Gli anni ’90, un’eredità dubbia e polivalente

"Il popolo italiano si è adagiato sul proprio benessere, chiudendo più di un occhio rispetto alla corruzione e al malaffare presenti nel palazzo del governo. Episodi che si ripetevano nel tempo già dai favolosi '80. "

L’ultimo decennio del secolo scorso ha lasciato in eredità una situazione socio-politica a dir poco complessa. Nel 1990, mentre negli Stati Uniti d’America si stava per concludere la presidenza di Reagan, l’Unione Sovietica era in pieno disfacimento. Nel 1991 l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche venne dichiarata ufficialmente sciolta.

Il 28 aprile del 1990 venne convocato un Consiglio Europeo straordinario dovuto alla necessità di riorganizzare il Continente in seguito alla caduta del Muro di Berlino ed alla riunificazione della Germania. Da questo momento in poi iniziò realmente la pianificazione di un’Europa unita da un punto di vista politico, con il successivo progetto della moneta unica.

Nel frattempo, in Italia, nel 1992, il P.M. Antonio di Pietro ottenne un ordine di cattura nei confronti di Mario Chiesa, membro di spicco del PSI milanese, dando inizio alla più grande inchiesta giudiziaria della storia dell’Italia repubblicana.

Nel 1994 Silvio Berlusconi, con un discorso trasmesso nelle principali reti nazionali, annunciò la nascita di Forza Italia e la sua candidatura alle elezioni politiche vincendo, successivamente, con il 43% delle preferenze. Il primo governo Berlusconi durò soltanto un anno ma diede vita ad una fase storica del tutto nuova per la politica italiana. La seconda Repubblica, infatti, sarà contraddistinta dalla netta contrapposizione tra il centro-destra berlusconiano e la sinistra.

Dal lato economico, gli anni ’90 videro in principio una crescita esponenziale del Paese, tanto da essere inserito, nel 1991, come quarta potenza economica a livello globale. Ciononostante, nel ’92 arrivò il cosiddetto mercoledì nero: a seguito di un attacco speculativo senza precedenti, la lira perse il 30% del suo valore rispetto al dollaro americano. Nel 1993 l’Italia andò in recessione per la prima volta dopo vent’anni. Per tale ragione, si dovette imporre una maggiore pressione fiscale per poter rispettare il trattato di Maastricht firmato per entrare a far parte dell’Unione monetaria.

La domanda che è bene porsi, a seguito di questo breve excursus, è quale eredità ci abbiano lasciato gli anni ’90 e se non sia un semplicistico stereotipo il celebre “si stava meglio prima”. Bisogna affrontare un’analisi minuziosa degli effetti prodotti dalle manovre politiche ed economiche del periodo temporale in considerazione.

Le speculazioni economiche verificatesi negli anni ’90 non sono state finalizzate alla realizzazione di investimenti sul futuro dell’Italia che, già nei primi anni del 2000, ha visto sgretolarsi le proprie certezze finanziarie tra l’introduzione della moneta unica e la grave crisi economica globale, di poco successiva. Parlare di cause ed effetti della crisi vissuta nel primo decennio del XXI secolo risulta poco pregnante ed assai riduttivo. Ciò che desta, in questa fase, maggiore attenzione sono le conseguenze feroci che ancora oggi subiamo.

Fenomeni come il populismo (a tratti dilagante) e, addirittura, il complottismo nascono da una forma di non accettazione delle grosse difficoltà affrontate dalla società che è essa stessa figlia degli errori commessi, anche, negli anni ’90.

Il popolo italiano si è adagiato sul proprio benessere, chiudendo più di un occhio rispetto alla corruzione e al malaffare presenti nel palazzo del governo. Episodi che si ripetevano nel tempo già dai favolosi ’80.

Tutto ciò ha portato alla formazione di una consuetudine tutta “italiana” nella gestione della cosa pubblica, dello Stato, del sociale in generale.

Le problematiche radicate nella realtà socio-politica odierna traggono certamente origine dallo sfrenato pressappochismo che ha caratterizzato il tessuto amministrativo dei decenni passati.

La difficoltà risiede nell’invertire il trend, ponderando scelte e decisioni, già nel quotidiano, imparando a non ignorare l’insegnamento derivante dalla storia, al fine di non ricadere in errori pregressi.

Ciò che appare, infine, preoccupante, rispetto al lascito della situazione socio-politica degli anni ’90, è l’incertezza e la sfiducia nei confronti delle istituzioni da parte del cittadino. Si è venuta a creare una sorta di distanza, difficoltà di comunicazione e di comprensione delle esigenze reciproche. Nonostante il carattere sempre più sussidiario del nostro ordinamento, le amministrazioni, locali e centrali, paiono sorde e cieche, troppo spesso, rispetto ai bisogni del singolo e della collettività.

L’inefficienza istituzionale è aggravata da una burocrazia cronica che ingolfa l’agere pubblico. Le innumerevoli crepe sociali, formatesi nel tempo, fanno fatica a rimarginarsi; ciononostante è compito delle nuove generazioni farsi carico, in maniera lucida, delle attuali faglie e ricostruire il tessuto sociale e politico di una nazione, una comunità in assoluta difficoltà.

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