Dio è morto: chi c’è al suo posto? Il perché crediamo alle teorie del complotto

"La credenza nei complotti si annida nella mente delle persone che vogliono essere esclusive: ciò che conta non è la credibilità o meno del complotto di turno ma differenziarsi dalla massa e sentirsi superiori ad essa."

I complotti e il complottismo sono sempre esistiti, con la differenza che se alcune teorie complottiste sono innocue, e al più ristagnano nella convinzione personale di qualcuno, altre riescono ad imporsi alla società e mettere in pericolo la vita di altri.   È il caso del movimento No-Vax e, nell’attuale emergenza sanitaria, delle manifestazioni dei negazionisti del virus. Il fondamento delle convinzioni di quest’ultimi risiede nel sospetto che la pandemia Covid-19 sia un inganno del Governo e delle case farmaceutiche che vogliono arricchirsi con la vendita del successivo vaccino, o che un oscuro potere abbia creato in laboratorio il virus letale per dimezzare la popolazione mondiale. Addirittura, tra di loro c’è chi sostiene entrambe le tesi contemporaneamente, che sono logicamente contrapposte: o il covid non esiste o è stato creato in un laboratorio cinese.

Senza indugiare sul perché tali teorie non siano credibili, sarebbe interessante chiedersi: perché alcune persone credono alle teorie cospirative? Cosa hanno in comune queste categorie di persone? La risposta semplicistica e riduttiva che solitamente viene data mette in luce un’altra grave tendenza della società: la superficialità. Chi non appartiene alla formazione No-mask ha un’unica opinione sui No-mask e cioè che “Sono degli imbecilli!”. Ma se provassimo ad andare più in profondità nelle dinamiche sociologiche e psicologiche del movimento negazionista, cosa potremmo scoprire? Potremmo riuscire a disinnescare il loro fermento? Ciò che noi per primi dobbiamo fare è abbandonare il disprezzo e iniziare a trovare una cura sociologica ad un problema che è sicuramente sociale. Non c’è altro modo! Per risolvere un problema dobbiamo capire perché quello stesso problema è sorto.

L’abbandono degli Dei

Crediamo di essere molto lontani dal tempo in cui Dio era al centro della vita dell’uomo, e ancor di più dalle epoche in cui gli uomini attribuivano le loro disgrazie al malumore di una qualche divinità, da ingraziarsi con rituali e sacrifici. E se così non fosse? Se avessimo soltanto sostituito quelle divinità con forze altrettanto meschine contro le quali sentiamo di non avere alcun potere? Karl Popper avvertì tale sostituzione e la pose alla base della spiegazione delle teorie del complotto. In “Congetture e confutazioni” (1963) Popper notò che alcune persone tendono ad attribuire tutto ciò che non piace loro al disegno di pochi, potenti e generici “altri”. Questo non è altro che l’effetto della secolarizzazione della superstizione religiosa. Gli Dei sono stati abbandonati per dare posto a gruppi potenti.

Dio è morto, quindi chi c’è al suo posto? I poteri forti, le multinazionali, il Governo, l’Europa, i medici cinesi… i gesuiti!

La sensazione che ci sia una entità più grande e prevaricatrice è propria di chi sente di non avere più il controllo sulla propria vita. È un sentimento che ben si sposa con le restrizioni alla libertà che all’improvviso sono state imposte a causa di un nemico impercettibile, che non ha forma, colore e odore. La trascinante insoddisfazione personale del nostro secolo è terreno fertile per ogni congettura che ci liberi dalla responsabilità di noi stessi. Attraverso la costruzione di questa entità superiore e separata creiamo il nostro demone personale a cui attribuire le disavventure della nostra vita.

Popper ci insegnò come la nostra società sia formata da uomini e donne alla perenne ricerca del capro espiatorio pur di non riconoscere in loro stessi la causa del problema.

“Io sono più intelligente di te”

Tuttavia, la carenza di controllo sulla propria vita non è l’unica caratteristica che accomuna i soggetti più inclini alla mentalità cospirazionista. Alla base c’è anche l’esigenza di sentirsi unici ed intelligenti. Il complottista si sente migliore e più sveglio degli altri asserviti al sistema che non riescono a vedere le menzogne con cui vengono soggiogati. Il complottista è una persona che crede di aver intuito qualcosa che alla massa cieca è sfuggita; è convinta di saperne di più, perché lei è a conoscenza dei sinistri meccanismi dei potenti del mondo che non riescono ad ingannarlo. La teoria della cospirazione si annida nella mente delle persone che vogliono essere esclusive!

Ne deriva che non conta tanto la credibilità o meno del complotto di turno, ciò che conta è differenziarsi per le proprie idee e sentirsi superiori, molto spesso per giustificare l’inadeguatezza delle proprie vite. È stato dimostrato come alcune persone credano a teorie della cospirazione che sono in totale contrasto tra loro, a dimostrazione del fatto che non hanno una visione complessiva delle vicende che si susseguono né una coerente linea di pensiero. Sono solo interessante alla singolarità della teoria che sostengono. Una donna mi disse ad inizio epidemia, quando non era ancora chiara la portata lesiva del virus, che il covid-19 era pericolosissimo e non una banale influenza, che era stato creato in Cina e fatto circolare tra gli uomini attraverso un pipistrello, che volevano infettare tutti gli anziani perché rappresentavano un peso per lo Stato e, dal momento che le materie prime della natura si stavano esaurendo, era stato deciso di ridurre la popolazione sul pianeta. La stessa donna, incontrata post lockdown e quindi dopo che gli effetti del virus si erano manifestati in tutta la loro gravità nel mondo, camminava in strada senza mascherina sostenendo che il virus non fosse aggressivo come volevano farci credere. Mi fece questa rivelazione sorprendente: il Governo aveva voluto farci stare a casa per controllarci e per farci un vaccino inutile per un virus inesistente. Non dovevo preoccuparmi di ammalarmi e fare delle buone vacanze estive. Stessa donna, due pareri differenti, nettamente contrapposti alle dichiarazioni ufficiali a seconda del periodo di riferimento.

Unicità e distinzione” sono le parole d’ordine!

Se questo vi sembra un caso estremo vi sta sfuggendo che lo stesso atteggiamento sospetto si annida tra chi adotta i protocolli di sicurezza. Potrete facilmente incontrare persone ligie con mascherina che si tengono alla giusta distanza sociale che, commentando la pandemia, vi diranno che c’è sicuramente qualcosa sotto e che hanno ingigantito i racconti sulla malattia per qualche “loro” fine. Il concetto è sempre quello: nessuno vuole rischiare di apparire stupido, e per darsi un tocco di intelligenza sottolinea che anche a lui non sfuggono le verità celate dai potenti.

Superiorità rispetto ai creduloni” è la parola d’ordine!

Capirete da voi che tentare di convincere un negazionista covid attraverso dati, numeri, testimonianze strappalacrime dei sanitari, dichiarazioni di politici in giacca e cravatta, servirà a ben poco. Ci è così difficile accettare che qualcuno possa reinterpretare la narrazione ufficiale sul covid per l’evidenza dei fatti. Ma è l’evidenza stessa che fa sorgere le teorie complottiste!

La promessa mancata – L’epoca delle passioni tristi.

Alla fine dell’Ottocento si immaginava che il futuro sarebbe stato fatto di macchine volanti e che il postino, a bordo di queste futuristiche auto, ci avrebbe consegnato la posta direttamente alla finestra. A metà del Novecento con la fine della guerra, lo sbarco sulla Luna ed il boom economico, i nati nel nuovo millennio sembravano essere destinati ad una vita florida e gloriosa, in cui scienza, tecnologia e medicina li avrebbero dotati di ogni comfort e garantito una vita sana.

Inutile dire di quanta aspettativa e fiducia era stata caricata la “scienza”. Ma qualcosa è andato storto! E non solo perché invece di postini in sella ad auto volanti abbiamo le mail, ma anche perché il boom economico si è trasformato in una gigantesca crisi e la proliferazione delle scienze ha reso evidente che non sono così esatte quanto si credesse. Diversi esperimenti, diversi risultati, diversi pareri scientifici.

Si! La scienza ci ha deluso (e forse anche noi abbiamo deluso lei).

Ora, questa delusione ci fa riversare nelle piazze, guardare con sospetto ogni ago che si avvicina alla pelle di nostro figlio e temere che gli scienziati non stiano più lavorando per il progresso ma unicamente per il proprio profitto, creando virus in laboratorio.

Noi viviamo quella che gli psichiatri M. Benesayag e G. Schmit hanno definito L’epoca delle passioni tristi”, ispirandosi a loro volta a Spinoza. Con tale espressione non ci si riferisce alla tristezza del pianto ma all’impotenza e alla disgregazione.

Per i due psichiatri il mito del progresso illimitato protendeva le menti al desiderio e alla speranza. Esattamente il contrario si è innestato nelle menti del presente, che vivono costantemente il futuro come una minaccia. Ci alterniamo tra la minaccia del cambiamento climatico, dell’inoccupazione e, adesso, quella del covid-19. Volevamo un mondo di certezze e ci siamo ritrovati nell’incertezza più assoluta. La perdita della fiducia nella scienza ha dato senza dubbio un forte contributo all’insinuazione di teorie cospirative contro gli scienziati in tempo di covid. Se la prosperità nel tardo Novecento era percepita ad un palmo dalla mano, chi ce l’ha portata via?

I poteri forti, le multinazionali, il governo, l’Europa, i medici cinesi… i gesuiti! Ecco che tornano le mani invisibili dei potenti a derubarci della sacra promessa, a cui si aggiunge anche la scienza elitaria ed ingannatrice.

Un mondo su misura per te

La larga diffusione delle teorie cospirative è dovuta anche alla velocità con la quale accediamo alle stesse attraverso i canali social. Facebook, Instagram etc si tingono di post di non più di 3 righe di testo che vorrebbero racchiudere un tipo di informazione immediata, semplice e facilmente condivisibile. Vengono montati video di meno di un minuto, spesso estratti da un contesto più ampio, accompagnati da incitazioni ad aprire gli occhi sulle verità nascoste. I meme sono la rappresentazione ironica di fatti di cronaca e di ideologie politiche, che sono divertenti quanto dannosi.

Del resto, quanti di noi, mentre fanno una pausa da lavoro vogliono leggere un articolo lungo e complesso sull’economia, la medicina, la politica, il diritto, la cronaca? Diamo una rapida occhiata ai titoli, leggiamo il commento di un nostro amico, un meme qui e lì, e ci facciamo un’idea di quello che è avvenuto nel mondo. Torniamo a lavoro con la sensazione di essere sul pezzo: nessuna notizia fondamentale ci è sfuggita! In pochi minuti la nostra idea su un dato evento si è formata, e da quale momento modificarla sarà incredibilmente difficile.

Tutto facile, tutto immediato.

Ciò che a noi sfugge è che tali verità a buon mercato sono state create sfruttando lo studio di psicologi che ben conoscono le debolezze umane e le usano per aumentare la dipendenza da social network e di conseguenza garantirne la sopravvivenza. Le piattaforme social e i giornalisti sanno che l’indignazione vende molto più di un buon articolo equilibrato e voi per loro siete solo degli spettatori da intrattenere, sorprendere e tenere incollati allo schermo.

Ma vi è di più! Nel documentario “The Social Dilemma” alcuni ex dipendenti delle più importanti piattaforme social ci hanno svelato i misteri del famigerato algoritmo che orienta la visualizzazione di post e contenuti sulla nostra Home. Essendo piattaforme di “svago” il loro funzionamento è regolato da un algoritmo che studia le nostre preferenze, attraverso like, commenti e condivisioni, così da mostrarci ripetutamente contenuti che attireranno la nostra attenzione.

Se, per esempio, cliccate “mi piace” ad una pagina sul riscaldamento globale o condividete un articolo sull’argomento, il social imparerà che siete interessati a quel tema e ve lo continuerà a proporre, creando una Home fatta a vostra immagine e somiglianza, in cui troverete sempre più conferma delle vostre idee. E vi rimanderà articoli che lo smentiscono se manifestare di non credere al riscaldamento globale.

I social, dai quali noi attingiamo la maggior parte delle notizie (che lo ammettiate o no!), non sono altro che mini mondi creati da noi stessi che non ci danno una vera informazione ma solo l’informazione che noi abbiamo scelto all’origine. Il cambiamento climatico dell’esempio precedente può essere sostituito con la credibilità dell’esistenza del covid-19. Una persona con una mentalità leggermente sensibile ai complotti probabilmente si ritroverà sommersa da argomentazioni che li sostengono e sarà impossibile fuggire dalla realtà che ci si è creata.

Justin Rosenstein co-inventore del tasto “Like”, in The Social Dilemma dichiara: “…E poi guardi dall’altra parte e pensi come fanno quelle persone ad essere così stupide? Ci sono tutte queste informazioni che io vedo costantemente, come fanno a non vedere queste informazioni? E la risposta è: non vedono le stesse informazioni”.

I social network hanno smesso da tempo di essere dei semplici divertenti passatempi e sono diventati, per il modo in cui vengono gestiti, un concreto rischio per la società, a cui siamo soggetti tutti, nessuno escluso.

Come difenderci dai complotti…

Ogni volta che leggiamo una notizia in merito ad una possibile verità contrastante con la versione ufficiale dovremmo, non solo controllarne le fonti, ma chiederci: che sensazione vuole farmi provare l’autore? Se la risposta è rabbia, indignazione, sconforto, probabilmente stiamo leggendo una teoria del complotto infondata o una fake news.

Se un post social propone soluzioni semplici ad un problema complesso, sicuramente ci sta ingannando.

Se il post è accompagnato da espressioni quali “condividi prima che censurino”, “fallo girare, è importante”, “ecco la verità che ti stanno nascondendo”, state certi che l’autore vuole visibilità mediatica e non creare e diffondere informazione. I nostri nonni sono stati vittime della scarsa informazione, noi siamo vittime dell’informazione sbagliata. Dobbiamo rammentare ciò che lo scrittore Luis Sepulveda, scomparso di recente, ci ha lasciato in eredità quando sostenne cheLa vera informazione non mi arriva da internet, mi arriva dalla riflessione, dalla lettura lenta e meditata dei giornali o dei libri. Perché Internet ti dona una serie di dati che non sono informazione ma un orientamento per arrivare alla informazione. E questo richiede tempo! Sono contro un’idea del progresso sostentata dal mito della velocità”.

L’informazione richiede riflessione e pazienza. Se volete conoscere la verità sul vostro tempo, dovrete abbandonare l’idea che i social siano un canale valido, che basti leggere il titolo sensazionalistico di un articolo per dedurne il contenuto, che i post sintetici e i meme di cui siamo colmi siano pillole di verità.

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