«Un vero napoletano ti saprà dire che cosa stava facendo e dove si trovava quello sciagurato pomeriggio del 4 giugno del 1994, il giorno in cui si apprese della morte di Massimo Troisi.»
Oggi avresti compiuto 70 anni. Quanti anni di vuoto ci hai lasciato, senza poterli colmare della tua ironia e semplicità. Hai sempre raccontato la vita di tutti i giorni, con quella mimica facciale che faceva gola a tutti ma era solo tua perché tu eri vero, tu eri Massimo. Ed oggi sono io a volerti raccontare una storia.
È il 28 Febbraio, è un martedì e sono le quattro di pomeriggio.
Da poco è uscito al cinema “Laggiù qualcuno mi ama” e posso assicurarti che, sì, non è “qualcuno” che ti ama, ma siamo in tanti. Per essere le quattro di un giorno infrasettimanale, non sono l’unica nella sala. Ho il posto nella fila G, non so se è un caso ma a me piace pensare che è una gran bella coincidenza.
Mi siedo sulla mia poltroncina, ho il cuore in gola come se fossi una ragazzina e tu lo sai il perché, non devo mica scrivertelo io.
Tu mi stai accanto in tutti i miei momenti bui, come se, guardando i tuoi film, io mi senta “giusta”, mai sbagliata.
Ho sempre avuto qualcosa che ricordasse i tuoi personaggi e l’ho potuto constatare soltanto anni dopo aver divorato la tua filmografia e aver letto tante cose su di te.
Sono come te, quando alzi il volume della radio per la partita del Napoli contro il Cesena mentre lei ti chiede se ti piace far l’amore insieme.
“Se lo faccio vuol dire che mi piace no?”
“E no!”
“E come no? Mi hai mai visto, per esempio, che mi sono dato una martellata sulla mano o mi sono tagliato un orecchio? No, sai perché? Perché non mi piace”.
Se uno capisce capisce, no?
Eppure, questa sensibilità non è sempre così comprensibile agli occhi di chi non riesce a leggerti. Come quando Mario Ruoppolo, nel Postino, non aveva idea di cosa fossero le metafore soltanto perché non aveva dato loro mai un nome.
“Allora, Don Pablo, voi che volete dire che, per esempio, non so se mi spiego, che il mondo intero compreso il mare, il cielo, la pioggia, le nuvole”.
“Ora puoi già dire eccetera eccetera”.
“Eccetera, eccetera… cioè, il mondo intero allora è la metafora di qualcosa?”.
Neanche Neruda trovò una risposta a questa tua domanda.
Ci penso spesso, sai? Al fatto che forse il mondo intero è la metafora di qualcosa.
Ma di cosa?
Perché io non riesco a comprenderlo, forse proprio come te che ti appuntavi tutto quanto sui tuoi taccuini. Di cosa può essere metafora un mondo in cui non ci si comprende, non si accoglie l’altro, basato su questa superficialità che soltanto a scriverne mi sento sconfitta?
Mi giro, accanto a me ci sono dei lunghi capelli neri.
Li ho sognati spesso, mi dico.
Li ho accarezzati tante volte attraverso le tue parole.
Sogno sempre di capelli lunghi neri.
Spero sempre che bussino alla mia porta, esordendo con un “Scusa il ritardo”.
Scorrono le immagini di te, provato dalla tua malattia, che non molli nonostante la paura profonda della morte.
La stessa morte che ti ha fatto un brutto scherzo portandoti via il giorno dopo le ultime riprese del Postino, perché tu lo avevi detto “Il postino non si girerà con il cuore di un altro”.
La stessa morte di cui ti fai beffe suggerendo ad un parroco di come sia scontato andare a vedere la Madonna che piange, “perché non andiamo a vedere la madonna che ride?”
Mi manchi, Massimo.
Ci sono giorni in cui non aspetto altro che un tuo nuovo film perché tu potresti mostrarmi qualcosa di me che ancora non so. Potresti consolarmi, facendomi capire di non essere sola, che la tua ironia qualcuno l’ha capita e allora c’è speranza un po’ per tutti.
Vorrei poter avere la speranza di venirti a vedere a teatro, magari accompagnata da dei lunghi capelli neri che profumano di cocco.
E ti direi: “Ciao Massimo, avevi ragione.”
Tu, stringendomi la mano mi risponderesti: “L’amore è quella cosa che tu sei da una parte, e l’altro dall’altra e gli sconosciuti si accorgono che vi amate. Chest’è!”.
Sorrido, sono le 18, appaiono i titoli di coda ed un “Ciao, Massimo”. Mi alzo dalla mia poltroncina, metto le mani in tasca, stringo il biglietto. Non ci sarà nessun nuovo film diretto e interpretato da Massimo Troisi e vorrà dire che quando mi sentirò persa, guarderò di nuovo tutto ciò che ci hai lasciato.
Ché qualcosa sfugge sempre, proprio come la maschera a Pulcinella.
Buon settantesimo compleanno, spero che Pino ti suoni “Quando” e che tu possa farla ridere la Madonna.
Musicista, classe 1990, cosentina.
Laureata in Economia Aziendale e specializzata in sensibilità ed emozioni: i numeri e le parole sono da sempre le due facce della stessa medaglia per lei.
Il suo acuto spirito di osservazione – allenato involontariamente – si riversa nelle sei corde della sua chitarra e in ciò che scrive, con una curiosità che la porta in luoghi sempre nuovi.
Appassionata del viaggiare, pedalare e sognare… I tre tempi verbali che preferisce!