Irene, Irene, Irene… che mi hai fatto con questo libro!
Mi soffermo sul tuo anno di nascita, coincidente con il mio, 1991… e ancora una volta, come il più insicuro tra gli insicuri, mi chiedo come stia vivendo la mia vita.
E mentre c’è chi revisionerà il mio pezzo con gli occhi straordinari da autrice maledetta, mi perdo ancora una volta nella copertina patinata e riflettente del tuo primo romanzo “Il profilo dell’altra” (Roma, edizioni e/o, 2022) in cui la realtà tangibile del linguaggio, così vero e moderno, mi colpisce più forte di un pugno allo stomaco anche adesso, a libro ormai concluso.
Due personalità forti emergono da queste pagine: Maia e Gloria; mi piace immaginarle come due lati ben distinti del tuo essere – quelli che ti confondono nelle giornate in cui ti fermi a pensare troppo.
La prima, una fan sfegatata di Law & Order (proprio come me nelle notti insonni prima di un esame importante), si mostra come un’eterna infelice, un essere umano cinico, ma attento ai dettagli, meticolosamente descritti in ogni passaggio, tra caramelle gommose che sento ancora sotto i denti, odori stantii che invadono la mia barba seppur me ne prenda cura quotidianamente, cenere negli angoli di una casa “non fumatori” e nella volontà di non mostrarsi insicura al resto di un mondo piccolo, molto piccolo.
Dall’altra parte, Gloria; una ragazza giovanissima, privilegiata e influencer; che, anche se figlia dei social, non è figlia di nessuno, persa nei video in cui condivide la sua vita, in brand, in eredità, in parole fatte, e in discorsi costruiti… che scriverà Maia per lei; e mentre mi chiedo se la stessa Maia sarebbe potuta essere l’autrice del fatidico discorso “Alla piccola me” di Chiara Ferragni, Gloria cerca la sua vera intimità, il suo vero profilo, quello che non si basa su un algoritmo, ma su emozioni reali, facendo a pungi con chi pensa che la vita sia solo al di là di uno schermo sporco.
In questo tuo primo romanzo, l’intreccio e la narrazione, cara Irene, sono disarmanti: non si ha il tempo di capire in che luogo siamo, che i pensieri dell’interlocutore si fanno chiari davanti a noi… il tutto degno di una serie Netflix, che potevo già vedere, scena dopo scena, nella mia testa;
Netflix sound effect included.
Vorrei dirti che non immaginavo assolutamente il finale, ma mentirei, perché l’ho capito alla prima canna di Maia sul divano, tra le prime pagine, ma ho continuato a ingerire ogni parola, come se volessi essere contraddetto quanto prima.
Mi hai fatto credere di essere Maia, mentre imbroglio nella stesura di un curriculum e quando, in maniera scialba, vivo la mia quotidianità.
Mi hai fatto credere di essere Gloria, mentre registro uno dei miei stupidi video di TikTok e mi rendo conto che nemmeno il mio compagno riderebbe alle mie battute.
Mi hai fatto essere Filippo, Edoardo, Anna, Valentina, portando dentro di me una tale confusione, che se dovessi aprire un nuovo profilo Instagram potrebbe chiamarsi anche @confusedbyGraziosi – mi sono accertato della disponibilità dell’utenza.
Ci hai regalato un libro moderno, concreto, diretto, che ci sputa addosso la cruda realtà di chi un profilo, se non è fatto di pixel o non è schermato da un vetro temperato, non riesce a sfiorarlo neppure con la punta delle dita. Ci hai fornito una guida alla libertà di scegliere, ma specialmente alla libertà di capirsi e di trovare il modo di ascoltarsi in maniera chiara, senza giudizi… trasformandoci nei leoni da tastiera di noi stessi.
“Il profilo dell’altra” diventa “il mio profilo” o ancora meglio “il nostro profilo”, perché è simbolo della necessità che risiede in ognuno di noi di essere notati con invidia feroce o assoluta venerazione; un desiderio che nasconde, in realtà, l’irrefrenabile volontà di essere visti per ciò che siamo realmente, senza fronzoli o filtri.
Non a caso, lo specchio in copertina, mi ha spesso ricordato che le mie rughe, specialmente sui miei social, forse non funzionano, ma imperterrito, senza bisogno di un cartoncino di LSD che si scioglie sulla lingua, mi sono lasciato inebriare da quell’iper realismo che Maia, nella sua assenza di leggerezza, ci ha donato.
E mentre mi chiedo se con i tuoi quasi 50k followers su Instagram a vote ti senti triste come Gloria, o indifferente come Maia, voglio godermi la lettura del tuo libro per una seconda volta (forse anche una terza), per evitare di dimenticare di guardarmi nudo allo specchio, anche senza piacermi particolarmente, cercando di disegnare con sicurezza il mio profilo, ricordando che esisto, specialmente ai miei occhi.
P.S.: Cara Irene, mi hai conquistato con facilità, ma con più precisione, a pagina 22:
“Mi chiedo se io esista realmente, o più in generale, se magari si esiste solo se c’è qualcuno che ci vede”.
– non so ancora rispondere, ma vorrei imparare ad essere il qualcuno di me stesso… ma per non sbagliare, continuo a guardarmi allo specchio.
Social Media Strategist, cosentino classe 1991, fluente in 3 lingue.
Laureato in Giurisprudenza per caso, in Marketing e Comunicazione per scelta, ha vissuto a Roma, Milano, Alicante, Boston, Londra… Ma per lui nessun posto è come “casa”.
Eletto vincitore della Hult Business Challenge da una giuria di Google per il suo progetto sui matrimoni calabresi intitolato “WEDDIE”.
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