Sono le 17.45 e il sole è ancora alto in un mercoledì di marzo. Il traffico è una delle cose che non capirò mai, mi dico mentre alzo la radio per non pensarci.
Quante cose facciamo per distrarci? Per non restare su quei pensieri che fanno male?
Sono le 17.50 e il sole è ancora alto e io parcheggio a due isolati dal cinema.
È strano andare al cinema quando il sole è così alto.
Il cartellone pubblicitario del film vede due ragazzi su un motorino, di spalle; chi sta dietro ha le braccia aperte come per accogliere la vita. Quella vita che si vedrà togliere solo perché amava.
“Stranizza d’amuri” è il primo film che vede Giuseppe Fiorello come regista e racconta una storia di cronaca nera: il 31 Ottobre 1980 nelle campagne di Giarre, nel Catanese, vengono trovati i cadaveri di Giorgio Agatino Giammona e Antonio Galatola conosciuti da tutti come i “ziti” perché dichiaratamente omosessuali. Entrambi sono stati uccisi da un colpo di pistola alla testa; il duplice delitto, mai chiarito, ha portato nel 1980 alla nascita del primo circolo Arcigay in Italia.
Sono le 18.00, ora il sole non lo vedo più, mi siedo in ultima fila e mi accorgo che il cinema è pieno. Gli spettatori mi sembrano un misto tra famiglie e adulti. Tiro un sospiro di sollievo, questo pensiero in un certo senso mi consola.
1980. Frame di un bar di paese, con l’insegna che casca a pezzi e le solite persone che sono lì dalla mattina alla sera. Risate goliardiche quando arriva Gianni, schernito da chi poi lontano dagli occhi degli altri cerca di strappargli un bacio. Uscito dal riformatorio perché gay, cerca di costruirsi un futuro ma il primo ostacolo lo incontra in sua madre, che pur di non andare contro all’uomo che ha scelto di avere accanto perché le permette un tetto sulla testa, non si prende cura del cuore del proprio figlio. La vita di Gianni scorre lenta, tra una riparazione in officina e una risata maligna ma tanto è l’estate dei mondiali, l’Italia ha buone probabilità di vincere e il Paese è sempre in festa.
Nino, qualche chilometro più in là, è un ragazzo dagli occhi puri. Troppo. Lavora con il padre, si occupano di fuochi d’artificio. Lui crea le miscele, dopo averle disegnate su un quaderno.
Un incidente fa scontrare Nino e Gianni: il primo mentre prova il suo motorino regalato dai genitori e Gianni mentre scappa da un inseguimento di due ragazzi del bar che non avevano di meglio da fare che prendersela con lui.
Nino rianima Gianni, Gianni rinasce in Nino.
L’amore inconsapevole che dà quella forza che serve per alzarsi al mattino e non vedere l’ora che siano le 17.00 per correre a “buttarsi a mare”. Quell’amore che ti fa chiedere a tua madre “balliamo?” mentre prepari il pranzo e sei felice.
E poi schiaffi, lividi, sentirsi dei mostri, sbagliati, impauriti.
“Ricordati che ciò che puoi fare di nascosto lo puoi fare per cent’anni”, che sembra l’unico consiglio sensato che Nino, in quegli anni poteva ricevere. E poi, di colpo, un bacio. E poi, di colpo, un colpo.
2023. Frame di una notizia che passa inosservata. Si sono tenuti il 16 Marzo i funerali di Brianna Ghey. Aveva sedici anni e sui social condivideva con oltre 60k followers gli step del suo processo di transizione. E’ stata accoltellata e uccisa da due coetanei, entrambi di quindici anni, in un parco vicino casa. Brianna era già un bersaglio, proprio come Gianni: a scuola veniva accerchiata e bullizzata mentre il corpo docente sceglieva liberamente di non intervenire.
Proprio come il compagno della Madre di Gianni, dopo che pestano a sangue il ragazzo sotto gli occhi di tutto il paese.
29 Marzo 2023. Frame di me che, con una mano sulla gamba guardo il cinema pieno. E mi chiedo: quanti di questi spettatori di queste atrocità farebbero qualcosa di concreto? E’ un pensiero forse superficiale eppure lo faccio. Quanti genitori di Gianni e Nino accetterebbero un amore puro senza vederlo “strano”?
Ma, che poi, cos’è che è strano?
La nostra percezione del diverso da noi, le consuetudini sociologiche, il contesto in cui viviamo?
Per me continua ad essere strano tutto questo odio immotivato.
Questo “sì ok, ma a casa loro”.
Questo “per me possono fare quello che vogliono, ma i bambini? Assolutamente no”.
E allora che differenza c’è tra il 1980 e il 2023?
Nessuna, ve lo dico io.
E ve lo dico da un frame di un bar di paese, con l’insegna che casca a pezzi e le solite persone che sono lì dalla mattina alla sera. Risate goliardiche quando arriva Francesco, schernito da chi poi lontano dagli occhi degli altri cerca di strappargli un bacio.
Si aggiusta il cappello, mi sorride.
Io proseguo, mentre con gli occhi lo abbraccio.
E lo capisco.
Musicista, classe 1990, cosentina.
Laureata in Economia Aziendale e specializzata in sensibilità ed emozioni: i numeri e le parole sono da sempre le due facce della stessa medaglia per lei.
Il suo acuto spirito di osservazione – allenato involontariamente – si riversa nelle sei corde della sua chitarra e in ciò che scrive, con una curiosità che la porta in luoghi sempre nuovi.
Appassionata del viaggiare, pedalare e sognare… I tre tempi verbali che preferisce!