Train spotting*, 1 storia

“Maria si lascia accarezzare dagli occhi elettrici di Mario – un balsamo buono, una fune allentata. Rossa come il filo di quella leggenda cinese di cui abusiamo tutti”
L’etnografia ne “Il continente bianco”: l’esame obiettivo del male secondo Tarabbia

“Il rischio dell’osservazione partecipante resta uno: inmiarsi con l’osservato e, nel caso di Tarabbia, barbarizzarsi fino ad assecondare l’abisso così da poterlo accogliere e, forse, un giorno, reinventarlo in una forma nuova. Mai bianca né pura: soltanto innocente”.
Corpi, 5 racconti

“Nel locale vomitai il loro amore, a casa piansi l’amore che Giovanni non mi avrebbe dato”.
Madri, 5 racconti

“Maria, diventa madre anche per me”
Milano, 5 racconti

“Però quant’è bella Milano da qui?”
Lo specchio distorcente della società: quando l’immagine del nostro corpo smette di somigliarci

“I disturbi dell’immagine corporea non dipendono tanto o, almeno, non soltanto dalla singola persona che ne è affetta, ma da istanze estetiche sociali che, per alcun*, si trasformano in dolorosissimi ed insopportabili fardelli”.
8 giorni per denunciare, 99 secondi per umiliarla: la rape culture di Grillo e non solo

“Il video, pubblicato da Grillo in difesa di suo figlio, è il perfetto manifesto di una mentalità comune, pervasiva e intrinsecamente pericolosa.”
“Dimentica il mio nome”

“Eppure, pur non volendo, tu del male me ne facevi lo stesso, specie quando, bisognoso e fragile, tornavi da me con la coda tra le gambe, un cane abbandonato col pelo ingrigito, infradiciato dalla pioggia”.
La terra desolata è immobile: il mio pensiero aprilino a Samuel Beckett

“Nell’era del Covid – il nostro nuovo anno 0 -, l’attualità di Beckett è quanto mai evidente. Le città assomigliano sempre di più ai paesaggi surreali – in larga parte inanimati – tratteggiati da lui; mentre noi – i vivi e/o presunti tali -, estraniati e alienati, ci trasciniamo in giornate sempre uguali, che si susseguono, lente, senza stravolgimenti di sorta; e che evidenziano l’assurdità di un tempo congelato, coniugato al passato e povero di futuro”.
La testa di Agave

“Da bambino, mio figlio era – com’è che si dice? – buono come il pane. Una pulce scapigliata con gli occhi vispi e le ginocchia livide. Il viso e i capelli neri, arruffati sulla testa, li aveva ereditati da suo padre; mentre il guizzo e il genio, beh, quelli erano roba mia.”