"Ma poi alla fine restiamo in superficie, nessuno si tuffa mai davvero nella verità delle cose. Nessuno ama prendersi le proprie responsabilità. Si fa fatica a farci i conti con la verità, probabilmente nessuno la conosce davvero."

“Quando si è così vicini alla morte, quando si è già in volo tra il trampolino e l’abisso, chi penserebbe ad una manifestazione? si pensa ai capelli, alla panna, all’amore”

Attratta dal titolo, ho deciso di leggere Il tuffatore di Elena Stancanelli, edito da La Nave di Teseo, e di fare letteralmente un tuffo in un libro intenso, che a tratti mi ha spaesata, poi mi ha accolta e, alla fine, mi ha fatta riemergere nella quotidianità dei miei giorni, diversa: più ricca di nozioni e punti di vista su cui riflettere per capire da dove è iniziata quella parte della storia.

Inutile è voler fare della retorica intorno alla scrittura di Stancanelli: potrebbe riscrivere anche la Bibbia e renderla scorrevole. Quello che però voglio sottolineare, sono gli aspetti che a me sono arrivati da questo romanzo che in certi punti sembra un’inchiesta in grande stile, in altri un diario scritto a cuore aperto da una donna che forse oggi sta imparando ad amare le sue asimmetrie, insieme alle sue ferite.

Il Tuffatore è tante cose, è intimo, è politico, è  dispersivo. Seguirne gli aspetti richiede attenzione.

Non è una storia che si sviluppa per arrivare al pathos finale;

sono tante storie che si intrecciano e creano un puzzle argomentato che affronta tematiche strettamente contemporanee, che liberano il pensiero collettivo di chi quegli anni non li ha vissuti. Sono nata nel 1991, e quando Raul Gardini si suicidò quel 23 luglio 1993, avevo solo due anni. Non ho vissuto quel tipo di mondo, non ho conosciuto la Prima Repubblica, ma ne porto ancora i segni addosso, come tutt*.

Tolto l’aspetto tecnologico, che ha contributo ad aumentare alcune voragini tra gli esseri umani,  le dinamiche mi sembrano rimaste invariate. Non si pensa mai alle conseguenze, si vuole solo trovare un colpevole a quello che succede intorno a noi: incolpiamo le donne, incolpiamo gli uomini, incolpiamo i magistrati, incolpiamo le industrie. Ma poi alla fine restiamo in superficie, nessuno si tuffa mai davvero nella verità delle cose. Nessuno ama prendersi le proprie responsabilità. Si fa fatica a farci i conti con la verità, probabilmente nessuno la conosce davvero. 

 La verità non l’ha conosciuta nemmeno Raul Gardini, che ha preferito suicidarsi all’alba dell’Inchiesta Mani Pulite.

La relazione tra il mondo della finanza e la politica è una delle più affascinanti che conosciamo, anche la più tossica. Due forze sociali che si influenzano reciprocamente. L’una è il satellite dell’altro. Ma, mentre ci lasciamo distrarre dalle notizie di cronaca, dall’inflazione, dalle guerre, qualcuno oggi continua a muovere i fili delle sorti del mondo e a imputare la colpa a qualcuno. E l’acqua scorre, ancora, da tutte le parti.

Il dualismo tra giusto e sbagliato, affrontato con garbo ed onestà intellettuale dalla Stancanelli accompagna non solo gli aspetti delle nostre vite pubbliche, ma anche quelle delle nostre vite più nascoste. È sempre l’informazione a giocare un ruolo cardine: sia come comunichiamo a noi stessi e sia come lo facciamo con gli altri.

La storia è la protagonista di questo racconto, quella di Elena Bambina che non si riconosce nell’identità borghese troppo stretta di alcuni rigidismi intellettuali, ma che non comprende neanche i grandi misteri della vita dell’uomo, come la morte che incontra la vita di una adolescente.

A colpire in questo libro è proprio la narrazione della morte: quella della Prima Repubblica, quella di R., quella del Padre di De Andrè, quella di Gardini. 

Il termine Tangentopoli, poi, risuona sempre familiare. La politica e i suoi scandali rimangono impressi nel dna dei figli e delle figlie che partorisce.

A colpirmi è stata la tecnica di scrittura scelta dalla scrittrice che, con grande tecnica, porta chi legge a tuffarsi in un capitolo all’altro, in un aspetto all’altro, come in una vasca olimpionica. A spaesarmi è stato il modo in cui la Stancanelli passa dalla sua modalità intimista, che la porta a fare i conti con i propri ricordi da bambina, all’analisi storica dettagliata cucita addosso al personaggio di Gardini, che alimenta la tela. Unisce i puntini, i suoi e quelli della Politica della Prima Repubblica, e fornisce tanti spunti critici per affinare il pensiero critico di chiunque lo legga.

Gardini è solo un filo rosso che unisce e mette insieme tutti gli argomenti che stanno a cuore alla Stancanelli.  Per me è un libro che contiene tutte le moltitudini di Stancanelli. Bisogna tuffarsi e lasciarsi guidare, anche se potrà capitare di sentirsi persi nella profondità di questa storia. La sua. Quella di Gardini. La nostra. 

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