"Perché, in fondo, il premio cos’è se non il nostro stesso piacere? E cosa c’è di più personale e unico del proprio piacere?" 

Sembra una vecchia ciabatta…” pensò Jacopo, solo ‘Jacopo’ per Lucrezia. Lei era da sempre la sua Cotta, quella con la C maiuscola. Nelle innumerevoli estati al mare, Dio solo sa quante volte aveva sognato di stringere tra le mani quelle belle melette candide che intravedeva da sotto il costume, complice la pungente brezza marina. Ma quella vagina… era strana. A dir poco strana.

Il porno, come del resto il sesso, permea indissolubilmente le nostre vite. Prima dell’avvento dei siti pornografici, di facile accesso a chiunque abbia una connessione internet – ovvero tutti -, termini come ‘grande’, ‘piccolo’, ‘strana’ o ‘strano’ certamente non erano usati per descrivere gli organi genitali di una persona.

Nessuno dei nostri nonni – vi chiedo di non indispettirvi, ma il paragone è necessario – si sarebbe mai sognato di definire una vulva (la vagina è un’altra cosa, il canale interessato dal parto per intenderci, ndr) ‘strana’ e la nostre nonne – lo so, cominciate a sentirvi a disagio – mai si sarebbero sognate di munirsi di centimetro da sarta durante la prima notte di nozze.

Molte cose, rispetto ad allora, sono cambiate ma non tutti i cambiamenti sono necessariamente dei miglioramenti. Il porno ed il libero accesso allo stesso, hanno determinato nel tempo l’affermarsi di standard di bellezza anche per quanto riguarda gli organi genitali, in un processo di perenne e sempre più permeante omologazione.

Così, una cosa banalissima come l’ipertrofia delle piccole labbra (dai, non posso mettermi a spiegare pure questo altrimenti ci censurano… vabbè, ho capito: le piccole labbra “sporgono” di più delle grandi) viene considerata e percepita come “patologica” anche quando non lo è. Questo perché, semplicemente, è considerata “brutta”, lontana dallo standard della vulva telegenica e gradita alla maggior parte dei consumatori.

Per questo, dal Sud America, si sta diffondendo in tutti i Paesi del mondo la labioplastica, l’intervento atto a ridurre le piccole labbra. Negli Stati Uniti, non a caso, è il quarto intervento più richiesto dopo l’evergreen della mastoplastica additiva (e pure lì, parliamo di un carattere sessuale secondario della donna, mica di un orecchio). Per una cosa che si riduce o, meglio, che deve essere ‘tagliata’, ce n’è una che deve essere implementata: le grandi labbra della vulva devono infatti essere gonfiate con filler all’acido ialuronico per essere considerate desiderabili (!?).

“È dannatamente piccolo…” pensò Lucrezia, ‘Lulù’ per Jacopo. A dire il vero, lei era Lulù un po’ per tutti trattandosi del nickname del suo account Instagram. Ma ‘Lulù’, pronunciato da Jacopo, aveva tutt’altro suono. Certo, sui social non puoi scoprire in anteprima le dimensioni di un pene, ma Lulù era sempre stata convinta che Jacopo possedesse notevoli doti nascoste, e non intendeva solo una strabiliante capacità di farla ridere.

I maschietti non sono certo da meno: in pole position troviamo l’ingrossamento del pene che si fa iniettando sottocute l’acido ialuronico (tipo prezzemolo per la chirurgia plastica), con un aumento del diametro fino a 2 o 3 centimetri. Per i più coraggiosi, è possibile anche addentrarsi nel mondo della falloplastica ma vi avviso: è per stomaci forti: viene prelevato un lembo di pelle – provvisto di vasi sanguigni e nervi – da un’area nascosta per reimpiegarlo nell’allungamento.

Esclusi, per ambo i sessi, i casi in cui gli interventi siano richiesti da condizioni patologiche pregresse, è evidente come la maggior parte delle pratiche chirurgiche elencate (e vi assicuro, ce ne sono molte altre) siano determinate da una profonda insicurezza, sapientemente instillata dal materiale pornografico in cui gli attori vengono selezionati proprio in base a determinati canoni estetici, in un processo in tutto e per tutto simile a quello che avviene con attori e attrici in TV o con gli influencer sui Social. Interventi del genere sono estremamente rischiosi per la salute, ivi compresa quella sessuale.
Presumo che vi interessi mantenere l’orgasmo e le zone erogene, dico bene?

Il porno è finzione, come è finzione Batman che riesce a volare aprendo le ali da pipistrello. Vi lancereste nel vuoto aprendo ali fatte con le buste dell’immondizia? Spero di no. Non capisco allora perché dovreste rincorrere standard basati sulla finzione, buoni nella realtà solo a procurare disagio in voi stessi e nei vostri partner. L’importante è divertirsi e godersi il momento. E non intendo lanciandosi dal palazzo come un Batman dello smaltimento rifiuti, intendo a letto.

“Perché continua a fissare la mia vagina?”. Lucrezia non riusciva a partorire alcun pensiero al di fuori di questo. Si sentiva scrutata, analizzata, posseduta dal suo sguardo prima ancora che dal suo corpo. Si sentiva maledettamente a disagio. E che cosa fa una donna quando sente che vorrebbe diventare invisibile? Cerca di nasconderlo. E diciamocela tutta, il 99% delle volte, ci riesce senza che l’uomo di fianco a lei abbia battuto ciglio. Prese l’iniziativa: si mise a cavalcioni su di lui. Del resto, in quell’ultimo porno visto proprio qualche ora prima, i due protagonisti avevano raggiunto l’orgasmo in quella posizione. E lei non vedeva l’ora di godere insieme a Jacopo: bastava muoversi ritmicamente come la ragazza del video, no?
Ah e, ovviamente, spegnere il cervello. 

Quando diciamo cose del tipo “il sesso è libertà” oppure “durante il sesso ci mettiamo a nudo”, affermiamo delle grandi bugie o, semplicemente, nascondiamo a noi stessi la verità

Il momento dell’atto sessuale è diventato con il tempo – al pari degli altri aspetti principali della nostra vita quotidiana – una finzione. Badate bene, però, che non attribuisco alla parola “finzione” alcun significato valutativo, tanto meno di segno negativo. Mi limito a constatare, in maniera neutrale, che anche – e talvolta, soprattutto – in un letto indossiamo delle maschere.

Quante volte vi è capitato, prima di un appuntamento, di maturare la famosa ansia da prestazione? Di aver paura di non soddisfare le aspettative, o di rimanere insoddisfatt*? 

Almeno una volta nella vita (e sono profondamente ottimista) è capitato a tutt*. 

Ma da che cosa dipendono le nostre aspettative? E quando vengono tradite, vi siete mai chiesti rispetto a quali standard? 

“Ma io non ho nessuno standard” starete pensando. Anche a livello di semplice subconscio, probabilmente non è così

Inutile ammettere che la pornografia non sia nata ieri e che accompagna le vite di tutti, uomini e donne, adolescenti e adulti, da tempo immemore. Eppure non è da troppo che il fenomeno viene studiato anche a livello sociologico. Una ricerca del 2017 condotta dagli studiosi americani Wright, Tokunaga, Kraus e Klan ha infatti evidenziato una correlazione media negativa, seppur minima, tra l’uso di materiale pornografico e la soddisfazione sessuale.

La spiegazione è basilare, quasi ovvia. Eppure un vecchio saggio (niente di meno che Hegel!, ndr) si ostinava a ripetere che l’ovvio, proprio perché tale, resta sempre non conosciuto poiché assunto come mero dato senza pensarlo. L’ipotesi si fonda sulla teoria del confronto sociale: in poche parole, gli utenti della pornografia tendono a trovare meno soddisfacenti l’aspetto fisico e le prestazioni sessuali del proprio partner a causa del confronto tra alcune variabili della loro sfera sessuale e quelle relative agli attori (perché, è bene ricordarlo, di questo si tratta!) del porno. 

Si crea insomma una forte discrepanza tra quelle che sono le aspettative indotte dalle pellicole pornografiche e la realtà. La conseguenza diretta? Restare schiacciati dai nostri stessi, irrealizzabili, desideri e sentirci condannati alla perenne insoddisfazione sessuale.

Jacopo, dal suo canto, la guardava dalla sua prospettiva privilegiata con occhi fieri: non poteva essere più eccitato di così. Finalmente aveva sopra di lui l’esemplare di ragazza un “po’ porca” sempre sognata, sempre e solo ammirata grazie alla sua sconfinata – ma certamente non inutile – cultura pornografica. Si sarebbe divertito lasciandola fare per un po’, poi l’avrebbe afferrata delicatamente – ma non troppo – dai capelli e l’avrebbe fatta girare. Avrebbe condotto lui il gioco: del resto, lo schema prevedeva questo no? Alle donne piace essere dominate… lo aveva sentito dire tante volte, così tante che aveva finito per crederci. Era una verità assodata e lui era pronto a dimostrarla. Un dettaglio solo gli impediva di abbandonarsi completamente al piacere: doveva concentrarsi per non venire troppo presto. 

L’insoddisfazione nasce laddove esistono standard palesemente irraggiungibili, propinatici al fine di alimentare l’appetito, ma di non placare mai la fame. Vi ripropongo la metafora utilizzata da una collega al lavoro: “Continuano a offrirci caviale e champagne, ma noi nel piatto abbiamo la pasta asciutta”. 

E non è frustante ammetterlo, è rendersi consapevoli. Di se stessi e degli altri. 

Guardare i porno non è un male, ma fate attenzione ad avere sempre ben presente la distinzione tra la cinepresa e il letto di casa vostra. Le donne non devono a tutti i costi urlare come se fossero travolte da chissà quale piacere dionisiaco per dimostrare che godono e gli uomini non devono tagliare il nastro di una maratona che debba durare forzatamente un’ora. 

Perché, in fondo, il premio cos’è se non il nostro stesso piacere?
E cosa c’è di più personale e unico del proprio piacere? 

Si fa sesso non perché si deve fare bella figura, si fa sesso perché vogliamo godere. E forse, se mettessimo il muto ai nostri pensieri, se non pensassimo costantemente a come dovrebbe essere ma a come può essere, ci divertiremmo molto di più con i nostri partner, scoprendo forme di piacere alternativo: un piacere reale e concreto. 

Non fosse altro che sognando la “scopata perfetta” ci perdiamo per strada quelle decenti

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