Tarda serata di giovedì 4 marzo. Eravate ancora svegli? Io sì, in un avvincente e produttivo scorrimento della home di Instagram, in attesa di prendere sonno. Tv accesa, per compagnia. Rai1, per tradizione: terza serata di Sanremo 2021. La noia mi assale, Morfeo ancora no. Passano le canzoni, butto l’occhio alla tv e Amadeus riesce finalmente ad attirare la mia attenzione presentando sul palco un asso del calcio italiano, Donato Grande. Mai sentito? Io no. Curiosa e attenta, dimentico il telefono… e pure Morfeo!
Donato è un giocatore nazionale professionista, classe 1991 (la mia!), originario di Trani, tifa Milan e adora Ibrahimović. Per sua fortuna Zlatan è lì, a far da “padrone di casa”.
Dopo l’intervista di Amadeus, il campione svedese li raggiunge sul palco, per conoscere Grande e sfidarlo a passaggi. Ibra robotico. Donato impaziente. Arbitro: Amadeus (zan-zan!). Pronti? Calcio di inizio:
Ibra – passa a Grande – Grande twista, rilancia – Zlatan temporeggia, prende confidenza col la palla, stoppa, ripassa – Grande. Piroetta, rimodella il gioco, fa allungare Zlatan, che raggiunge il pallone, risponde di tacco – di nuovo Grande. È deciso, riattacca – Grande, Grande, Grande conquista la metà campo… Ops! Il palco!
Siamo ancora all’Ariston! Donato Grande conquista anche la mia attenzione e il mio entusiasmo!
Ibra, sciolto e sorridente, si svincola dal suo essere impietrito, stile gargoyle di Notre Dame. Donato, divertito e professionale, cela emozioni che, però, lascia sfuggire dagli occhi. Alla fine della giocata, da tradizione, i due campioni si scambiano le maglie. Zlatan gli posa la ‘rossonera’ firmata sulla spalla mentre Donato ancora indossa la sua di maglia, orgogliosamente azzurra, ‘numero 10’, seduto sulla sua carrozzina.

Sì! Donato, per giocare a calcio, ha bisogno di una carrozzina elettrica, perché nato con l’atrofia muscolare spinale (SMA), patologia neuromuscolare che non gli ha certo impedito di diventare attaccante e bomber italiano di quello che si chiama Powerchair Football (o Calcio in carrozzina). Grande, laureato in “Consulenza professionale per le aziende e marketing e comunicazione d’azienda” all’università di Bari, è socio fondatore dell’ASD Oltre Sport. Ha dato vita ad una squadra, una delle poche esistenti attualmente in Italia, dedicandosi alla sua passione per questa disciplina.
Si gioca su un classico campo da basket, delimitato da nastro adesivo. Ogni squadra è formata da quattro giocatori (portiere incluso), viene posta una protezione ai piedi della carrozzina, in modo da calciare, quindi attaccare e difendere. Il pallone ha un diametro di massimo 33 cm. Vince, ovviamente, la squadra che segna più reti, nei due tempi da 20 minuti ognuno.
Il Calcio in carrozzina non è sport nato da poco. Si inizia a giocare negli anni settanta in Francia, poi si espande in Europa. Da qui fa il giro del pianeta. È dal 2007 che si disputano i campionati mondiali. A Parigi, vi è la sede della Fédération Internationale de Powerchair Football Associations (Federazione Internazionale delle Associazioni di Calcio in Carrozzina) – o FIPFA.

In Italia se ne sente parlare ancora poco anche se, nel 2017, ha ottenuto il riconoscimento ufficiale dal Comitato Italiano Paralimpico. Ora è promosso dalla Federazione Italiana Paralimpica Powerchair Sport (FIPPS).
È sport all’avanguardia, che rappresenta uno dei migliori strumenti di inclusione sociale, superando le difficoltà che una persona con disabilità motoria può incontrare. Esistono anche altri sport ‘in carrozzina’, quali il basket o il tennis. Regalano tutti le stesse possibilità e le stesse emozioni e, come ogni sport, sono forma d’arte, perché creano armonia, quindi bellezza.
È proprio questo che ho visto guardando quei due tiri di Donato, e sbirciando qualche video su YouTube (Donato lo ha scoperto così!). Non conoscevo il Powerchair Football. Folgorata dallo stile, dalla maestria di questo campione, guardavo, coinvolta, il modo in cui si destreggiava, la coda dell’occhio che seguiva la palla, anticipando il movimento di quel secondo essenziale ad entrare a pieno ritmo nell’azione, così da mettere d’accordo mossa, palla e pure carrozzina! Perché Donato stoppa, si gira e rilancia, come si fa quando si gioca a pallone. Solo, lo fa su due ruote. Poi, il calcio, si sa, devi averlo prima in testa.
“Sono riuscito a esternare maggiormente la comunicazione non verbale con gesti atletici importanti, come i twist (piroette), emozionando spero, il pubblico da casa, rispetto alla comunicazione verbale.” – scrive Donato sul suo profilo Instagram.
Ci è riuscito eccome! È riuscito a far conoscere questo sport avvincente a tanti, ma soprattutto ha emozionato.
Ad affascinarmi sono state la sua bravura e la sua simpatia, da calciatore e campione.
Si tende spesso a restare ammaliati da chi gioca così solo perché lo fa ‘in carrozzina’, l’entusiasmo e l’ammirazione ingiustamente influenzati da pietismo e buonismo che, a parer mio, a nulla servono se non a sottolineare erroneamente la “diversità” (che tale non è) di chi ‘non può’, ma ‘lo fa lo stesso’ (che poi, cosa significa?!). Quando è così, perdiamo un po’ tutti. La carrozzina c’è ed è un dato di fatto. È anche giusto applaudire forte chi riesce a rompere le barriere. Ma facciamolo, prima di tutto, per il Campione. Sulla carrozzina c’è una Persona, la quale può suscitare simpatia come antipatia, ammirazione come biasimo.
Vinciamo così. Vinciamo insieme. Vinco io se mi emoziono, vince Donato se arriva alle persone, prima ancora di dimostrare che ci sta riuscendo con una carrozzina. Inclusione non è solo accogliere, ma sentirsi in un certo senso uguali, fare parte di un’unica cosa.
Sarà che crescendo fra gli spalti dello stadio del mio Cosenza, sono stata abituata a vedere Tifosi che la partita devono guardarla da seduti, ma non per scelta, e altri Tifosi che fanno di tutto per incentivare l’inclusione, in un ambiente solidale che forma e influenza l’idea che tutto questo, deve essere normale. Che poi, “normale” significa anche “a norma”!
Il mondo attorno a noi dovrebbe, infatti, essere tutto pensato e progettato tenendo prima conto dell’esistenza di tutte le possibili condizioni motorie delle persone. Sono i luoghi che devono adattarsi a chiunque. Non il contrario. Ma non è ancora così ovunque.
Questo problema dobbiamo sentirlo tutti come nostro. Così quando troviamo una macchina in sosta davanti la discesa del marciapiede o sulle strisce gialle di un parcheggio; quando le strade della città sono troppo tortuose per le ruote di una sedia a rotelle; quando in edifici pubblici e privati, ci sono evidenti ostacoli di percorrenza per una carrozzina e da qui a non finire, fra i labirinti di innumerevoli barriere architettoniche, ancora presenti in molti comuni del nostro Paese, nonostante la presenza di una normativa datata (Legge n. 41/1986, richiamata e perfezionata da leggi successive), ci dobbiamo arrabbiare un po’ di più. E dove c’è rabbia, non c’è indifferenza.
Spero, se ancora non conoscevate questo sport, di avervi incuriosito. Magari anche voi rimarrete ammaliati, come è successo a me, da quei due passaggi di questo campione che, come fanno i campioni, segna gol negli animi. Facendo applaudire di cuore, in un entusiasmo puro e improvviso, identico a quello che, sugli spalti, sotto il sole, in un grido corale di gioia esplosiva, si prova dopo quel gol fulmineo, acchiappato a fatica dagli occhi attenti di chi sa di non avere il replay. Ho provato questo. Quello che provi quando tifi religiosamente, grazie a quelle emozioni che solo il calcio ti sa dare.
Donato e la nazionale italiana di Calcio in carrozzina avranno una tifosa in più. Immagino, domani, gli spalti del Powerchair Football ancora più pieni! Questo è un gioco coinvolgente, che sottolinea la potenza dello sport nel mettere tutti d’accordo, dando a tutti la possibilità di farcela, di vincere.
“Il messaggio che si è voluto trasmettere e che spero sia arrivato, è che tutti abbiamo un sogno e tutti abbiamo il diritto e il dovere di provare a raggiungerlo, sempre e comunque, vivendo la propria vita al massimo delle proprie possibilità.”
(Sempre Donato Grande, sul suo profilo)
Donato ha compiuto dribbling fra gli eventi di una vita che non si sceglie, sfondando barriere e non solo quelle della difesa; Donato ha saputo rendere tutto spontaneo ed affascinante facendoci guardare oltre, con le sue parole semplici, il suo sorriso sincero e quei 90 secondi di passaggi di una giocata impeccabile che non dimenticherò. Perché la memoria è fatta di emozioni. Come quelle che mi sono rimaste quando, da bambina, guardai Baggio in carica verso la porta avversaria o, da adolescente, quando restai incantata da Totti che serviva dolci al cucchiaio ai mondiali 2006 e quando Del Piero faceva alzare il Bernabeu.

“Ho sempre avuto l’indole di fare gol. Ho avuto sempre questo grande desiderio, questo sogno e per fortuna ce l’ho fatta! Sono andato oltre i limiti e attraverso questo grande sport, innovativo in Italia, sono riuscito a giocare a calcio, a divertimi e a far divertire ed è stato molto, molto bello!”
(Donato Grande a Sanremo 2021)
Io mi sono divertita tantissimo. Fra i miei giocatori preferiti adesso ce n’è uno nuovo, Donato Grande. A parlare di lui, meglio di quanto possa fare io, basta il suo nome, i suoi occhi sicuri e timidi, tenaci ed emozionati, in un’umanità misteriosamente affascinante, quella che solo i campioni hanno.
Grazie Donato.

Classe 1991, nasce e cresce a Cosenza tra aule di danza, libri e tempere. Si diploma in danza classica. Dopo il liceo intraprende gli studi alla facoltà di Economia, ma è il diritto che le fa battere il cuore! Ora è laureanda in Giurisprudenza, anche se continua a studiare finanza nelle pausa caffè. Sensibile al sociale, prende parte da sempre ad iniziative rivolte ai più deboli, in una terra che considera l’angolo più bello del pianeta.
Caparbia, curiosa, coltiva autoironia, ama viaggiare e scoprire cibi nuovi.
Incline a difendere il prossimo, crede fortemente nel rispetto, nella tolleranza e nell’integrazione.
Appassionata di politica, lettura, escursioni, cantautorato, calcio e sport.