Capitan Uncino e la gentilezza perduta

"La gentilezza fa stare meglio tutti e ci porterebbe più lontano, come individui e come società"

Uno dei locali in cui andrò a cenare, almeno una volta nella vita, sarà certamente il Sud777, ristorante che onora la miglior tradizione gastronomica di Città del Messico e che, per anni, è stato inserito nella lista dei 50 migliori ristoranti dell’America Latina. Impazzisco per la cucina messicana, in particolare per quella tradizionale: se so che in una città che visito esiste un ristorante messicano, eccomi là, anche per una toccata e fuga. Ma impazzisco ancor di più per la polemica innescata dal titolare del Sud777, lo chef Edgar Núñez.

Qualche settimana fa, il proprietario del Sud777 e del Comedor Jacinta non si è fatto problemi a definire «gorrones internacionales» («scroccona internazionale») Manuela Gutiérrez, una ragazza che lo aveva contattato per chiedere una cena gratis in cambio di pubblicità social. Tutto è iniziato lo scorso 18 giugno, quando Núñez ha pubblicato su Twitter un messaggio ricevuto dalla ragazza che così recitava: «Ciao, come stai? Il tuo ristorante è semplicemente spettacolare! Sarò in Messico alla fine del mese con il mio ragazzo, e mi piacerebbe sapere se è possibile effettuare uno scambio pubblicitario, dove consiglio e mostro i vostri servizi sul mio Instagram in cambio di un pasto per due. Sarebbe un onore per me lavorare con te». Lo chef si è limitato (…giustamente) a rispondere con una grossa risata, rincarando la dose solo pochi giorni dopo: alla fine, la diatriba si è conclusa con le scuse della Gutiérrez: «Molti creatori di contenuti ci pagano per pubblicizzare i loro servizi. Se ho offeso lo chef con la mia richiesta, mi scuso». Ma se la discussione si è chiusa in Messico, di certo non si può dire lo stesso in Italia.

«Hai fatto bene! E questa moda allucinante degli influencer o dei personaggi famosi che vanno in giro a scrocco deve finire, basta. Fate il grano, fate i soldi, spendeteli», così Francesco Facchinetti (Dj Francesco, per chi oggi ha qualche anno in più) sulla sua pagina TikTok, aggiungendo che «io non ho mai chiesto nulla gratis (…) ho pagato quasi sempre. Se vado in un ristorante e me lo offrono lascio i soldi per la mancia. Lascio 50/100 euro per la mancia. E se vado in qualsiasi posto lascio quasi sempre la mancia. Io non voglio cose gratis. Se mi spediscono qualcosa gratis a casa lo rimando indietro». Chiosando pacificamente, in chiusura, con «siete delle bestie». Ricostruita la vicenda, conviene preliminarmente rispondere ad una domanda: cos’è l’influencer marketing?

Sebbene il termine sia ormai entrato di diritto nell’uso comune, è bene specificare alcune caratteristiche di questa particolare strategia di marketing: in poche parole, si tratta di sfruttare a proprio vantaggio l’audience creata da un personaggio social, specialmente se si tratta di un’audience di nicchia, fortemente orientata al settore di un determinato business. In base alla definizione fornita dalla Treccani, l’influencer è un «Personaggio di successo, popolare nei social network e in generale molto seguìto dai media, che è in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico.». La forza di questa strategia, quindi, risiede nell’autorevolezza che l’influencer ha consolidato in un determinato ambito, ed essa aumenta la fiducia dei suoi follower quando il personaggio in questione approva o sponsorizza un prodotto affine al mercato di riferimento. Come il marketing tradizionale, il posizionamento è essenziale anche per gli influencer e, per questo motivo, agli albori di questa pratica, i pionieri di questa tecnica hanno avuto vita più facile di oggi: le nicchie erano quasi tutte vuote e bastava arrivare per primi, con un pizzico di talento e fortuna, per accaparrarsi la propria community e cominciare a monetizzare video o articoli sponsorizzati. Chiara Ferragni, un esempio su tutti.

Risulta intuitivo, quindi, che il meccanismo che sta alla base del successo della strategia di influencer marketing è piuttosto banale: l’approvazione sociale. Le persone sono biologicamente programmate per essere influenzate nelle scelte da quelli che, una volta, venivano chiamati Opinion Leader. Chiarito cos’è l’influencer marketing, è notorio che le polemiche riguardo il mondo dei social network sono molte, specialmente se pensiamo alla pessima influenza che alcuni personaggi del web mostrano di avere sui giovanissimi. Nonostante ciò, c’è da vedere anche l’altro lato della medaglia. Ci sono casi in cui gli influencer hanno mostrato di avere voce in capitolo su questioni importanti. Una delle notizie maggiormente commentate durante il lockdown del 2020 è sicuramente quella riguardante Ferragni, Fedez e la loro raccolta fondi: lei è una influencer, lui un cantante. Eppure, sono riusciti a dare un aiuto in concreto all’Italia durante i primi mesi della pandemia: la coppia ha organizzato una raccolta fondi su una piattaforma digitale online, raggiungendo la cifra record di 4,5 milioni di euro. Oltre a diventare la raccolta fondi più grande mai realizzata in Europa, questa iniziativa si è mostrata molto utile, avendo finanziato un nuovo reparto intensivo dell’Ospedale San Raffaele di Milano, dando a diverse persone la possibilità di usufruire delle cure mediche. Questa iniziativa ha dato il via a diversi mesi di polemiche, legate in maggior parte alla figura pubblica della coppia, ma, nonostante ciò, la coppia ha ricevuto l’Ambrogino d’Oro, la massima onorificenza del Comune di Milano. Nell’anno più nero della pandemia, il premio è stato consegnato a chi ha dimostrato di distinguersi nel sociale e nella lotta al Covid-19.

Questa vicenda ci fa rendere conto di come il mondo dei social network e degli influencer possa essere importante (o, se volete, fondamentale) anche in una situazione difficile come quella che stiamo vivendo: nel bene e nel male, gli influencer hanno un potere quasi illimitato, grazie alla grande platea di persone che li seguono ogni giorni. Chi diventa influencer ha tutti gli occhi puntati addosso: ogni accessorio che mostra su di sé, ogni vestito che indossa, ogni oggetto che utilizza, spesso registra picchi di vendite. Gli influencer, quindi, scelgono di mostrare moltissimo della propria vita privata sui social, in modo tale da creare un legame con il pubblico che li segue.

Nonostante ciò, spesso i contenuti che vengono postati non corrispondono alla realtà dei fatti. Spesso, infatti, si tende a mostrare sui social solo la versione migliore di sé: pubblicando le foto migliori, i posti visitati più belli, le esperienze maggiormente evocative. Si lasciano fuori dal profilo i momenti brutti, le giornate tristi e i problemi fronteggiati quotidianamente. Lo stile di vita dell’influencer, quindi, per coerenza di messaggio ed immagine, deve adattarsi all’immagine di sé che vuole o deve dare.

Spesso però, poi, subentra il rimorso. Uno dei problemi che ultimamente affligge alcuni influencer sembra proprio essere questo stato emotivo: la loro immagine inizia a diventare insostenibile e questo mix tra vita reale e vita commerciale inizia a incrinarsi. Diventare un brand, realizzare post “falsi”, realizzare post commerciali ad hoc per altri brand, vivere la vita all’interno di un continuo spot commerciale, sempre perfetto/a e felice, inizia a pesare. E sembra che questo peso inizi a generare un rimorso all’interno dell’influencer che non riesce più a nascondere. Il caso più famoso è quello di Essena O’Neill che, in un video nel suo canale Youtube, spiega tutto il falso della sua vita digitale. I più scettici pensano che questo video sia stato realizzato per avere maggior visibilità, teoria che avvalorata dal gran numero di dislike sul video e di commenti su quelle che sarebbero solo “lacrime di coccodrillo”. Resta il fatto che realmente, finora, questo è stato l’ultimo video caricato da Essena e tutti i suoi profili social sono spariti.

“A Social Life” è un corto che parla di una donna di carriera, Meredith, che sta vivendo la vita che ha sempre sognato (…online), sforzandosi di vivere una vita equilibrata, restando in forma, lavorando duro e rimanendo in contatto continuo con i suoi amici. Si sta costruendo, anche lei, la sua immagine con i molti amici (…social). Ma un giorno si sveglia e realizza che non è possibile ridurre la vita ad una mera collezione di foto che condividi con gli altri. Il grande problema, però, è quando tutto questo sconfina nell’incoscienza: quanto può essere irresponsabile la gente pur di scattare un selfie diverso dagli altri?

Forse non ricorderete neppure chi è Sofia Cheung, l’influencer 32enne nota per i suoi scatti al limite. Sofia, circa un anno fa, si trovava con gli amici nel parco Ha Pak Lai, ad Hong Kong, e si apprestava a scattare una foto in un famoso punto panoramico da mostrare poi, come sempre, sui suoi social. Questa volta, però, il destino l’attendeva al dirupo e, mentre era in posa sul ciglio della cascata di Tsing Dai, vicino a Yuen Long, ha perso l’equilibrio ed è precipitata per circa cinque metri. Arrivata al Pronto Soccorso, il suo cuore ha smesso di battere. Questi esempi valgono a far capire come il web sia una terra selvaggia e variegata: accanto ad influencer che svolgono il proprio lavoro con professionalità, esistono personaggi affamati di fama, che, sì posseggono un vasto pubblico di follower, ma talvolta possono cadere in grossi scivoloni, dati da una scriteriata corsa al like e al follow.

Io non sono contro gli influencer, ma sono contro gli incompetenti e i maleducati e, di quelli, ce ne sono in tutte le professioni. Certamente è più facile notare quelli nel mondo del web, perché si espongono moltissimo, tutto il giorno, ogni giorno: un influencer è sempre sotto i riflettori e deve stare attento a quello che dice, a quello che fa, a chi sceglie di appoggiare direttamente e indirettamente. Allora, perché gli incompetenti riescono a fare gli influencer? La risposta è semplice: finché c’è qualcuno che li segue, loro continueranno a lavorare. Se ci sono persone che continuano a comprare i prodotti che loro sponsorizzano, i brand torneranno da loro per far pubblicizzare altri prodotti. In un certo senso è colpa nostra, perché siamo noi che seguiamo i profili di queste persone e che parliamo di loro. Magari abbiamo cliccato sul loro profilo e condiviso i loro post solo per ridere, ma così facendo abbiamo regalato loro ancor più notorietà. Il monologo di Facchinetti ha diviso il web: in molti hanno condiviso le sue parole, mentre altri hanno criticato i suoi toni retorici. Qualcuno ha addirittura ricordato che Facchinetti è manager di un’agenzia che segue alcuni influencer popolari sui social, soggetti che costantemente tendono a cadere nella trappola di quegli atteggiamenti da lui denunciati.

Per com’è vero che non sono contrario agli influencer, analogamente posso dire che odio i cafoni. Non amo i buffet, in particolare quelli a colazione in hotel, innanzitutto perché l’eccessiva abbondanza mi mette ansia e finisco sempre al tavolo con una misera fetta di pane e marmellata o con uno yogurt magro. Ma, soprattutto, non sopporto le pazze folle che si riversano sul cibo esposto, travolgendo adulti e bambini nel loro percorso. Si avvicinano armati di piatti e posate, come se non mangiassero da mesi, servendosi di qualunque cosa, senza nemmeno fare caso a quello che mettono nel piatto: dolce e salato, tutto insieme – salmone, pizza, croissant, salame, formaggio, torta, uova. Se davvero la persona in questione non mangia da mesi, allora ben venga, ma fateci caso: 9 volte su 10 più della metà del cibo degli altri commensali viene lasciata nel piatto. Uno spreco inutile, causato dall’ingordigia e troppo spesso basato sull’idea che “tanto è tutto gratis”. Sarà una mia impressione, ma oggi siamo più scostumati di quanto lo siamo mai stati. Ma non è solo maleducato chi chiede la cena “a scrocco”, in base all’idea del “tanto è tutto gratis”, perché sono un influencer e per questo posso “barattare” la cena, e non è neppure il solo “bifolco” all’oscuro del galateo, ma è maleducato anche chi crede di aver sempre ragione, chi impone la propria supremazia ovunque e comunque, chi agisce senza cognizione di causa.

«Alzare i toni è un modo per ottenere consensi, per farsi sentire meglio, ce lo ha insegnato la televisione. E lo insegnano oggi i social dove il linguaggio irriverente, sdoganato dai media, si è inevitabilmente amplificato», insegna Giovanni Boccia Artiere, docente di Sociologia dei Media Digitali all’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”. Che continua: «Impazza un’insolenza che sfocia nell’aggressività: intervenire a sproposito, postare foto denigranti, praticare l’hate speeech, cioè l’incitamento all’odio».

Ormai, spesso, l’ingiuria ha preso il posto del fair play, del politically correct, in quanto quello contemporaneo è un sistema che si fonda più sulle emozioni che sui contenuti. Il “vaffa” ci appare una scorciatoia allettante, ne siamo attratti perché ci illude di assicurarci una ribalta, un risultato immediato, eppure se ci soffermassimo a valutare gli effetti di questa deriva, ci renderemmo conto di quanto la villania peggiori la vita. Alla manifesta pochezza della Gutiérrez di certo non possiamo esaltarci per la polemica di Facchinetti che, da buon personaggio pubblico, non lascia mai nulla al caso: alza in alto la mano, ma segui solo fino ad un certo punto il tuo capitano. Anche perché, in questo settore, il capitano sa il fatto suo. Un grazie, invece, allo chef Núñez, per aver riportato un po’ di ordine in questo marasma social alla scriteriata corsa al like e al follow.

La gentilezza fa stare meglio tutti e ci porterebbe più lontano, come individui e come società. Ci vedremo a cena da Sud777, un giorno. Portafogli alla mano, senza far arrabbiare chef Núñez. Possibilmente.

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