“Il momento americano non è passato. Respingo quei cinici che dicono che questo nuovo secolo non possa essere un altro in cui, con le parole di Franklin Roosevelt, guideremo il mondo nella battaglia contro il male e nella promozione del bene. Io credo ancora che l'America sia l'ultima e migliore speranza sulla terra.” – Barack Obama

La notizia della settimana è la positività al Covid-19 del Presidente degli Stati Uniti D’America, Donald J. Trump e della sua First Lady.

Notizia che arriva in un momento di forte tensione politica e sociale, dovuta da un lato alla crisi economica e sanitaria derivante dalla proclamata pandemia; dall’altro dalle numerose proteste civili dovute all’uccisione di George Floyd, che ancora si ripercuotono fortemente nel tessuto sociale americano.
In questo clima di incertezze, non poteva mancare la portata principale e cioè le elezioni presidenziali del 2020.

I due candidati principali sono il Presidente uscente, Donald J. Trump e il democratico Joe Biden.
Le urne si apriranno il 3 novembre p.v. Difatti, una delle grandi certezze statunitensi è la data delle elezioni, che si svolge sempre il martedì successivo al primo lunedì di novembre.

Ma come si svolge, in concreto, l’elezione del Presidente degli Stati Uniti?                                  

Gli elettori americani sono chiamati alle urne per votare i grandi elettori – collegati alla lista del candidato presidente – che a loro volta andranno a formare il Collegio Elettorale. 

Nello specifico, ogni Stato americano elegge, in base alla propria estensione, una parte dei 538 membri del Consiglio Elettorale. Ebbene, il Consiglio Elettorale è il vero e proprio “elettore” del Presidente, che viene votato con scrutinio segreto – anche se difficilmente i grandi elettori si dissociano dalla lista del candidato Presidente che appoggiano – e senza vincolo di mandato.

I cittadini, difatti, eleggono il proprio Presidente solo indirettamente.

I gruppi di pressione o lobby. Cosa sono e perché se ne parla in riferimento alle elezioni statunitensi?

In generale, un gruppo di pressione persegue la tutela dei propri interessi attraverso l’intervento sui centri di potere, come le istituzioni governative e politiche. Tale intervento è teso ad influenzare il processo decisionale istituzionale a proprio favore. I partiti politici, a differenza, tendono a tutelare l’interesse della “comunità” in senso lato e, per tale motivo, si differenziano dai gruppi di pressione.

Pertanto, l’obbiettivo di un gruppo di pressione è quello di veicolare, attraverso le proprie risorse organizzative, il processo decisionale (o addirittura bloccarlo in alcuni casi) su tematiche riguardanti i propri interessi, le proprie problematiche, creando contatti stabili con tali centri di potere.

Dunque, è necessaria una breve premessa, al fine di comprendere come il contributo dei cd. “lobbysti” sia fondamentale, negli Stati Uniti, per affermarsi in ambito politico.

Nel sistema politico statunitense non sono previsti finanziamenti pubblici ai partiti politici. Per tale ragione, un supporto logistico-economico è di massima importanza per un candidato che vuole addentrarsi nelle dinamiche politiche. Difatti, all’atto pratico, i candidati alle presidenziali statunitensi sono quasi sempre supportati da gruppi di pressione.

Tale sistema trova la sua origine nei primi anni del ‘900, quando i due partiti principali Repubblicani e Democratici decisero di accogliere con favore le donazioni dei privati a supporto dei loro candidati e delle esigenze stesse del partito. La nuova crisi politico-economica portò le società e i gruppi industriali ad intensificare la loro azione di pressione al fine di tutelare le proprie attività che ne avrebbero tratto profitti notevoli – visto il periodo di incertezza – a scapito degli interessi di carattere sociale.

Negli Stati Uniti, il sistema del lobbying è estremamente radicato perché addirittura tutelato dal Primo Emendamento.

Il Primo Emendamento salvaguarda, difatti, la libertà di espressione, conferendo ai cittadini il diritto di potersi rivolgere al Governo al fine di ottenere la giustizia per i torti subiti; ma anche, in un’interpretazione maggiormente estensiva, di poter tentare di influenzare il Legislatore su una determinata tematica.

In tal senso, le uniche limitazioni per i lobbysti riguardano i divieti propri della Costituzione, qualora gli stessi incitino alla violenza o alla diffusione sconsiderata di informazioni mendaci.

Il momento americano non è passato. Respingo quei cinici che dicono che questo nuovo secolo non possa essere un altro in cui, con le parole di Franklin Roosevelt, guideremo il mondo nella battaglia contro il male e nella promozione del bene. Io credo ancora che l’America sia l’ultima e migliore speranza sulla terra.” – Barack Obama

Il dibattito sul sistema del lobbying.

Il fenomeno del lobbying, per quanto tutelato dalla Costituzione americana, nasconde non poche perplessità che hanno dato vita negli anni a numerosi dibattiti.

Principalmente una campagna elettorale, che possa essere definita tale e quindi condurre ad un risultato finale, in un territorio così vasto come gli Stati Uniti D’America, ha necessità di un’ingente quantità di denaro.

I gruppi di pressione, difatti, mettono a disposizione del politico supportato i contributi richiesti per la propria campagna elettorale. Il candidato a sua volta sarà indotto a mettere in atto le politiche d’interesse proprie del gruppo di pressione che ha elargito le proprie risorse a suo favore.

Legiferazione in tema di lobbying

La prima traccia di legiferazione a tema lobbying, viene approvata dal Congresso Statunitense nel 1946 con la “Federal Regulation of Lobbying Act”. In generale, secondo questo testo di legge, chiunque decideva di raccogliere denaro o altre cose di valore al fine di agevolare l’approvazione o meno di una Legge presso il Congresso Statunitense, aveva l’obbligo di iscriversi ad un apposito albo, fornendo specifiche informazioni circa la propria attività. Ovviamente, l’astrattezza del soggetto chiamato ad iscriversi in questi appositi albi, fornì una buona scusante in tema di trasgressioni ed incertezze sulle iscrizioni.

Nel 1995, venne introdotta la “Lobbying Disclosure Act”. La predetta Legge, che nel corso del tempo ha subito numerose modifiche, individua in modo specifico la figura del lobbysta, cosi da garantire un maggior grado di trasparenza nel sistema lobbying, considerata la specificazione sulle modalità e finalità della loro attività.

Nel 2007, a seguito dello scandalo Abramoff (lobbysta repubblicano accusato di finanziamento illecito in campagna elettorale), fu introdotta la “Honest Leadership and Open government Act”, con norme ancora più specifiche sul tema che subirono modifiche sino al 2012.

Come agiscono i lobbysti?

I lobbysti, oltre ai finanziamenti economici, dispongono di una quantità enorme di risorse, diverse dal denaro, da poter investire nella soddisfazione del proprio interesse.

Per esercitare al meglio la loro influenza sui centri di potere, attuano un sistema di promozione di tutte quelle argomentazioni atte a sostenere il “provvedimento” utile ai loro fini, indicendo anche conferenze stampa, informazione di massa con campagne indirizzate all’opinione pubblica, raccolte fondi, donazioni, consolidando così il proprio affiancamento con i membri del Congresso Statunitense.

È necessario sottolineare come i lobbysti cerchino di ottenere maggiore presa politica e sociale su argomenti non ancora consolidati dal Legislatore, che comunque sono sempre ricollegabili al soddisfacimento dell’interesse del gruppo, così da raggiungere in modo più agevole il risultato prestabilito.

Il lobbysmo in Italia

In Italia vi è un vero e proprio vuoto normativo in relazione al fenomeno delle lobby.

Difatti, tale assenza di una legiferazione atta a dar maggior trasparenza al fenomeno crea non poche problematiche, in un periodo storico in cui il finanziamento pubblico alla politica è ormai solo un ricordo e dove i singoli partiti devono trovare misure alternative al loro finanziamento.

Nel 2014 con la Legge n. 13 “Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore”, vi è stato il tentativo di iniziare a sviluppare il sistema lobbystico in Italia.

È opportuno precisare che con la Legge n. 13/2014 viene introdotto un limite per il finanziamento da parte dei privati, che non può essere superiore ai 100.000 euro annui. Inoltre, per quanto concerne le donazioni, le stesse, qualora siano comprese tra i 5.000 ed i 100.000 euro annui, vengono rese pubbliche solo con il consenso dello stesso finanziatore. Infine, la normativa ha definitivamente eliminato i rimborsi elettorali che avevano sostanzialmente sostituito il finanziamento ai partiti.

Altresì, in Italia i partiti godono anche di una piccola quota Irpef (il 2%) che i contribuenti posso destinare loro, indicando il tutto nella dichiarazione dei redditi.

Di particolare interesse risulta l’istituzione, nel 2017, del Registro dei rappresentanti d’interesse in Italia. L’istituzione del presente Registro non ha portato ai risultati sperati. Vi sono state, difatti, problematiche da un punto di vista di mera informazione e genericità delle indicazioni richieste.

È d’uopo sottolineare che una carenza legislativa in merito deve essere necessariamente sanata, appunto per garantire la trasparenza e le regolarità tanto auspicata.
Ma forse, dopotutto, per quanti sforzi poniamo in essere, non riusciamo del tutto ad inglobare il modus operandi dello zio Sam.

Lascia un Commento