L’essere umano per sua natura è un essere imperfetto. Se sei fortunato a rendertene conto prima del tempo, riesci a vivere il resto della vita in pace con te stesso.
La piena consapevolezza della propria imperfezione è alla base di tutti i grandi insegnamenti di vita. L’essere imperfetti, ed avere contezza di ciò, comporta l’irrefrenabile voglia di migliorarsi, di mirare, per quanto possibile, al raggiungimento di quell’utopica perfezione che tanto aneliamo per noi stessi.
Da esseri imperfetti quali siamo, abbiamo la convinzione che tale cruccio affligga solo l’uomo moderno, ma no, non è così.
“Quando ero giovane, tenevo un <diario dei rimpianti> in cui annotavo i miei errori. E non passava mai un solo giorno senza che lo dovessi aprire venti o trenta volte. Non appena capii che sarebbe stato sempre così, decisi di abbandonarlo.
Ancora oggi, quando medito prima di addormentarmi sulla giornata trascorsa, non c’è giorno in cui non abbia commesso qualche sbaglio. E’ quasi impossibile vivere senza commettere errori, ma le persone saccenti non sono pronte ad ammetterlo” – Libro I, n. 173 Hagakure
Nell’immaginario collettivo, difatti, quando si pensa per esempio ad un guerriero, si immagina un uomo – o donna – impavido, capace di avere la giusta tempra per contrastare ogni malevolo ostacolo.
Ed è proprio così che immaginavo, sin da piccola, i Samurai.
Figure mistiche che raccoglievano luci ed ombre di un passato non propriamente lontano.
L’Hagakure, definito come il libro segreto dei Samurai, è la più significativa delle antiche opere letterarie giapponesi arrivate sino ai nostri giorni, capace di far comprendere a pieno la vera etica giapponese e il famoso Bushido: la via del samurai, il codice dei guerrieri giapponesi.
L’Hagakure è un testo che disvela man mano una serie di concetti positivi che fondamentalmente sono celati nel nostro animo più intimo e che riescono ad ottenere la luce che meritano solo attraverso la lettura e la consapevolezza di sé che ne deriva.
Infatti, il termine Hagakure nasce dall’unione di due ideogrammi che significano letteralmente “foglia” e “ nascondere” che possono essere tradotti in “nascosto dalle foglie”.
Titolo alquanto emblematico se si considera che lo stesso fu fatto circolare segretamente fra i samurai e considerato dagli stessi come una vera e propria raccolta di massime da applicare alla propria vita, alla stregua di un testo sacro.
Il testo si compone di ben 1343 brevi passi, suddivisi, in base all’argomentazione trattata, in undici volumi.
Ebbene, per contestualizzare il vero insegnamento insito dell’Hagakure, è di vitale importanza comprendere il periodo storico in cui fu scritto e soprattutto le figure che andarono materialmente a stilarlo.
Chi è l’autore dell’opera?
Yamamoto Tsunetomo (1659-1719) nato da un’antica famiglia di samurai, visse in un periodo di forte cambiamento all’interno della società giapponese sotto la guida di Mitsushige Nabeshina. Dopo le numerose guerre civili, si passò ad un periodo di pace. Da un lato la figura del capo della dinastia dell’epoca divenne una figura riconducibile ad un amministratore delle proprie ricchezze (vista la vistosa crescita economica) e non ad un capo guerriero che si districava tra i conflitti dei vari clan, e dall’altro l’antica figura del samurai perdeva la sua rilevanza all’interno del tessuto sociale, non essendo più necessario fronteggiare conflitti.
Yamamoto Tsunetomo, in considerazione del suo antico retaggio, non accettò mai il cambiamento avvenuto nella società giapponese e continuò a vivere secondo i saldi principi forniti dagli antichi ideali della classe militare e dell’antico codice dei samurai. Egli visse nel pieno rispetto e nella totale devozione per il suo sovrano fino alla morte di quest’ultimo. Essendo oramai proibita dal suo Daimio la pratica del suicidio rituale dei samurai, divenne un monaco Buddhista.
L’Hagakure ci perviene, quindi, attraverso la penna dell’allievo di Yamamoto Tsunetomo, tale Tashiro Tsunetomo che per ben sette anni trascrisse tutti gli insegnamenti forniti dal proprio maestro. Il manoscritto, che doveva essere bruciato alla morte del maestro Tsunetomo, sfuggì a tale nefasto destino ed iniziò a circolare segretamente tra i samurai.
“Quando si è determinati, l’impossibile non esiste: allora si possono muovere cielo e terra. Ma quando l’uomo è privo di coraggio, non può persuadersene. Muovere cielo e terra senza sforzo è una semplice questione di concentrazione” – Libro I, n. 144 Hagakure.
Ebbene, l’Hagakure rappresenta l’ultimo e fondamentale tentativo di tenere in vita un antico retaggio di regole, usi e costumi di un’epoca, quella dei Samurai, dove l’onore e la nobiltà d’animo erano la massima espressione della realizzazione personale.
La classe guerriera giapponese tramandava oralmente (e gelosamente) le proprie regole, solo ed unicamente all’interno di una determinata cerchia di guerrieri, considerati più valorosi e meritevoli di altri.
La figura del Samurai, attraverso questa opera, diviene più umana che mai. Il Samurai non è un semplice guerriero devoto e votato al massacro, vi è qualcosa di più. È evidente che questa antica figura guerriera è da un lato cruda e basica nella reazione, ma dall’altro rappresenta una figura romantica in continuo contrasto con il suo animo.
Un po’ come l’uomo moderno, racchiuso tra quello che la società pretende e il proprio sovversivo essere.
Il Samurai è un turbine di emozioni, di sentimenti che devono necessariamente essere vincolati al raggiungimento di uno scopo. Attraverso determinate regole e una forte autodisciplina, egli riesce a dominare il caos dentro di sé e riesce a farlo divenire pura e semplice luce.
La vita del Samurai è scandita da rigorose tecniche di preparazione fisica e spirituale. Una mente allenata è sicuramente più attenta ai particolari e fortemente razionale nell’affrontare le avversità.
Le regole che si applicano nella vita militare, diventano dei principi a cui ispirarsi nella vita quotidiana, così da non perdere mai il controllo di sé stessi e delle proprie emozioni.
“Ai giovani Samurai si devono insegnare le virtù marziali, di modo che ciascuno di loro sia convinto di essere il guerriero più valoroso del Giappone. Al tempo stesso ogni giorno i giovani samurai devono valutare i loro progressi (…) e sbarazzarsi al più presto delle imperfezioni” – Libro II, n. 32 Hagakure.
La devozione al loro sovrano è la vera essenza del loro concetto di vita e di morte, che non è mera e semplice rassegnazione al proprio destino, ma capacità di devozione al proprio sovrano, inteso come devozione ad una propria causa personale.
Il Samurai non è rassegnato alla sua morte sul campo di battaglia, non è una mera macchina da guerra, egli è un essere umano che è preparato a qualsiasi evenienza possa presentarsi, anche quella più nefasta. Un concetto assai differente, come possiamo notare.
Nonostante la presenza della pratica rituale e tradizionale del suicidio per sventramento del samurai, chiamata Harakiri o Seppuku.
Il Samurai attraverso la totale eliminazione della paura della morte, sconfigge i propri ostacoli personali e il concetto di esitazione dinnanzi a qualsiasi problematica si presenti dinnanzi a sé.
Il concetto di vita, in considerazione di quanto appena argomentato, assume un connotato prettamente positivo per il Samurai. La vita è unica e va vissuta intensamente fino all’ultimo istante, predominando un concetto prettamente buddhista di fatalità.
Il rispetto della vita, secondo gli insegnamenti dell’Hagakure, deve essere ricondotto anche alla vita del proprio avversario.
“Di fronte ad una disgrazia non è sufficiente rimanere calmi. Quando sopraggiunge la sventura, il samurai deve rallegrarsene e andare avanti con coraggio. Un’attitudine simile differisce radicalmente dalla rassegnazione. Questo è ciò che afferma il detto: <quando le acque salgono, la barca fa altrettanto>” – Libro I, n. 116 Hagakure
Vitale, per il Samurai, è il concetto di onore.
Il Samurai deve essere leale sia nella vita privata che nel campo di battaglia. Deve essere d’esempio sempre anche quando la sua condotta ha conseguenze nefaste.
La lealtà delle proprie azioni porta alla vittoria in battaglia, ma anche alla vittoria contro sé stessi, nel superamento dei propri limiti.
La vera realizzazione della propria vita si attua attraverso la realizzazione dei propri doveri, che devono essere posti in essere con onore, lealtà mettendo da parte i propri interessi personali a favore del proprio sovrano e della vittoria nel campo di battaglia.
Per un guerriero giapponese il disonore è una delle peggiori disgrazie, anche peggio della morte stessa.
Un concetto di lealtà che è attuale più che mai anche nell’era moderna, dove il concetto solidaristico è sempre più latente.
“Oggi siamo più abili di ieri, domani saremo più abili di oggi. Per tutta la vita, giorno per giorno, siamo sempre migliori” n. 42 Hagakure
Quanto appena descritto, non rappresenta un obsoleto manuale di sopravvivenza. Alcune delle regole disciplinate all’interno dell’Hagakure possono determinare un cambiamento positivo in ogni essere umano.
La lealtà, la solidarietà, la disciplina individuale, sono e saranno sempre delle virtù a cui ambire.
Tutti gli individui hanno un proprio concetto di perfezione. Alcuni concepiscono il raggiungimento della stessa perfezione come semplice raggiungimento della felicità e come sappiamo il concetto di felicità cambia da persona a persona.
L’Hagakure rappresenta una buona, anzi ottima base per chi vuole migliorare ogni giorno, che sia una battaglia, che sia un gioco, che sia semplicemente l’idea di amore che ognuno vuole raggiungere.
Ogni essere umano, forse, è il guerriero della propria storia e non è giusto d’altronde essere devoti ad un qualcosa o qualcuno? Per esempio noi stessi?
Avvocato penalista, nata a Cosenza.
Socia della Camera Penale di Cosenza “Avvocato Fausto Gullo” e componente dell’Osservatorio “Diritto e Società” della stessa, impegnata nel sociale con club service internazionali e associazioni, è co-fondatrice dell’associazione culturale Xenìa di Cosenza.
Appassionata di letteratura, musica, viaggi, vinili, vintage… Ed è anche una polistrumentista!