Sottovalutare il mondo del videogame nel 2020, settore che sul mercato fattura 40 miliardi di dollari l’anno, è praticamente impossibile. Tra utenti al limite del fanatismo e la diffusione di stereotipi legati più allo stigma nei confronti dell’innovazione tecnologica, comune ad ogni generazione, che non a critiche ragionate, il fenomeno del videogame e di una sua narrazione e interpretazione professionistica ha preso sempre più piede negli ultimi anni e non stenta a mollare la presa.
Per cercare di comprendere le ragioni e la natura di tanto successo e del futuro del settore, abbiamo parlato con uno dei più affermati tra gli addetti ai lavori: Corrado Cozza, in arte DadoBax, giovane youtuber cosentino, con quasi 150 mila iscritti al suo canale.
- Come nasce l’idea di diventare youtuber, da dove hai iniziato?
Ho iniziato studiando Ingegneria Informatica presso l’Unical perché il mio desiderio era quello di svilupparli, i videogiochi, e lì sono rimasto fino al 2016. Mi sono laureato nel 2015, ma subito dopo, durante la specialistica, nonostante il pensiero un po’ retrogrado che si ha qui al Sud Italia di Youtube e nonostante i miei genitori mi avessero consigliato di tenere la strada del web come hobby, ho scoperto che il mondo della rete è estremamente affascinante, composto da tanti ragazzi che si mettono in gioco, parecchio variegato e mi ci sono immerso.
Mi ha fatto sentire inserito in un contesto di pionieri, che creano le basi per quelli che saranno gli influencer del futuro. Ho avuto la fortuna di cominciare quest’avventura quando il medium era ancora in fase embrionale, quando neanche gli investitori riuscivano a capirne la reale portata, e ho potuto assistere alla sua maturazione tramite una serie di prove ed errori che hanno permesso ai creatori di contenuti di ritagliarsi uno spazio sempre più importante e vedersi riconosciuto il loro lavoro, anche in termini economici.
- Negli ultimi anni grazie a Youtube si è assistito ad un’esplosione del mondo del videogioco e della sua narrazione grazie a tanti creatori di contenuti che ne hanno saputo esaltare il lato artistico, ma secondo te il videogioco è inquadrabile come una categoria artistica?
Non c’è dubbio! Bisogna partire dalla premessa che il videogioco è un mezzo artistico e come ogni mezzo artistico ha bisogno che ci sia un interprete dall’altra parte a coglierne l’essenza. Per il videogioco questo discorso è ancor più significativo. Mi spiego meglio. Pensate al cinema: lo spettatore che guarda il film lo interpreta anche in base alla propria emozionalità, ma indipendentemente da ciò che lo stesso faccia, il film andrà avanti fino ai titoli di coda. Lo stesso dicasi per un libro giallo: non importa quanto il lettore sia abile a decifrare gli indizi, alla fine del racconto, comunque, l’investigatore arriverà a risolvere il caso.
Per il videogioco è diverso. L’interattività dello stesso fa sì che gli eventi dipendano in maniera fondamentale dalle scelte e dalle abilità del videogiocatore, che possono decretare la resa qualitativa, in termini di approccio del singolo, dell’opera. Il videogioco, tecnicamente parlando, altro non è se non linee di codice, un po’ come uno spartito musicale. Se dessimo uno spartito musicale di un’opera, ad esempio, di Beethoven ad un bambino, difficilmente riuscirebbe a farne scaturire una forma d’arte, al più potrebbe divertirsi premendo i tasti del pianoforte, diversamente da quanto sarebbe in grado di fare, ovviamente, un musicista navigato.
Il punto sta proprio qui: guardando su YT qualcuno più abile, si riesce a cogliere aspetti che prima era improbabile trovar da sé, e un po’ per emulazione, un po’ per stupore, ci si sente coinvolti di più dall’avventura.

- Ma perché questi discorsi risultano ancora di nicchia? Perché c’è ancora chi storce il naso quando sente che il videogioco è Arte oppure Sport?
Andiamo con ordine, perché si rischia di far confusione. Il videogioco contiene in sé una vasta gamma di categorie che permettono tipi di interazione diversi. Quando parliamo di videogioco come forma d’arte tendenzialmente ci riferiamo ad un gioco single-player, story driven, mentre quando parliamo di sport o di competizione guardiamo ai giochi multiplayer che difficilmente hanno una storia, oppure, se la hanno, non è il cardine dell’esperienza, ben potendo essere tralasciata.
In League of Legends, per fare un esempio, vi sono una miriade di personaggi, ognuno col suo background narrativo, che non hanno una vera e propria incidenza strutturale sul gameplay. Nel primo caso, che è il mio campo di lavoro, non è neanche un discorso di “nicchia” o meno – basti pensare che l’industria del videogioco è di gran lunga una delle più floride del pianeta – quanto più di una chiara avversione nei confronti del mondo videoludico che alcune, se non parecchie categorie di persone, provano.
Anche chi non è appassionato non guarda al videogioco con indifferenza, anzi capita, spesso e volentieri, che ci si schieri contro per partito preso, come nei famosi casi di GTA o Fortnite, tacciati di essere pericolosi per la socialità.
- Sappiamo ad esempio che giocare a scacchi aumenta le abilità mnemoniche o di strategia, ma non riusciamo ad inquadrare questo discorso quando parliamo del mondo videoludico e dei suoi giochi. Sviluppano abilità? A cosa servono?
Risposi tempo fa ad una domanda simile che mi fu posta da una giovane studentessa di una scuola media, durante un mio corso di educazione digitale, la quale mi chiese: “cosa rispondo ai miei genitori quando mi chiedono a cosa servono i videogiochi?”. La stessa risposta che diedi all’epoca voglio darla ora: cosa aggiunge al nostro essere saper suonare, saper disegnare, cantare o scolpire? Lo si deve fare per forza per uno scopo utilitaristico? Io non credo.
Lo si fa perché è bello, perché è artistico e l’arte non ha bisogno di un fine per esistere. Non si può vivere di solo pane. Il focus poi è diverso per le varie categorie di gioco: uno sparatutto cooperativo potrebbe aguzzare la capacità organizzativa o i riflessi, mentre un gioco come Life is Strange, cioè un’avventura immersiva single-player, è bello di per sé senza necessità di sviluppare alcuna abilità.
- Stiamo assistendo ad una rinascita del gaming per PC negli ultimi anni, secondo te da cosa dipende?
In realtà il PC non ha mai conosciuto una vera crisi, quello di fascia alta almeno. Discorso diverso per quelli che io chiamo i PC budget friendly: ci sono stati, nel corso del tempo, momenti in cui conveniva avere un computer dal prezzo abbordabile per giocare, ma è quasi sempre stato vero il contrario, cioè una netta preponderanza nell’acquistare console. Il confronto invece con i PC di fascia alta si è basato più che altro sulla questione delle esclusive.
Si è smesso di giocare coi computer perché i giochi migliori venivano prodotti per console, spegnendo i riflettori sul pc-gaming, come nel 2017, anno che ha visto la comparsa sugli scaffali di Horizon Zero Dawn, uno dei giochi esteticamente meglio realizzati, ed è un gioco per PlayStation 4. Un’inversione di rotta rispetto al passato: prendiamo Crysis, che nel 2007 fu pensato esplicitamente per PC.
Negli ultimi anni è stata percorsa un’altra via ancora, come nel caso più recente di Cyberpunk 2077, che certo è pensato anche per essere un gioco per console, ma permette a tanti utenti, che vogliono smanettare a livello tecnico o grafico, di avere un versione PC che consenta loro di ottimizzare le prestazioni.
- E le console invece? Sono destinate a lasciare il passo al computer nel prossimo futuro?
Il futuro delle console a mio parere è destinato a confluire nel mondo dello streaming. Basta guardare l’evoluzione negli altri campi. Chi oggi acquista un lettore Blu-ray per guardare un film o un disco fisico per ascoltare la musica? Pochi o quasi nessuno. Tutto è ormai facilmente fruibile su piattaforme come Netflix o Prime Video nel primo caso e Spotify nel secondo. Allo stesso modo i videogiochi.
Questa generazione appena approdata sarà necessariamente fisica, ma tra una decina di anni la musica per le console è destinata a cambiare. L’utente console vuole essenzialmente aprire la tv ed attaccare a giocare (non che questo sia un disvalore) e in questo senso l’evoluzione propende per servizi streaming che consentano di aprire la tv, prendere in mano il pad e scegliere da un catalogo fornito dalla piattaforma.
Microsoft si è già mossa in questo senso con il Game Pass, ma siamo solo ai livelli prodromici del cambiamento. Il mondo PC invece continuerà tranquillamente per la sua strada, perché gli appassionati di computer gaming non sono solo appassionati del videogioco ma anche della macchina che permette al videogioco di girare meglio, un po’ come gli appassionati di motori.

- Parliamo dell’ascesa di Twitch dell’ultimo periodo e di tanti youtubers che stanno decidendo di spostarsi sulla piattaforma live streaming. Cosa ti motiva a restare su Youtube e cosa o quali videogiochi in particolare ti hanno motivato a metterti in gioco?
Twitch sta facendo grossi passi avanti, ma guai a considerare Youtube come morente. Tutto l’opposto! La concorrenza ha fatto in modo che Youtube cominciasse una politica di fidelizzazione dei suoi content creators, invogliandoli a rimanere, anzi coccolandoli, ragion per cui gli youtubers se la passano davvero bene.
Tra l’altro oggi sono possibili, grazie alla visibilità che la piattaforma ha acquisito negli anni, discorsi che prima non era pensabile poter fare sul gaming e ciò che gli gira attorno. Una volta di videogiochi ne parlavano solo le riviste specializzate e buttar giù una recensione senza essere collegati ai colossi dell’informazione videoludica poteva addirittura risultare motivo di scherno dei soliti che dicevano “trovati un lavoro vero”.
Ora invece capita che la mia personale recensione di The Last of Us 2 sia la terza più vista a livello nazionale e che il nostro lavoro venga apprezzato anche dagli investitori che producono console e videogiochi tanto da farci avere la PlayStation 5 o la Xbox Series in anteprima, e questo è motivo di grande orgoglio.
Per quel che riguarda cosa mi ha spinto a intraprendere questa professione e se c’è un gioco in particolare che abbia stimolato tutto questo, devo dire che non c’è stato nessun gioco a spiccare sugli altri, semplicemente volevo portare al pubblico la mia visione, le mie sensazioni e le emozioni che legano tutti noi al giocare.
NOVA ringrazia DadoBax per l’estrema disponibilità dimostrata.
Qui sotto il link al suo canale YouTube!
https://www.youtube.com/channel/UCCY9Z4jRFaGxMr_tglHV5-w
Cosentino classe 1995.
Studente di Giurisprudenza presso l’Università della Calabria e con un’inclinazione per l’ambito penalistico, ambisce alla carriera magistratuale grazie al suo amore per la giustizia e al bisogno di guardare sempre con occhio critico la realtà.
Sogna tutti i suoi mille sogni nel cassetto e condisce ogni giorno con una sana dose d’ironia.
Appassionato di politica, musica, cinema e sport!