre attuale soprattutto, in questo periodo di profonda crisi dei valori e dei punti di riferimento, abbiamo bisogno forse per trovare una nuova via.
Docente, laureata in Lettere Classiche e Filologia Moderna.
Ha conseguito un Master in Economia e Organizzazione dello Spettacolo dal Vivo, perché il suo sogno nel cassetto è di diventare la giovane manager degli artisti lirici italiani nel mondo.
Dalla spiccata sensibilità, fa dell’istruzione la sua missione quotidiana, plasmando giovani menti, e fa volontariato in ospedale grazie alla sua prepotente voglia di aiutare il prossimo.
Appassionata di musica (di ogni genere), lettura e scrittura, soprattutto creativa.